In Italia In Italia Jessica Bordoni

La enogioventù: Danilo Nada, tre modi (più uno) di dire Barbaresco

La enogioventù: Danilo Nada, tre modi (più uno) di dire Barbaresco

Il giovane produttore Danilo Nada, terza generazione alla guida della Cantina Nada Fiorenzo di Treiso, ci racconta come nascono i suoi Barbaresco Rombone, Manzola e Montaribaldi, espressioni delle omonime Menzioni geografiche aggiuntive. Il suo è un inno alla vocazione dei terroir.

Quando i Romani conquistarono l’odierna Barbaresco, nel cuore delle Langhe, distrussero l’antico bosco che circondava gli insediamenti dei Liguri per impiantarvi delle viti. Il nome del paese – e della celeberrima Docg – deriverebbe proprio dalla “barbarica silva” che precedette l’impresa. Insomma, qui si fa vino almeno dal II secolo a. C.

Barbaresco, dalla denominazione alle MGA

Un lungo salto in avanti ci porta alla metà degli anni Sessanta, quando il Barbaresco viene ufficialmente riconosciuto Doc (sarà Docg nel 1980). Il 2007, invece, segna l’entrata in vigore delle MGA, ovvero le Menzioni geografiche aggiuntive, che dividono i tre comuni di riferimento – Barbaresco, Neive e Treiso, più la frazione San Rocco Seno d’Elvio nel comune di Alba – in 66 “sezioni”, definite utilizzando i nomi storici e i toponimi delle microzone, fino ai singoli vigneti.

Rombone, Manzola e Montaribaldi raccontati da Danilo Nada

«Il Barbaresco è stato il primo vino italiano a fregiarsi delle MGA dopo un lavoro di studio e ricerca durato almeno 20 anni», spiega Danilo Nada, classe 1986, terza generazione alla guida della Cantina Nada Fiorenzo. «Un lavoro mastodontico e imprescindibile, che ha permesso il riconoscimento e la valorizzazione dei singoli appezzamenti, ognuno con la sua identità e vocazione». La grandezza delle Langhe, si sa, sta anche e soprattutto nella sua straordinaria varietà di suoli, microclimi e vitigni, di cui il Nebbiolo è certamente la punta di diamante. «La nostra azienda si trova a Treiso così come i vigneti di Rombone e Manzola, mentre a Barbaresco possediamo le parcelle di Montaribaldi. Si tratta di piccoli fazzoletti di collina, tutti riconosciuti MGA, dove le viti cercano il sole nello scorrere lento delle stagioni».

Negli anni Ottanta l’avvio della Cantina

Ma prima di parlare dei suoi vini, è utile inquadrare il produttore e la storia familiare. «Tutto comincia nel 1921 quando il mio bisnonno acquista una proprietà di 25 ettari, all’epoca residenza estiva del professor Dogliotti, e inizia a dedicarsi alla vendita di uve e vino sfuso», racconta Danilo Nada. «Dopo la sua morte, negli anni Cinquanta, la terra viene divisa fra i suoi quattro figli maschi, tra cui mio nonno Fiorenzo». Nel 1982, Fiorenzo decide con il figlio Bruno, padre di Danilo, di vinificare direttamente le uve di proprietà e dedicarsi anche all’imbottigliamento. «Era arrivato il tempo della qualità: il chiodo fisso di mio padre, che poi è diventato anche il mio. Senza dubbio fu una scelta forte, coraggiosa per l’epoca, nata dalla fiducia profonda nella terra di Rombone».

L’avvicinamento al vino di Danilo Nada

La vocazione di Danilo, però, è tutt’altro che precoce. «Ad Alba ho fatto il liceo scientifico, non la scuola enologica. La verità è che durante l’adolescenza ho vissuto il vino di riflesso: abitavo sopra la cantina, davo una mano a papà durante la vendemmia, nelle operazioni di etichettatura… ma confesso che non c’era un vero interesse. All’università mi sono iscritto a Fisioterapia pediatrica a Torino. Durante il fine settimana, per guadagnare qualche soldo, ho cominciato a lavorare in un ristorante di Alba occupandomi del servizio dei vini. Il colpo di fulmine è avvenuto lì, rendendomi conto di quale mondo c’era dall’altra parte, al di là degli aspetti produttivi che già conoscevo da vicino». Per farla breve, dopo il triennio universitario la passione enologica diventa prioritaria: «Il 1° gennaio 2010, ormai 10 anni fa, ho iniziato a lavorare in azienda e parallelamente mi sono iscritto ad Enologia, ovviamente da non frequentante!».

Terroir a confronto

Torniamo ai vigneti, dove è stato avviato un percorso di conversione al biologico e si lavora rigorosamente senza chimica: «Le vigne sono tre, ognuna delle quali è suddivisa in numerose parcelle. La maggior parte degli ettari, in tutto una decina, si trovano su due colline consecutive a Treiso. Si tratta di Rombone, che costituisce il nucleo fondativo e ancora oggi ci dà i risultati più interessanti, e Manzola, una delle microzone più storiche. Poco distante, ma già nel comune di Barbaresco, c’è l’antica Cascina Quinto, in località Montaribaldi». Dalle vinificazioni separate delle tre MGA nascono espressioni di Barbaresco assai differenti e la causa è da cercare in primis nel terroir. «Verso Treiso i terreni sono calcareo-argillosi e in particolare Rombone è ricco di argilla, mente Manzola alterna argilla ad affioramenti sabbiosi. Montaribaldi, al contrario, è decisamente più calcareo».

Vista dall’alto delle bucce di Nebbiolo durante la macerazione

Espressioni nel calice

Venendo al bicchiere, il Barbaresco Rombone risulta più profondo e strutturato, per certi versi austero. All’opposto, il Manzola è maggiormente giocato sulla finezza, la mineralità e l’eleganza. Il Montaribaldi, infine, regala un timbro ricco, morbido e piacevolmente fruttato. «Per il Manzola e il Montaribaldi utilizziamo esclusivamente la botte grande, mentre nel caso del Rombone è previsto un passaggio in barrique molto usate, così da ammorbidirne un po’ il tannino monumentale. Questo ci aiuta anche ad accelerarne l’evoluzione, che avviene molto lentamente. Il rischio, utilizzando solo il legno grande, è che il vino perda un po’ di freschezza con l’invecchiamento. Negli ultimi anni, a causa del cambiamento climatico, il discorso sta venendo meno un po’ meno e certe annate calde ci hanno portato ad escludere la barrique. Valutiamo ogni singola vendemmia».

Gli altri vini di Danilo Nada

Piccola nota, sempre in chiave “tempo”, che aiuta a inquadrare meglio la produzione nel suo complesso: gli impianti più vecchi del Manzola risalgono al 1998, quelli del Montaribaldi al 1956 e quelli del Rombone del 1964, con nuovi innesti previsti proprio nel 2021. La Cantina Nada Fiorenzo propone anche un Dolcetto d’Alba, fragrante e versatile; una Barbera d’Alba, impreziosita da un anno di affinamento in barrique; e un Langhe Nebbiolo, ottenuto dalla selezione dei filari più freschi e dei vigneti più recenti, «per garantire l’espressione più pura del Nebbiolo in gioventù».

Omaggi alla tradizione

Infine, due omaggi alla tradizione: il Barbaresco Docg (senza MGA in etichetta) e il Seifile. Il primo nasce dalle uve di Rombone e Manzola vinificate insieme, secondo l’antica usanza di riunire le partite migliori dei diversi appezzamenti. Il Seifile, invece, è un blend di Barbera (80%) e Nebbiolo (20%) dalle parcelle del Rombone. «Si tratta di un taglio classico qui nelle Langhe, ma che oggi è stato di fatto dimenticato. Ne produciamo poche bottiglie, che racchiudono la ricchezza e l’armonia dei grappoli di Barbera provenienti da viti del 1946 e l’austerità del Nebbiolo di Rombone. Profumi e sapori che giungono da molto lontano, fonte di orgoglio e amore per queste colline».

Scopri le storie di altri giovani produttori nella nostra serie Enogioventù. Leggi qui+

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© Riproduzione riservata - 10/01/2021

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