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Cataldi Madonna: forno d’Abruzzo e iper-riduzione

Cataldi Madonna: forno d’Abruzzo e iper-riduzione

Annate storiche di vini mitici (16): Umbria e Abruzzo

Fondata nel 1920, la Cantina di Ofena (L’Aquila) subì una svolta nel 1968, quando Antonio Cataldi Madonna l’ampliò e ne rinnovò le strutture, reimpiantando le vigne. La prima bottiglia “ufficiale” è del 1975. Suo figlio Luigi, attuale patron, ha deciso di condividerne la filosofia, con un’impostazione che valorizza le specificità del territorio attraverso i vini. Ofena è in una conca a450 metri, alle pendici del Gran Sasso, il cosiddetto “forno d’Abruzzo”, chiamato così per l’eccezionale esposizione solare, associata alle sensibili escursioni termiche; un’area che, sia per il clima sia per i suoli ricchi di scheletro, è perfetta per la viticoltura. Proprio qui infatti si fecero i primi impianti del Montepulciano; una zona da sempre poco produttiva – lo dicono i catasti agricoli – ma del tutto originale quanto a potenzialità espressive.

Tonì di Cataldi Madonna

IL “FORNO D’ABRUZZO” – I vigneti di proprietà si estendono su 24 ettari, di cui sette del 1968. I vitigni presenti sono: Montepulciano d’Abruzzo (che domina), Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino e Cabernet Sauvignon. Chiediamo a Luigi di raccontarci della longevità dei suoi Montepulciano, in particolare del suo Tonì. «È il nostro terroir (poi viene il vitigno), date le sue alte acidità, che è adatto a produrre vini di lungo corso. Il forno d’Abruzzo giace sotto l’unico ghiacciaio dell’Appennino: un calderone esteso 4 ettari e spesso 25 metri, ma posto al di sotto di un frigorifero: una culla eccezionale. La capacità evolutiva dei nostri vini è aumentata da quando, nel 2003, il nostro consulente Lorenzo Landi ha introdotto la vinificazione in iper-riduzione, che ritarda di molto i tempi di ossidazione».

TONÌ: LE ANNATE MIGLIORI – Continua Cataldi Madonna: «Io sono un artigiano, punto al meglio lavorando di precisione; mi piace produrre nettari unici, che durino nel tempo. Conservo diverse vecchie annate per monitorare la loro evoluzione nel tempo, organizzando delle degustazioni sia interne sia rivolte a operatori e appassionati. L’annata di Tonì impressa nella mia memoria è la prima, la 1988. Mio padre addirittura mi chiese come mi fosse venuto in mente un vino del genere. Altre grandi annate: 1997, 1998, 2000, 2001, 2003 (a dispetto del gran caldo e a testimonianza del buon funzionamento del nostro forno); infine 2004 e 2006, queste ultime ancora in divenire».

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© Riproduzione riservata - 20/07/2012

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