In Italia In Italia Alessandro Torcoli

La polemica politica travolge il vino (ultimo aggiornamento)

La polemica politica travolge il vino (ultimo aggiornamento)

Non solo per solidarietà con un gentiluomo del vino, qual è Riccardo Cotarella, ma anche per denunciare l’ennesima forzatura di cui è vittima il Vino, di cui ormai, se si può, si parla male, altrimenti i “grandi mezzi” non ne parlano quasi.

Riportiamo la prima pagina di Libero, noto quotidiano di denuncia (da destra), che, per attaccare un esponente della sinistra, non si fa scrupolo di infangare l’immagine di un apprezzato e stimato enologo italiano di fama internazionale. In breve, secondo il quotidiano, D’Alema avrebbe piantato, nella sua tenuta in provincia di Terni, affidata al tecnico Cotarella “28 file di Marselan e altrettante di Tannat. Ecco si tratta di due varietà proibite sia in provincia di Terni che in quella di Perugia… “.  Inoltre il collega spiega che “Marselan e Tannat servono per rendere il vino imbattibile ma escono dai criteri seguiti dai viticoltori della zona (?). Il Tannat, tra l’altro, è un vitigno autorizzato in pochissime province perché crea colore, struttura senza passare per le varietà italiane (??). La pena è l’estirpazione”.

Lasciamo perdere la validità di questa analisi enologica, perché c’è di peggio: l’autore racconta che il fuorilegge D’Alema si circonda incautamente di personaggi quali Cotarella, “uno tra i tecnici più qualificati e autorevoli sul mercato che propro di recente è inciampato in un incidente spiacevole. Da tempo Cotarella era infatti l’enologo della cantina siciliana Abbazia Santa Anastasia finita nel mirino della magistratutra perché ritenuta in mano a Cosa Nostra”… E poco importa che il collaboratore di Libero si cauteli scrivendo: “Sia chiaro: Cotarella non è né mafioso né fa parte di quei manager della cantina finiti indagati o arrestati perché in odore di mafia”. Ma il suo datore di lavoro, l’ingegner Francesco Lena, titolare della Cantina, “è finito dietro le sbarre con l’accusa di associazione mafiosa”… Conclusione di Libero, che ha dato la massima rilevanza alla notizia in prima pagina: un politico avrebbe dovuto usare più prudenza. Cioè? D’Alema avrebbe dovuto conoscere l’ingegner Lena (e la sua collaborazione con Cotarella) e non affidarsi al suo stesso enologo-consulente? Oppure, appena saputo “dell’incidente”, il politico avrebbe dovuto pubblicamente estirpare sia i vitigni criminosi sia l’enologo poco raccomandabile?

Così si cosparge di un triste fumo non solo il buon giornalismo (ormai appannato da anni), ma adesso anche il buon vino, che fino a ieri era la “punta di eccellenza del made in Italy“, grazie anche a Cotarella e ai suoi colleghi enologi che negli ultimi trent’anni ne hanno elevato la qualità e l’immagine.

AGGIORNAMENTO SERALE

Durante la giornata abbiamo raccolto informazioni di prima mano sulle due questioni fondanti dell’articolo: i vitigni criminali e le cattive frequentazioni dell’enologo.

Prima questione: i vitigni illeciti.

La produzione e commercializzazione (non l’impianto, ndr.) per il consumo, di mosti e vini ottenuti da varietà di uve diverse da quelle ammesse nelle rispettive province dal Registro nazionale è severamente sanzionata ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.Lgs 260/2000 ed il prodotto dev’essere distrutto a spese del produttore. Detta norma nulla dispone a carico di chi impianta barbatelle di varietà non comprese fra quelle riportate nel Registro nazionale, al solo fine di destinare il prodotto a scopi sperimentali, previa comunicazione e sotto vigilanza degli organi competenti (Regione e Ufficio Repressione Frodi del Mipaaf) e, solo al termine della sperimentazione potrà essere richiesto il riconoscimento e l’inserimento della varietà nel citato Registro nazionale. In caso contrario, sempre come previsto dalla legge, le suddette piante dovranno essere sovrainnestate (e non per forza espiantate) con varietà ad oggi consigliate.

Seconda questione: rapporti di Cotarella con Abbazia Santa Anastasia.

Fatti comunque salvi tutti i ragionamenti secondo cui un consulente che lavora con decine di aziende non è tenuto a conoscere eventuali risvolti “oscuri” degli imprenditori con cui collabora, basti dire che Riccardo Cotarella non ha più alcun rapporto di collaborazione con questa azienda da oltre 5 anni.

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© Riproduzione riservata - 21/06/2010

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