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L’Abrostine s’è fatta nobile

L’Abrostine s’è fatta nobile

Federico Staderini, agronomo casentino da sempre intrigato dalla riscoperta degli antichi vitigni autoctoni della sua provincia, dopo aver realizzato il sogno – nel 2000 – di piantare del Pinot nero nel suo Podere Santa Felicita a Pratovecchio (Arezzo), sfruttandone le forti escursioni termiche, decide di recuperare un’antica varietà etrusca, nata dalla domesticazione della vitis silvestris: l’Abrostine.

Sulle pendici troppo assolate della sua tenuta, l’uva borgognona non avrebbe dato risultati interessanti, mentre quest’ultima si bea di un’esposizione al sole relativamente diretta. L’approccio agronomico è di impronta biodinamica: ceppi trattati con decotti naturali, allevati a Guyot semplice per una produzione di soli 300 g/uva/pianta, vendemmia (a inizio novembre) e diraspapigiatura effettuate manualmente, fermentazione con lieviti indigeni.

Un grappolo di Abrostine in leggera surmaturazione

Le regole per vinificarla al meglio

L’Abrostine va pressata dolcemente, per estrarre dai suoi minuti acini solo gli elementi più nobili. Dopo una macerazione di 20 giorni, il vino esige lunga elevazione in barrique (24 mesi). Così nasce il Sempremai, Toscana Rosso Igt: nuances decise e brillanti, bouquet piccante e speziato con tocchi gradevolmente selvatici, sorso beverino ma vigoroso, dove i sottili tannini sono al contempo incisivi, supportati da spiccata freschezza acido-sapida. «Un approccio totalmente scientifico non tiene conto dello “spirito”; ovunque ci sia vita, la mera scienza ha dei limiti», questo il pensiero di Staderini.

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© Riproduzione riservata - 18/04/2019

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