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Il Lagarino eccelle come spumante

27 Dicembre 2018 Roger Sesto

Il Lagarino è una varietà tipicamente trentina. Grazie alla sua grande resistenza ai climi rigidi e, quindi, a zone viticole marginali anche oltre i 1000 metri ha goduto in passato di grande successo, con produzioni dedite soprattutto all’autoconsumo. Suo vero territorio d’elezione è la val di Cembra, verso la valle di Fiemme e le Dolomiti di Fassa.

Dotato di un grosso grappolo e di acini voluminosi di colore verde-giallo, ha un ciclo vegetativo molto anticipato, una grande produttività e un’alta resa di uva in mosto. Il tutto, per un vino fragrante, acidulo e spigoloso, dissetante, per certi versi d’altri tempi, quando si beveva prima di tutto per alimentarsi.

 

Grappoli di Lagarino

Il Metodo Classico sperimentale di Nicolodi

Oggi uno dei suoi principali interpreti è Alfio Nicolodi di Cembra, che ormai diversi anni fa, dopo innumerevoli sperimentazioni, intuendone il potenziale in termini di acidità, contenuto calore alcolico, gradevoli note agrumate, ebbe l’intuizione di utilizzarlo come base spumante per la produzione del suo Metodo Classico Brut Cimbrus.

 

Alfio Nicolodi tra le sue vigne di Lagarino

 

Come nasce il Cimbrus

«La vendemmia ha luogo a fine settembre. Segue poi», spiega Nicolodi, «una fermentazione alcolica spontanea a 16-18 °C. La maturazione continua così fino a giugno, per poi passare alla presa di spuma. Le bottiglie, coricate sottoterra a temperatura e umidità costanti, dopo una lenta, semestrale rifermentazione, sostano in catasta per 5-6 anni sui propri lieviti. Successivamente si opera la sboccatura, dopo la quale le bollicine restano in cantina per altri 6 mesi, prima della commercializzazione».

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