È la patria delle Doc Sannio e Falanghina del Sannio, ma anche della Docg Aglianico del Taburno. Il Consorzio di tutela è stato il primo in Italia a richiedere la fascetta di Stato per l’Igt Benevento e oggi continua il suo percorso di trasformazione, con varie proposte di modifica ai disciplinari. Tanti i progetti e le iniziative in corso

«L’introduzione obbligatoria della fascetta di Stato anticontraffazione per l’Igt Benevento dopo un percorso sperimentale – dato che per primi abbiamo richiesto questo sistema di tracciabilità che esisteva solo per le Doc e Docg anche per un’Igt – è un risultato importante per la trasparenza e la sicurezza dei consumatori», spiega Libero Rillo, presidente del Consorzio Tutela Vini Sannio. Nel 2024 sono state tracciate e monitorate poco più di 11,9 milioni di bottiglie. «Questa garanzia dà maggior valore aggiunto al prodotto». Rillo specifica che la fascetta di Stato per l’Igt, con numero univoco, ha già il QrCode, che potrà essere scansionato dal consumatore e permetterà di accedere a dati essenziali e presto anche informativi sull’azienda, diventando così anche uno strumento di comunicazione.
Modifiche al disciplinare
Il Consorzio Tutela Vini Sannio, istituito nel 1999, tutela la Doc Sannio, la Doc Falanghina del Sannio, la Docg Aglianico del Taburno e l’Igt Benevento. Libero Rillo accompagna lo sviluppo del Consorzio nel suo ruolo di presidente da 13 anni (non esiste limite di mandato consortile). L’assemblea dei soci ha approvato dei cambiamenti importanti, che dovranno poi essere sottoposti al Masaf e alla Ue per la definitiva accettazione. «La Falanghina del Sannio Doc potrebbe diventare Docg», afferma Rillo. «Ed è stata aggiunta anche la tipologia Riserva. Abbiamo chiesto l’introduzione di 15 Uga per la Falanghina del Sannio Doc e 15 per il Sannio Doc. Le Uga ci aiutano a raccontare il nostro territorio, sia dal punto di vista storico-culturale sia da quello pedoclimatico e geografico».
Camaiola e Barbera del Sannio
Le quattro sottozone della Falanghina del Sannio Doc e del Sannio Doc, con un disciplinare più restrittivo come rese, restano immutate: Guardia Sanframondi, Sant’Agata dei Goti, Solopaca e Taburno. «È stata inoltre prevista la possibilità di inserire nella Doc Sannio il vitigno autoctono sannita Camaiola, già iscritto al Registro nazionale delle varietà di vite dal 2021, oltre alla Barbera del Sannio, già presente nel disciplinare». Nicola Matarazzo, direttore del Consorzio, ci spiega che è stata commissionata un’indagine genetica sulla Barbera del Sannio e sulla Camaiola che ha dimostrato la diversità dei due vitigni.
Sostenibilità e Aglianico del Taburno
«Un’altra modifica al disciplinare riguarda la sostenibilità. Sia in fase di viticoltura, sia in fase di vinificazione le operazioni dovranno essere effettuate nel rispetto dei disciplinari di produzione integrata approvati dalla Regione Campania, o di uno standard di produzione sostenibile» prosegue Matarazzo. Per quello che riguarda l’Aglianico del Taburno la proposta di modifica al disciplinare «non ha allargato l’area di produzione delle uve ma andrebbe a modificare i confini all’interno dei medesimi comuni precedentemente previsti (13), rendendo l’area così definita e omogenea».
Il comprensorio vitivinicolo del Sannio
Circa 5.700 ettari rivendicati, quasi 3.300 viticoltori, 305 vinificatori, 270 aziende imbottigliatrici per circa 178.000 ettolitri di vino prodotto. Questi numeri assegnano alla provincia beneventana la leadership nel comparto vitivinicolo della Campania, con circa il 50% della superficie viticola e della produzione vinicola regionale.
Nel Sannio insistono quattro cooperative sociali (La Guardiense, Cantina di Solopaca, Viticoltori del Taburno e Cooperativa viticoltori sanniti) che producono circa il 50% del totale dell’areale. Dai dati 2024, la produzione di Falanghina del Sannio Doc è quasi di 5 milioni, quella del Sannio Doc di 5,6 milioni, dell’Aglianico del Taburno 258.000 e dell’Igt Benevento 11,9 milioni, per un totale di circa 22,7 milioni di bottiglie prodotte. Questo significa, in percentuale, che l’Igt pesa per il 52,27%, il Sannio Doc per il 24,66%, la Falanghina del Sannio Doc per il 21,94% e l’Aglianico del Taburno Docg per l’1,13%.
La suddivisione del mercato domestico avviene per il 45% nel canale Horeca, per il 30% in Gdo, il 15% attraverso la vendita diretta e il 10% in e-commerce. L’export, primariamente in Usa, Spagna e Regno Unito vale il 10%. Il giro d’affari risulta di 80 milioni di euro.
Punti di forza e da migliorare
Il Sannio offre la storia e la bellezza dei paesaggi, un territorio vocato che ha un racconto diversificato e completo dal punto di vista ampelografico, pedoclimatico, culturale, artistico, gastronomico, ancora inesplorato dal turismo di massa. A questo patrimonio vanno aggiunti la presenza di uve a bacca bianca (54% sul totale) dalle acidità sostenute, grazie alle escursioni termiche, con un rapporto qualitativo a un prezzo sostenibile, aspetti che incontrano il favore del mercato, senza dimenticare il supporto di un Consorzio attivo e dinamico. Dall’altro verso, come in molte aree vinicole italiane, si registra la difficoltà a fare sistema e di aggregarsi, la mancanza di una cultura d’impresa, alle quali si somma una mancata consapevolezza delle potenzialità valoriali del comprensorio e del territorio.

Premiumizzazione, internazionalizzazione ed enoturismo
La comunicazione è un tasto ancora dolente, occorre fare di più, soprattutto per dare identità al brand Sannio, anche a livello internazionale e bisogna lavorare di più sulla distribuzione e sul posizionamento.
L’enoturismo è un aspetto fondamentale, ma è ancora poco utilizzato e bisogna implementarlo con una serie di servizi congiunti. «La premiumizzazione può rappresentare una svolta strategica per le Dop del Sannio dove il focus su qualità e marketing può portare a un riposizionamento capace di generare maggior valore», commenta Matarazzo. Il Sannio ha grandi potenzialità di crescita, ma deve puntare su qualità, identità territoriale e innovazione. «Una strategia integrata tra premiumizzazione, internazionalizzazione ed enoturismo potrebbe condurre le denominazioni a una valorizzazione e visibilità che hanno altri grandi aree vinicole italiane».
Iniziative in corso e sfide future
Il Consorzio ha avviato Sannio Sustainibility per promuovere la sostenibilità, aiutando le aziende a certificarsi. La Sannio Academy prevede dei corsi e workshop di formazione. È stato avviato anche un Osservatorio, che attualmente serve sia per le strategie consortili sia per le aziende, con dati di produzione. Il secondo passaggio, in questo periodo in corso di attuazione attraverso la costruzione di una piattaforma software, porterà all’inserimento dei dati economici, che le aziende potranno fornire su base volontaria e anonima. L’insieme delle informazioni così acquisite condurrà a elaborare visioni strategiche su basi concrete. Sul fronte enoturismo, con Sannio Wines Experience si vuole lavorare su percorsi enoturistici che includono visite a cantine, degustazioni e scoperte alle tradizioni locali, mirando a valorizzare i prodotti locali e a promuovere il territorio, creando nuove opportunità economiche per i produttori.
In programma anche Sannio Energy per l’efficientamento energetico, con l’implementazione di impianti fotovoltaici condivisi, la creazione di una rete di scambio energetico e l’approvvigionamento di tecnologie a basso impatto ambientale. «Attraverso Sannio AI, che prevede un accordo con le università per la realizzazione che partirà presumibilmente nel 2026, vogliamo creare un nostro sistema AI, in modo tale che i soci possano avere informazioni normative e sulla produzione in tempo reale».
Alle origini della Falanghina
Leonardo Mustilli fu il primo a imbottigliare la Falanghina del Sannio nel 1979. «Precedentemente la Falanghina era un vino da taglio, usato come migliorativo per i vini del nord ed esisteva solo come vino sfuso», racconta Paola Mustilli. «Papà voleva valorizzare questo vitigno locale in purezza e imbottigliarlo, perché credeva nel suo potenziale». Mustilli è un’azienda che si estende su 10 ettari, con una produzione di 80.000 bottiglie. Vigna segreta, Falanghina del Sannio in purezza proviene da vigne di 25 anni d’età e allignano su suoli di origine vulcanica, tufacei e argilloso-calcarei. Solo acciaio per questo vino che ben interpreta le caratteristiche di questa cultivar in terra beneventana.
Un bianco in ascesa
Si sta sviluppando un trend sulla Falanghina, già precorso dai Rillo (in primis da Libero di Fontanavecchia ma anche dai giovani fratelli Giampiero e Francesco di Cantine Tora) per sperimentarne l’evoluzione. Cantine Tora nasce nel 2004 e comprende 11 ettari vitati (di cui 7 a Falanghina). «La Falanghina è il vitigno sul quale abbiamo puntato maggiormente, ne produciamo tre versioni», racconta Giampiero Tora, classe 1985. La Falanghina del Sannio Kissos, prodotta dal 2007 solo nelle migliori annate, si raccoglie tardivamente, in genere la seconda decade di ottobre. Da una vigna unica di 15 anni da terreni argillosi a un’altitudine di circa 450 metri, vinifica in acciaio con una lunga permanenza sulle fecce fini.
L’unica Docg (ad oggi)
Se, complice la richiesta maggiore di bianchi, si punta sulla Falanghina del Sannio, che ha anche una produttività maggiore, non bisogna trascurare quella che, al momento, è l’unica Docg del Sannio, l’Aglianico del Taburno. «Qualitativamente ritengo che l’Aglianico del Taburno sia il vino più importante del Sannio», afferma Paolo Cotroneo, titolare di Fattoria La Rivolta. «Certamente, è una nicchia, ma di valore. Se si lavora bilanciando i tannini con l’acidità si ottiene uno dei grandi rossi italiani». Fattoria La Rivolta, fondata nel 1997 e certificata in biologico, produce 200.000 bottiglie su 30 ettari vitati. L’Aglianico del Taburno 2022, da vigne di 35 anni su suoli calcareo-argillosi, un anno di affinamento in botti grandi, esprime sentori fruttati e floreali e una materia polposa e fine, il sorso è lungo, per una beva saporita e scorrevole.