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Lo strano caso del Gelsaia Cecchetto, vino che cambia per rimanere se stesso

Lo strano caso del Gelsaia Cecchetto, vino che cambia per rimanere se stesso

Una verticale di cinque annate del Raboso creato da Giorgio Cecchetto, recentemente scomparso. Nasce da una vigna di oltre sessant’anni e viene prodotto solo nelle annate migliori. Prevede l’appassimento di una parte delle uve per ingentilire il vitigno.

Giorgio Cecchetto se n’è andato da poco, troppo presto, ma è certamente orgoglioso di chi continuerà il suo lavoro: la moglie Cristina con i figli Marco, Alberto e Sara portano avanti il discorso con passione. Siamo andati in cantina, il 26 ottobre, a Vazzola (Treviso), per assaggiare diverse annate del loro Gelsaia, l’emblema di famiglia, da uve Raboso del Piave. Un’idea di Giorgio: esce nel 2000 la prima annata (millesimo 1997) con una parte di appassimento in grado di conferire equilibrio e finezza alle spigolature del Raboso. Inizialmente un vino Doc (Piave Raboso), nel 2010 diventerà il modello della Docg Malanotte.

Marco, Sara, Alberto e Cristina Cecchetto

Il segreto in una vecchia vigna

Il vino nel suo nome evoca i gelsi, piante che nella storica forma di allevamento a bellussera sono utilizzate come tutori vivi della vite.
«Dal 2013 Gelsaia è prodotto da una vigna di oltre sessant’anni, allevata a sylvoz e situata a Mareno di Piave», spiega Marco Cecchetto. «Con l’introduzione del metodo di potatura Simonit&Sirch nel 2012 abbiamo iniziato un importante lavoro di recupero del nostro vigneto storico, salvandolo dall’estirpo. In questo modo siamo riusciti a riportare le viti a una produzione equilibrata e, grazie alla corretta distribuzione dei grappoli, abbiamo ottenuto la maturazione ottimale del Raboso». Giunto alla tredicesima interpretazione, Gelsaia è prodotto solo nelle migliori annate. Il residuo zuccherino, che contraddistingue il vino, si ottiene attraverso l’appassimento di una parte delle uve, tecnica introdotta da Giorgio Cecchetto nel 1997.

Pioniere della Docg Piave Malanotte

Il Gelsaia, per la sua vinificazione così particolare e per l’impiego di un vitigno autoctono che rischiava di essere dimenticato dal mondo enologico, è stato il precursore della Docg Piave Malanotte. Infatti, la denominazione, riconosciuta nel 2010, nel suo disciplinare dichiara l’uso di sole uve Raboso e indica una proporzione di uve appassite che varia dal 15 al 30%.
Nel vigneto di Mareno di Piave (Treviso) – tipicamente pianeggiante e caratterizzato dal terreno alluvionale sciolto e ben drenato, con detriti ghiaiosi trasportati dalle piene del fiume – crescono le uve del Gelsaia. Dopo una selezione, i grappoli sono in parte diraspati e pigiati, il restante 15% è posto in appassimento nel fruttaio fino a metà dicembre. Il vino poi affina per 12 mesi in barrique di legno nuovo e usato.
Abbiamo assaggiato cinque annate, che confermano la stoffa e lo stile del vino, avvolgente e severo al contempo, dal colore tenacemente rubino intenso, sensibile alle annate, anche grazie all’interpretazione delle stesse da parte della famiglia Cecchetto.

Gli assaggi, dal complesso 2002 allo spartiacque 2011

2002

Rispecchia, secondo i produttori, l’eventuale annata 2023, tutta ancora da vedere. Cioè, era meno pronto all’uscita, ma dimostra notevole longevità. Il Raboso è molto tardivo (ed è il primo a germogliare), è necessario quindi tenere duro perché raggiunga la maturità fenolica. In queste prime annate Giorgio adottava una “doppia maturazione ragionata” (DMR), con un 30% ad appassire sulla pianta e un 30% in fruttaio.
Nelle prime versioni il vino veniva affinato in botte grande di rovere (da cui trae le note goudron), e successivamente in barrique (12 mesi da disciplinare, primo secondo terzo passaggio, con tostature leggere). Al naso il vino è complesso e ampio con note di liquirizia, asfalto, tabacco e il caratteristico tocco erbaceo, oltre a un bouquet di fiori secchi. L’ingresso al palato è morbido, maturo, a seguire si affacciano e crescono acidità e sapidità, con parte malica leggermente astringente, finale di prugna, liquirizia, vinacciolo. Più fresco in bocca quindi, che al naso.

2009

In questa annata l’appassimento è del 20% e d’ora in poi si procederà evitando il taglio del tralcio in pianta. Al naso è molto intenso, con ricordi di vernice, mirtillo, pellame, menta, frutti rossi e neri. In bocca è dinamico, alterna curve e rettifili, scatta e si slega dall’intreccio della surmaturazione ed è molto persistente.

2011

Ottimo, offre un ventaglio olfattivo ampio e raffinato con sentori di vaniglia, lampone, mora, eucalipto, fungo champignon. Notevole ingresso in bocca, si slancia rapidamente, pur mantenendo la caratteristica morbidezza, con spinta sapida, è molto persistente. Ha concentrazione e profondità. È uno spartiacque nella storia di Gelsaia, nasce da una vigna diversa, con un differente uso del legno.

2017

Annata diversa (segnata da una memorabile gelata in molte parti d’Italia), con un residuo zuccherino particolarmente alto (15 g/l), poiché – dicono molto onestamente i produttori – dopo 15 giorni si è fermata la fermentazione. Essendo usciti dai parametri della Docg, quest’annata di Gelsaia è Igt. Al naso è esplosivo e accogliente con profumi di vaniglia, frutti rossi e neri, uva passa, cioccolato bianco, intenso e balsamico, con la tipica nota “cruda” del Raboso. Ingresso morbido, venature dolci e speziate, frutto brillante.

2020

L’ultima annata in commercio. Il naso è ancora giovane con le sue note di vaniglia e spezie dolci, ma sprigiona frutto in abbondanza, con more mature, venature balsamiche, caratteristico guizzo erbaceo, viola. Al palato è decisamente morbido e non dolce, ancora chiuso nell’impalcatura di un tannino severo e un’acidità spiccata che lo prepara al lungo viaggio nel vetro. Il finale è denso, di frutti neri con chiusura fresca.

Una curiosità: in prospettiva i giovani Cecchetto stanno riflettendo sull’abbandono dell’appassimento. Non sappiamo se sia giusto o meno, ma abbiamo fiducia nel fatto che sapranno mantenere l’identità di Gelsaia, che già in questi 20 anni ha preso direzioni (tecniche) diverse) senza perdere l’anima.

Foto di apertura: la vecchia vigna da cui nasce il Gelsaia di Cecchetto

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© Riproduzione riservata - 28/11/2023

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