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Nove elenchi per Natale (3). I classici di Cesare Pillon

7 Dicembre 2010 Civiltà del bere
Se esiste un vino italiano classico che più classico non si può, è il Monfortino, un Barolo Riserva di leggendaria longevità che la Giacomo Conterno produce dal 1920 solo nella annate eccezionali. Ma delle Langhe è un classico anche il Sorì San Lorenzo, che Angelo Gaja creò con le uve della vendemmia 1967: un cru di Barbaresco talmente speciale che oggi non è neanche più Barbaresco. Rivoluzionario è il Bricco dell’Uccellone, esso pure piemontese, il vino con cui Giacomo Bologna 25 anni fa fece diventare nobile la plebea Barbera. Nel Veneto è invece l’Amarone di Giuseppe Quintarelli quello che ha fatto e che fa storia: è un vino che non lascia indifferenti. Quando si parla di storia, però, è inevitabile pensare alla Tenuta Il Greppo, dove a fine Ottocento Ferruccio Biondi Santi inventò il Brunello di Montalcino, che il suo pronipote Franco produce oggi con lo stesso rigore. A Bolgheri, nasce il Sassicaia della Tenuta San Guido, vino simbolo della nuova enologia, che ha aperto al made in Italy la strada del successo internazionale. Bolgheri è anche la terra natale di un SuperTuscan, l’Ornellaia, primo italiano che il mensile Wine Spectator ha classificato come il migliore del mondo. Avvenne con il millesimo 1998. A ottenere lo stesso riconoscimento, ma con la vendemmia 2001, è stato il Solaia, SuperTuscan del marchese Piero Antinori nella zona del Chianti classico da uve di Cabernet Sauvignon e Franc prevalenti sul Sangiovese. Ma è con la formula contraria, elaborata fra il 1971 e il 1975, che Antinori inventò il Tignanello, e con esso i SuperTuscan. In Sicilia la storia l’ha fatta il Rosso del Conte, un Nero d’Avola pressoché in purezza, realizzato da Giuseppe Tasca d’Almerita a partire dalla vendemmia 1973. Oggi va di moda il rosato: ce n’è uno che abbia segnato una tappa nella storia di questo vino? Certo: è il Rosato Rosa del Golfo, che negli anni Settanta fece conoscere l’eccellenza del Salento. Infine, dulcis in fundo, il soave Vin Santo firmato Avignonesi, che si fa a Montepulciano. Montepulciano, come sosteneva Francesco Redi, d’ogni vino è re, figuriamoci se è anche santo. Cesare Pillon è stato giornalista a L’Unità e al Corriere della Sera oltre che caporedattore de Il Mondo scrivendo di politica, economia, costume e cronaca. Dal 1979 si occupa prevalentemente di gastronomia ed enologia, collaborando con le maggiori testate di settore. Forte della lunga esperienza, ci consiglia i grandi classici da regalare. Vini senza tempo che, come accade in letteratura, hanno fatto la storia della nostra enologia. Evergreen insomma. Le bollicine di Gianni Legnani I bianchi di Adua Villa Il primo approccio di Giorgio Ciotti L'annata di Roger Sesto Il naturale di Fabrizio Penna Le novità di Alessandro Torcoli L'esclusivo di Enzo Vizzari L'incontentabile di Alessandro Scorsone

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