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San Felice, le nuove annate in assaggio

San Felice, le nuove annate in assaggio

Un tour virtuale tra Chianti ClassicoMontalcino e Bolgheri, alla scoperta delle molteplici anime della Cantina San Felice, tra territori di rango e la riscoperta di vitigni autoctoni dimenticati. Come il Pugnitello.

Un ideale tratto d’unione dei puntini dell’eccellenza vinicola territoriale toscana, ma anche un percorso fatto di scelte drastiche, cambi di proprietà, innovazione della tradizione e riscoperta di vitigni perduti. La storia di San Felice parla etrusco, attraversa i papati e passa di mano tra storiche famiglie fino ai Grisaldi del Taja, tra i fondatori del Chianti Classico e in sella dai primi del 1700 fino al 1967, e all’acquisizione del Gruppo Allianz. I 1.700 ettari, di cui 179 vitati, sono divisi nelle tre aree produttive più prestigiose della regione: 150 nel Chianti Classico, 23 acquistati nel 1962 a Campogiovanni, sulla collina di Montalcino, e un fazzoletto (6 ettari) a Le Sondraie, nel cuore di Bolgheri, dove è nata Bell’Aja nel 2016.

Vitiarium, tempio della biodiversità

Se il Vigorello, concepito nel 1968 quando ancora i SuperTuscan erano vini distanti dal chiantigiano, e PoggioRosso, tra i primi e rari esempio di “cru” di Chianti Classico (1978), fanno parte dei cromosomi della tenuta, sono gli anni ’70 e ‘80 il Rinascimento enologico di San Felice. Gli anni del cambio di faccia da nobile tenuta a vera azienda agricola con la cessione al gigante assicurativo tedesco, il restaurato con interventi di valorizzazione artistica e architettonica, l’avvio di un programma di reimpianto per valorizzare il Sangiovese. Ma soprattutto il sentiero della ricerca sui vitigni autoctoni, imboccato all’epoca con le Università di Firenze e Pisa, che ha dato vita nel 1986 al Vitiarium. Come spiega l’enologo Leonardo Bellaccini, si tratta della «collezione di varietà autoctone quasi sparite dal territorio, oggi pressoché un’esclusiva di San Felice» e di prodotti come il Pugnitello, da «uve dimenticate che ne fanno una sorta di impronta digitale della Cantina».

Leonardo Bellaccini, Enologo dell'Azienda Campogiovanni del Gruppo San Felice
Leonardo Bellaccini, enologo dell’azienda Campogiovanni del Gruppo San Felice

Gli assaggi 

Il Pugnitello, “intruso” e ciliegina, è l’unico dei sette assaggi scelti dalla Cantina per la presentazione (in remoto) delle nuove annate. Una coppia di esemplari per rappresentanza territoriale: due Chianti Classico Gran selezione, due Brunello di Montalcino e due Bolgheri. 

Il Grigio – Chianti Classico Gran Selezione Docg 2017

Sangiovese (80%) arricchito con antiche uve autoctone come Abrusco, Pugnitello e Mazzese che insieme con Malvasia nera e Ciliegiolo contribuiscono ad elevarne complessità e donare originale impronta. La fermentazione malolattica e la maturazione si svolgono in legno per 24 mesi al 50% in botti di rovere di Slavonia da 60-100 hl e al 50% in barrique e tonneau di rovere francese. Sbuffi di violetta e ciliegia matura incontrano le spezie dolci. La composizione del blend lima le asperità tanniche dell’uva predominante al palato restituendo un sorso già piacevole in gioventù e un finale fresco e lungo.

Poggio Rosso – Chianti Classico Gran Selezione Docg 2017

Sangiovese in purezza figlio del vigneto omonimo ed espressione più calzante, rispetto ai fratelli “minori”, dell’orizzonte meridionale della denominazione (i vigneti aziendali si trovano a Castelnuovo Berardenga, nel Senese) . Il vigneto spunta da suoli con prevalenza di argille di origine calcareo- marnosa, provenienti dalla disgregazione dell’alberese e del galestro. Maturazione in botti di rovere francese, stavolta nuove al 100%, e affinamento in bottiglia per 15 mesi. Prugna, mora e lampone disegnano un naso potente. In bocca è pieno, di corpo, caratterizzato da una fitta trama tannica eppure lodevolmente teso per le caratteristiche di un’annata siccitosa come la 2017. 

Pugnitello – Toscana Igt 2017

L’antico vitigno toscano (il suo grappolo compatto ricorda la forma di un piccolo pugno serrato, da qui il nome) è coltivato nel tempio della biodiversità del “Vitiarium” ed entra nella composizione di diverse espressioni di San Felice: in matrimonio coi vitigni internazionali nel Supertuscan Vigorello o col Sangiovese nelle declinazioni di Chianti Classico. Questa versione in purezza ne esalta appieno le unicità. Veste di un violaceo acceso, intenso. Frutta rossa matura ma soprattutto la decisa speziatura – pepe, cannella, chiodi di garofano – che alla cieca bussa alla memoria olfattiva del Syrah. In bocca è carnoso, ematico, in equilibrio tra il tannino carezzevole e la buona tensione fresco-sapida. Matura in barrique di rovere francese per 18/20 mesi. 

Campogiovanni – Brunello di Montalcino Docg 2016

Brunello della tradizione che nasce nelle zone più calde di Montalcino, sul versante meridionale. La crasi di substrati – argillosi, calcarei e alluvionali – si traduce in termini di morbidezza, potenza ed eleganza grazie anche a un’annata estremamente favorevole. La sosta da disciplinare è in botti di rovere di Slavonia da 60 hl e tonneau francesi da 500 lt per 36 mesi, poi un anno in bottiglia. Riflessi granati preannunciano un naso ampio di frutti rossi maturi, confettura di more, liquirizia e tabacco. In bocca la struttura è imponente quanto si conviene, ingentilita da una vena fresca. Lungo finale minerale.

Il Quercione – Brunello di Montalcino Riserva Docg 2015

I primi 2,5 ettari di vigneto piantati da San Felice a Montalcino (caratterizzati dalla presenza di una grossa quercia in un angolo dei filari), sono quelli che danno dal 1990 il nome e le uve a questa Riserva, la massima espressione del terroir di Campogiovanni. Il vino matura in tonneau di rovere francese per 24 mesi e affina in vetro in bottiglia per altri 36 mesi. Una materia densa che ruota nel bicchiere e regala penetranti sentori di frutta matura e spezie, cacao e cuoio. Un sapore pieno, austero, con tannini dolci e succosi.

Bell’Aja Bolgheri Doc 2018

La zona de Le Sondraie è a pochi metri del limite settentrionale della zona di Bolgheri, nella parte più costiera e pianeggiante. Un terreno che coniuga la componente sabbiosa, capace di ingentilire Merlot e Cabernet Sauvignon (60% e 40% rispettivamente in questa versione), con una quota limosa. Second wine con profumi di frutti di bosco in confettura in armoniosa fusione con punte speziate, di caffè tostato, tabacco e cuoio e un finale di aromi dolci, di vaniglia. Al palato è morbido, rotondo, ricco ed equilibrato. Affina per 12 mesi in barrique di rovere francese. 

Bell’Aja – Bolgheri Superiore Doc 2018

Merlot (95%), con appena una pennellata di Cabernet Sauvignon, ne fanno un Bolgheri con profilo particolarmente avvolgente e rotondo. Le uve provengono per la quasi totalità dalle vigne più vecchie. Seconda annata mai prodotta, dopo la 2017, figlia di una stagione difficile in vigna, con piogge abbondanti ma anche escursioni termine benefiche per la maturazione fenolica e aromatica. Cornice olfattiva di piccoli frutti a bacca scura, macchia mediterranea, radice di liquirizia, vaniglia, cacao amaro. In bocca è elegante, con una finissima tessitura tannica, aromi retronasali complessi ed evoluti.

Foto di apertura: ingresso del Vitiarium di Cantina San Felice, nato nel 1986 per raccogliere alcune varietà autoctone quasi sparite dal territorio

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© Riproduzione riservata - 31/05/2021

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