Annate storiche di vini mitici (16): Umbria e Abruzzo
Oltrepassata la Toscana, pensavamo che il nostro percorso alla ricerca delle realtà più attente alla creazione e all’accantonamento dei propri vini per un lungo invecchiamento fosse in discesa, con poche Cantine dedite alla produzione di nettari di lungo corso e ancor meno disposte a crearsi un archivio storico. E invece i fatti ci hanno smentiti, stando almeno all’analisi di Umbria e Abruzzo. Quest’ultima regione è stata inserita interamente in questa puntata, mentre la prima sarà addirittura meritevole di una ripresa nel prossimo articolo, quando parleremo del Lazio, avendola qui liquidata un po’ velocemente per ragioni di spazio. Dunque anche nel Centro Italia questa tendenza a ottenere vini stilisticamente complessi e capaci di evolvere negli anni si conferma ben presente, a livello sia di bianchi sia di rossi, sia con l’impiego di vitigni internazionali sia (soprattutto) autoctoni. Se in Umbria assistiamo a una diversificazione già a partire dalle varietà impiegate, oltre che stilistica (si parlerà in questa sede di un taglio bordolese a base di Cabernet, di un assemblaggio di tipo toscano a base di Sangiovese, di uno Chardonnay di matrice in stile Borgogna, di un assolutamente indigeno Sagrantino di Montefalco), in Abruzzo le cose stanno un po’ diversamente; qui i vitigni che contano dal punto di vista della produzione di vini di lungo corso sono solo due: Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo. Ciò che risulta invece estremamente variegato è prima di tutto il terroir, che va dall’Altopiano di Ofena sino quasi all’Adriatico nella zona del Teramano, in seconda battuta la gestione della vigna, dal tendone a impianti fittissimi allevati a Guyot, infine le pratiche di cantina, dalla barrique, alla botte, al cemento, all’acciaio; con alcune cantine più pronte a un approccio moderatamente tecnologico e altre più orientate a una filosofia “naturale” quando non biodinamica.
Arnaldo Caprai: consacrazione del Sagrantino “secco”
Castello della Sala: un successo “modello Borgogna”
Falesco: umbro-bordolesi di lungo corso
Lungarotti: duemila bottiglie all’anno, da sfogliare
Cataldi Madonna: forno d’Abruzzo e iper-riduzione
Faraone: bianchi sottili che amano la lentezza
Illuminati: tutta la vocazionalità del Teramano
Masciarelli: saper di avere bisogno di tempo
Pepe: dal 1964 a oggi quasi tutto a listino
Valentini: equilibri dettati dalla natura
Tag: Arnaldo Caprai, Castello della Sala, Cataldi Madonna, Falesco, Faraone, Illuminati, Lungarotti, Masciarelli, Pepe, Valentini© Riproduzione riservata - 13/07/2012