Belgian Tripel, potenza e bevibilità
Lo stile, nato nel monastero trappista di Westmalle, ha fatto scuola nel mondo. Solo malti chiari e una significativa aggiunta di zucchero per birre robuste ma non pesanti, morbide e dal gusto piacevolmente amaro.
Nell’abbazia di Westmalle, in Belgio, la sveglia suona alle 3,45 del mattino, la prima orazione infatti è alle 4.00. La regola trappista prevede che la giornata sia divisa in tre parti uguali: otto ore sono dedicate alla preghiera, otto al lavoro e infine otto al riposo. I frati vivono in maniera frugale, non sono autorizzati né ad uscire dal monastero né a ricevere visite. Il loro sostentamento deve derivare da un’attività umile, come l’agricoltura, l’allevamento e la produzione di formaggio. A queste latitudini – non siamo lontani da Anversa – la birra è sempre stata una bevanda assai diffusa, non stupisce quindi che molti dei monasteri trappisti impegnati nella produzione siano distribuiti tra Fiandre e Vallonia.
Origini e nome
A Westmalle le prime attività brassicole risalgono al 1836 e per un lungo periodo sono state rivolte al consumo interno. Nel 1856 viene per la prima volta venduta all’esterno una birra scura, forse simile all’attuale Dubbel. Bisogna aspettare il 1934 per vedere nascere la Tripel, di innocente colore chiaro, ma di gradazione alcolica maggiore (9,5% abv). La ricetta viene sviluppata da frate Thomas, aiutato dal laico Verlinden che, già nel 1931, produceva una forte ale chiara presso il birrificio De Drie Linden di Brasschaat, a una quindicina di chilometri dall’abbazia.
Sull’origine del nome Tripel ci sono alcune ipotesi, nessuna così convincente per chi scrive.
La più accreditata vorrebbe che i frati producessero tre tipi di birra di gradazione alcolica decrescente.
Il lavaggio delle trebbie, oggi tecnica diffusa a livello mondiale, è piuttosto recente e fino al Settecento era comune riutilizzare quelle del primo ammostamento per un secondo e per un terzo. Ne derivavano mosti di concentrazione via via minore, che davano origine a birre diverse.
La prima estrazione, molto zuccherina, si utilizzava per la Prima melior, il successivo ammostamento generava la Secunda e l’ultima lavorazione la Tertia. La prima era offerta agli ospiti importanti quali nobili e prelati, la seconda era destinata al consumo interno del monastero, la terza serviva per i pellegrini e i mendicanti. Le tre birre erano contraddistinte dalle croci sulle botti: XXX per la prima, XX per la seconda, X per la terza. Da questa usanza deriverebbero i nomi Tripel, Dubbel ed Extra (o Enkel).
Quale che sia l’origine storica del nome, non c’è dubbio che la Westmalle Tripel sia un’etichetta iconica, che ha influenzato profondamente l’evoluzione della birra belga e mondiale. Oggi moltissime etichette sono prodotte con quella ispirazione.
È una birra costruita soltanto con malti chiari e una significativa aggiunta di zucchero candito, che eleva la densità del mosto (e il grado alcolico finale), senza “appesantire” troppo la struttura. Gli zuccheri semplici sono completamente fermentati dal lievito e quindi l’aggiunta di zucchero è una prassi comune in Belgio, dove si vogliono produrre birre sì molto alcoliche, ma di buona scorrevolezza.
Come raggiungere l’attenuazione
Per raggiungere l’obiettivo, si scelgono ceppi di lievito molto attenuanti.
L’attenuazione è un concetto fondamentale, nell’equilibrio della birra. Dipende in parte dal lievito e in parte dall’ammostamento, fase fondamentale nella produzione del mosto.
Si macina il malto d’orzo e lo si miscela con acqua, quindi si riscalda lentamente, sfruttando le attività degli enzimi, contenuti naturalmente nel chicco del cereale. Le β-amilasi (beta-amilasi) lavorano in un range di temperatura ottimale compreso tra 55-65 °C e scindono gli amidi in zuccheri semplici, che saranno completamente fermentati dal lievito. Le α-amilasi (alfa-amilasi) sono maggiormente attive tra 65-75 °C e producono destrine, zuccheri più complessi che non verranno trasformati dal lievito. L’attenuazione è la percentuale di zuccheri trasformata in alcol durante la fermentazione.
Più l’attenuazione è alta più la birra è secca, asciutta, facile da bere; più è bassa più sarà dolce, morbida, avvolgente. Il segreto delle Tripel sta soprattutto in attenuazioni molto alte, accompagnate da un grado d’amaro importante (decisamente superiore rispetto allo standard classico belga) e da una frizzantezza piuttosto spinta, a garanzia di pericolosissima semplicità di sorso.
Le Tripel sono così. Grande intensità olfattiva, palato pieno, morbido, glicerico, ma secche, con un amaro ben calibrato e un finale ordinato e lunghissimo.
La nostra selezione
Westmalle
Tripel (9,5% abv)
La madre di tutte le Tripel, imitata nel mondo. Complessa al naso, con aromi fruttati di banana matura, accenni speziati (pepe, fenolico) e una piacevole nota erbacea, di luppolo. La bocca è morbida, cremosa, con un perfetto equilibrio su un amaro finale caratteriale (36 ibu) e perfettamente bilanciato. Il birrificio dichiara un’attenuazione dell’84%.
Carrobiolo
Tripel (9% abv)
Si scende di qualche decimo di alcol, ma si sale con l’attenuazione, attestata intorno all’86%. Il lievito utilizzato è recuperato da un famoso (ma per nulla monastico) birrificio belga e anche i luppoli sono originali (saaz e hercules) per un amaro che arriva a 39 ibu. Potente, ricca, intensa ma bilanciata e decisamente pericolosa.
Extraomnes
Tripel (8,6% abv)
Dal birrificio più “belga” d’Italia (appesa al muro della sala cottura c’è la bandiera delle Fiandre), una versione un pelo meno alcolica, ma slanciata, quasi tagliente, come da marchio di fabbrica Extraomnes. L’attenuazione sale al 90% e solo la morbidezza glicerica è in grado di contrastare il finale secco, asciutto e lunghissimo.
Foto di apertura: nell’Abbazia trappista di Westmalle, non lontano da Anversa, si produce la madre di tutte le Tripel
Tag: Carrobiolo, Extraomes, monaci trappisti, Tripel, Westmalle© Riproduzione riservata - 19/05/2024