Degustazioni 14 Giugno 2023 Aldo Fiordelli

Tenuta Santa Caterina: Guido Carlo Alleva presenta il Metodo Classico che porta il suo nome

Prima bollicina per Tenuta Santa Caterina, guidata dall’avvocato milanese con origini monferrine. Si tratta di uno Chardonnay 2019 in versione Extra Brut rimasto 36 mesi sur lies. Proviene dallo stesso vigneto del bianco Silente, da terreni di marna.

Non c’è storytelling dietro all’ultimo vino di Tenuta Santa Caterina. Non aneddoti studiati a tavolino né documenti storici posticci, ma il gusto di un uomo di cultura, un avvocato, un alpino e un amante del Monferrato, dello Chardonnay e delle bollicine. Il vitigno, spesso trattato con supponenza perché considerato tra le scelte più ovvie e quindi commerciali al cospetto di ipotesi autoctone, qui è stato piantato per amore da Guido Carlo Alleva che gli ha voluto dare il proprio nome.

La genesi della nuova etichetta, prima bollicina aziendale

Guido Carlo è un Metodo Classico di questo vitigno non solo per il suo sapore amato dall’avvocato, ma per un più ampio concetto resiliente di gusto. In Piemonte esiste lo Chardonnay dai tempi della contessa Falletti Colbert. Il Monferrato non è nuovo a una tradizione spumantistica e, al confronto con altri territori anche vicini, vanta una ben più antica storia vitivinicola. Lo dimostra il meraviglioso Infernotto che nascondono le settecentesche Cantine della villa di Graziano Badoglio. C’è inoltre un’intuizione tecnica. Guido Carlo Alleva conosceva bene il vecchio Valentini, il quale per il suo bianco di Trebbiano tradizionalmente effettuava due vendemmie. Una più precoce per la spina del vino e l’altra più tardiva per definizione e longevità. Così Luciana Biondo, direttrice della Tenuta, si è sempre regolata per la vendemmia dello Chardonnay. Ma i risultati della raccolta precoce hanno suggerito l’ipotesi spumante.

Metodo Classico e Silente, fratelli di vigna

Appena 3 mila bottiglie della prima annata: 2019. Sboccato nella primavera di quest’anno dopo 36 mesi sur lies, viene da suoli di marna. Un altro dei motivi che hanno persuaso Alleva a questo passo avanti. Le uve arrivano dalla stessa vigna del Silente, lo Chardonnay fermo della cantina che – pensate – esce ora con l’annata 2017. Se l’Extra Brut esprime note di mango alternate a citronella, pasta di limoni e tiglio su una bocca cremosa per la bollicina elegante e tesa per la freschezza; il Silente è un inno all’evoluzione con burro salato e caramello, fulminante e agrumi e un supçon di salvia e menta. Se il primo è ancora solo una prima release, il secondo prodotto dal 2013 andrebbe segnato tra i dieci migliori Chardonnay italiani. Il segreto di entrambi, oltre al suolo marnoso già citato, è la scelta dei cloni.
Al gusto per la storia, la cultura enologica e agronomica anche quella genetica. I cloni arrivano dalla Borgogna e sono il 76 (tra i più comuni), il 95 (tra i più acidi) e l’809 chiamato anche muschet per via della sua tendenza a essere zuccherino e profumato.

L’assaggio del Grignolino Monferace 2017

Durante la cena di presentazione al Relais del Sant’Uffizio poco distante dalla Cantina che domina i vigneti dal colle di Grazzano Badoglio, c’è stato spazio però per un altro vino. Non era protagonista della serata ma si è ritagliato comunque un ruolo centrale. Si tratta del Monferace. Nome storico del Grignolino invecchiato in botte grande qui in un’annata calda e non facile come la 2017. Ebbene lasciandogli il tempo dovuto, il Monferace ha continuato ad aprirsi, a evolvere nel bicchiere, a passare dal fruttino rosso di ribes dell’inizio, a note più profumate di timo e profondamente sapide fino a spingersi a un’oliva nera rhodanienne in un palato denso, teso e preciso anche nel finale. Da immaginare placido per anni a riposare nel suo meraviglioso Infernotto o in una grande cantina dove regni il gusto per la cultura del vino.

Foto di apertura: le settecentesche Cantine di Tenuta Santa Caterina nascondono un meraviglioso Infernotto