Il debutto del Grand Vintage Moët & Chandon 2015
È il millesimo che ha segnato la presa di coscienza del cambiamento climatico per la Maison. Nell’assemblage lo chef de cave Benoît Gouez ha puntato sulla maturità del Pinot noir, che ha conferito sfericità ed eleganza anche alla raffinata versione Rosé. La serie Collection protagonista con le annate 2006 e 1999.
1743, Épernay, Francia. Sono passati precisamente 280 anni dalla fondazione della Maison Moët & Chandon, griffe di primo piano dell’universo LVMH e tra le più celebri e celebrate dello Champagne. Anche grazie a “testimonial” del calibro della Marchesa di Pompadour e del campione di tennis Roger Federer, per citare solo due nomi.
Una visione che fotografa l’annata
Accanto all’iconico Moët Impérial, che simboleggia lo stile classico della Maison, va ricordato il Grand Vintage, emblema dell’unicità di ciascuna vendemmia (la produzione avviene solo nelle annate top).
«Ogni millesimo rappresenta la mia personale interpretazione di una specifica annata e, come tale, è unico», ha spiegato lo storico chef de cave Benoît Gouez durante la presentazione milanese del Grand Vintage 2015, anche in versione Rosé; entrambe al loro debutto assoluto fuori dai confini nazionali.
«Grand Vintage è l’occasione per scoprire l’originalità di una particolare vendemmia: non è un “riassunto” di quell’anno, quanto piuttosto la mia visione di ciò che ha rappresentato. Come un fotografo che inquadra uno scatto, seleziono i vini che comporranno l’assemblaggio finale. È come lavorare con i negativi fotografici: puoi intravederne forme e contorni; puoi essere sicuro del risultato finale, ma non potrai esserne certo finché non avrai sviluppato la foto».
L’andamento climatico del 2015
Per Benoît Gouez il 2015 può essere definito come «un anno di risveglio e consapevolezza» rispetto al cambiamento climatico: all’aumento delle temperature e al suo impatto sulla regione vinicola nel complesso. «Grand Vintage 2015 è uno Champagne di contemplazione, segna l’inizio di un nuovo giorno».
Dal punto di vista climatico, si è registrata una siccità senza precedenti da marzo ad agosto (simile a quella del 2022) che ha minacciato la quantità di azoto presente nel terreno e dunque negli acini, soprattutto di Chardonnay, impedendo in alcuni casi di esprimere tutto il potenziale aromatico dell’uva. A pochi giorni dall’inizio della vendemmia, forti acquazzoni si sono abbattuti sui vigneti, senza però compromettere la maturità e la concentrazione delle uve. «In particolare le varietà a bacca rossa si sono rivelate eccezionali: il Meunier era splendido e il Pinot noir ha rivelato una maturità sorprendente, con un naso potente, fruttato e un finale corposo».
Uno sguardo ai valore dell’acidità
«Con 6,9 g di acido solforico e un pH medio di 3,09, l’acidità è risultata al di sotto della media decennale; questo dato non ha comunque destato preoccupazione, visto che il valore era vicino a quelli del 2005 e del 2006», ha sottolineato lo chef de cave. «Anche nel 1999 e 2003 si sono riscontrati livelli di acidità più bassi, a fronte di annate generose ed eccezionali. Le vinificazioni hanno assicurato vini base interessanti e pieni di carattere. La freschezza aromatica del Meunier e del Pinot noir è stata preservata: entrambi hanno dimostrato una struttura favorevole all’invecchiamento». La decisione è stata quindi quella di prediligere il Pinot nero nell’assemblaggio che ha raggiunto il 44%; solo nel 2009 e nel 1996 si era arrivati a percentuali così elevate.
Le note di degustazione del Grand Vintage 2015
44% Pinot noir, 32% Chardonnay, 24% Meunier. Sei anni sui lieviti, dosaggio 5 g/l. Colore giallo limone con riflessi dorati. Perlage finissimo e cremoso. Il profilo olfattivo si mostra inizialmente timido, per poi aprirsi a cominciare dalle note floreali e fruttate di gelsomino, fiori di sambuco, pesca bianca, rosmarino e anice stellato. Si arriva così a dolci ricordi di pasticceria, pasta di mandorle e brioche appena sfornate. Il palato è avvolgente, sferico, generoso nella struttura e sofisticato nel suo articolarsi. “Un millesimo baciato dal sole”, con un finale piacevolmente “appuntito” e sapido, caratterizzato da una nota amaricante che richiama il pompelmo e la mandorla.
Il Grand Vintage Rosé 2015 alla prova del calice
52% Pinot noir, 27% Chardonnay, 21% Meunier. Sei anni sui lieviti, dosaggio 5 g/l. Ancora più coinvolgente l’assaggio della versione Rosé, che si svela con il suo colore rosa sfumato verso il granato e una fitta trama di bollicine che ne esaltano la luminosità. Bouquet intrigante e raffinato di ribes nero, ciliegia, lampone, fragoline di bosco, prugne e fico fresco. Poi una speziatura che vira verso la macchia mediterranea. In bocca la potenza è in equilibrio con l’eleganza e una freschezza vibrante. La sfida (vinta) dello chef de cave è stata quella di lavorare sull’estrazione, evitando di caricare la struttura del millesimo, che mantiene così tutta la sua leggiadra raffinatezza.
Cena firmata dagli chef vincitori del Premio Tradizione Futura
Nel corso della serata di lancio del millesimo 2015, la stampa milanese ha avuto l’occasione di degustare anche due Grand Vintage Collection: l’annata 2006 e la 1999. In abbinamento agli Champagne, i piatti realizzati da quattro dei dieci chef vincitori del Premio Tradizione Futura, frutto della collaborazione tra Moët & Chandon e Gambero Rosso. Inaugurato con l’edizione 2022 della Guida Ristoranti d’Italia, il riconoscimento viene assegnato ad un gruppo di giovani leve della cucina nazionale “che con la loro attività contribuendo a scrivere un nuovo capitolo della cultura gastronomica italiana”.
Per interpretate le caratteristiche dei Grand Vintage e Grand Vintage Collection sono stati selezionati gli chef Andrea Leali di Casa Leali a Puegnago (Brescia), Maria Carta di Is Femminas a Cagliari (vincitori della prima edizione); Nico Mastroianni dell’enoteca Il Santo Bevitore di Cassino (Frosinone) e Xin Ge Liu de Il Gusto di Xinge di Firenze (premiati lo scorso ottobre).
I Grand Vintage Collection 2006 e 1999
Tornando agli Champagne, Il Grand Vintage Colletion 2006 (42% Pinot noir, 39% Chardonnay, 19% Meunier) ha colpito per la grande maturità, inevitabilmente legata anche alla permanenza di ben 15 anni sui lieviti. Colore oro brillante e perlage cremoso. Al naso richiami fruttati di pesca e mango, ma anche limone candito e note tostate di tabacco biondo, miele e liquirizia. Il corpo rotondo e concentrato, ma ancora dritto e scattante. Di estrema precisione aromatica, embra molto più giovane della sua età.
Stoffa da fuoriclasse anche per il Grand Vintage Colletion 1999 (38% Pinot noir, 31% Chardonnay, 31% Meunier), che è rimasto 21 anni a riposare sui lieviti nel buio delle caves aziendali. Calore e dolcezza con sentori di moka, nocciola, pane tostato, pietra focaia. Strutturato ed etereo al tempo stesso, di stupefacente vitalità al palato. Uno Champagne decisamente goloso.
Foto di apertura: le quattro botiglie degustate nel corso della presentazione milanese dei Grand Vintage Moët & Chandon © G. Mantovani
Tag: Benoît Gouez, Grand Vintage 2015, Moët & Chandon© Riproduzione riservata - 14/02/2023