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Il Rossese e i suoi cru a Dolceacqua

13 Gennaio 2018 Roger Sesto

Il Rossese è vitigno assai delicato. Di origini mediterranee, è resistente ai climi caldi e alla siccità, ma è vulnerabile all’oidio, che va a colpire la sottile buccia degli acini, i cui grappoli sono oltretutto geneticamente soggetti a colatura e ad acinellatura. Limiti agronomici che si fanno punto di forza in vinificazione. Queste due ultime “malformazioni” determinano grappoli brutti a vedersi, ma offrono acini di grande concentrazione e profondità aromatica. Capaci di sintetizzare in un calice il carattere del territorio di origine.

A Dolceacqua ogni vigna ha un nome

Il comprensorio di Dolceacqua, aggettante sul mare e protetto ad anfiteatro dalla cintura alpina, è l’unica zona del Mediterraneo capace di ospitare – in un territorio così limitato – sfumature climatiche e geografiche che vanno dal calore marino alle escursioni termiche prealpine. Passando per tutti i toni intermedi che si possono trovare solo in regioni assai più ampie ed estese. Oltre alla componente climatica, altitudini, esposizioni e differenziazioni geologiche vanno a rendere assai complesso il terroir dove si coltiva il Rossese. Con dei risultati finali eterogenei: da vini morbidi e avvolgenti a nettari più austeri e di montagna. Non è quindi un caso che a Dolceacqua ogni singolo vigneto porti un nome proprio, a testimonianza della sua unicità, un po’ come accade per esempio nella zona di Barolo.

 

 

Arcagna, fra i più antichi cru del Rossese

Tra le sottozone più interessanti per il Rossese, spiega Filippo Rondelli di Terre Bianche di Dolceacqua (Imperia), figura senz’altro Arcagna. Già citata a suo tempo da Mario Soldati e Luigi Veronelli. Trovandosi nella fascia climatica “continentale”, Arcagna offre vini di grande eleganza frutto della sintesi delle due anime di questo cru: le Alpi e il Mediterraneo. «Arcagna, ossia “luogo chiuso e protetto”», precisa Rondelli, «è uno dei luoghi coltivati più antichi della Liguria. Ciò per la sua ottima esposizione solare, unita a un clima caldo ma non torrido, mitigato dal mare e dalle vicine Alpi».

Suolo, pendenze, esposizione, altitudine

«Altro aspetto cruciale di Arcagna – dove si producono le uve alla base della nostra etichetta di punta, il Bricco Arcagna, Rossese di Dolceacqua Doc – è anche la sua componente geologica, il cosiddetto flysch di Ventimiglia», prosegue Rondelli. «Importanti sono anche la pendenza di questo vigneto, che è del 30% e ottimizza l’esposizione a est delle viti allevate ad alberello, cordone speronato e Guyot. E l’altitudine, tra i 380 e i 450 m slm».

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L’articolo completo è su Civiltà del bere 5/2017. Per continuare a leggere acquista il numero sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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