Nata nel 2015, l’Italian Grape Ale è uno “stile non stile” che identifica la produzione artigianale nazionale. È prevista l’aggiunta di acini, mosto o sapa. Moscato bianco, Sangiovese e Nebbiolo le varietà più usate.
Nel 2019 il dizionario Treccani ha inserito l’espressione Italian Grape Ale tra i neologismi dell’anno, con questa definizione: “birra ad alta fermentazione contenente anche una percentuale di uva, mosto o mosto cotto (sapa)”.
Se anche una prestigiosa istituzione linguistica registra l’espressione tra quelle accettate, significa che siamo di fronte a qualcosa di impossibile da non considerare come uno dei risultati più significativi che la birra artigianale italiana abbia registrato nella sua (breve) storia.
Questo “stile non stile” nasce ufficialmente nel 2015, quando l’ente americano BJCP (Beer Judge Certification Program) inserisce le Italian Grape Ale nell’appendice B (Local styles) assieme ad altre due nuove categorie dell’Argentina. Da quel momento il mondo brassicolo internazionale ha capito che i birrai italiani avevano creato una tipologia molto interessante, con sviluppi la cui portata non è probabilmente ancora chiara a nessuno.
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