Il produttore del Collio sloveno (Brda) e l’agronomo friulano hanno mostrato che il grande vino si fa in vigna, come si suol dire. E che si possono monitorare e anche influenzare parametri fondamentali per ottenere prodotti dallo stile ben definito.
«Abbiamo le prove scientifiche che il vino si fa in vigna». Con questa battuta il giornalista Giuseppe Carrus ha aperto il 9 maggio la degustazione dei cru di Marjan Simčič – nel Collio sloveno – accompagnata dagli approfondimenti dell’agronomo Giovanni Bigot. In effetti ormai l’attenzione dei cercatori di alta qualità, e la curiosità degli appassionati, si sta spostando dalla cantina al vigneto, proprio perché si è compresa la sua centralità nell’espressione di un vino d’eccellenza, ovvero di terroir.
Paradossalmente, però, se l’enologia per definizione, come scienza, ha sempre cercato le sue relazioni di causa-effetto, in modo da ottenere i risultati stilistici ed espressivi perseguiti dal produttore, l’agronomia si è storicamente concentrata più sulla produzione del frutto, l’uva, che sulla sua trasformazione e quindi sulla correlazione con l’espressione del vino. Sentiamo spesso affermare che “non ci sono prove” della relazione tra minerali, composizione del suolo e vino. Oppure tra un ecosistema, comprese le altre colture presenti, e il vino che nel calice sembra riproporle, come capita ad esempio quando le vigne sono circondate da ciliegi o eucalipti.