In Italia In Italia Luca Casadei

Cosa succede nelle terre del Verdicchio

Cosa succede nelle terre del Verdicchio

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è il simbolo del rinascimento enologico marchigiano. A breve si attende una modifica importante nel disciplinare. Altre novità riguarderanno la Docg Conero e l’introduzione di una certificazione unica di sostenibilità.

Svetta tra i vini più premiati dalle guide di settore italiane ed estere. Può contare su una nutrita schiera di interpreti di ottimo livello. E a breve beneficerà di una modifica del disciplinare di produzione destinata a innalzarne il valore di mercato. È il Verdicchio dei Castelli di Jesi, icona del rinascimento enologico marchigiano. Un vino attorno a cui si giocano il presente e il futuro di un’intera regione, dove pur non mancano altri buoni motivi – e calici – per brindare. Le ottime performance del cugino di Matelica, la scommessa del Ribona, la grande sfida dell’enoturismo, la sostenibilità come metodo produttivo per far breccia sui mercati internazionali. Il nord delle Marche è più vivo che mai e dopo anni d’ascesa punta a consacrarsi definitivamente tra i terroir di maggior appeal.

I numeri del maxi consorzio di riferimento

Con 16 denominazioni di origine (4 Docg e 12 Doc) rappresentate su un totale di 20, l’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) conta oggi 519 aziende associate distribuite nelle province di Ancona, Macerata e Pesaro Urbino. Incide per il 45% sull’intera superficie vitata regionale e rappresenta l’89% dell’imbottigliato della zona di riferimento e oltre il 70% delle esportazioni di vino delle Marche. Sono quasi 230.000 gli ettolitri in bottiglia nel 2022 delle denominazioni tutelate da Imt. A fare la parte del leone è il Verdicchio dei Castelli di Jesi con oltre 166.000 ettolitri; a seguire il Verdicchio di Matelica ha superato i 17.000.

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© Riproduzione riservata - 26/09/2023

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