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Mormora, le bollicine in fondo al mare di Paolo Leo

27 Agosto 2024 Matteo Forlì
Mormora, le bollicine in fondo al mare di Paolo Leo
Le bottiglie di Mormora sono rimaste per 12 mesi a 33 metri di profondità

Siamo stati in visita alla cantina di San Donaci per assaggiare in anteprima il primo spumante affinato in mare in Puglia. Un Metodo classico che punta su originalità ed ecosostenibilità della produzione

Incrostata da alghe e conchiglie e striata dalla salsedine, sembra una di quelle bottiglie recuperate dal relitto di un galeone spagnolo affondato nel Mediterraneo. Mormora – il nome è un omaggio a un pesce tipico dai mari del Salento – è lo spumante “sottomarino” della cantina salentina Paolo Leo: un Metodo Classico Pas Dosé ottenuto da due varietà autoctone, il Verdeca e il Maresco, e affinato nelle acque al largo di Porto Cesareo.

1011 bottiglie affinate in fondo al mare

Un progetto inedito in Puglia che l’azienda, da anni un riferimento del territorio, ha sognato nel 2018 e messo in pratica nel 2023, quando ha calato i primi esemplari nei fondali della riserva marina e li ha seguiti per mesi con test e continui controlli di qualità, prima di presentarli allo scorso Vinitaly. Durante la nostra visita alle cantine dell’azienda, siamo stati tra i primi a mettere le labbra su una delle 1011 bottiglie che fanno parte dell’iniziale lotto di produzione, ancora non in vendita. Un assaggio che racconta le virtù di un metodo poco diffuso – si contano sulle dita di una mano le cantine che in Italia hanno scelto il fondo di un lago o di un litorale per mettere a riposo le loro bollicine, e all’estero sono poche di più – ma che offre numerosi vantaggi, garantisce un’indubbia qualità finale e riserva anche qualche sorpresa al naso e al palato.

Un punto di riferimento per il territorio

Paolo Leo è la diretta emanazione della passione dell’omonimo fondatore, che assieme alla moglie Roberta, e ai quattro figli, Nicola, Stefano, Alessandro e Francesco ne ha fatto negli anni un polo di riferimento del vino salentino. Il cuore storico è a San Donaci, a sud di Brindisi, nel Parco del Negroamaro, dove affondano le radici della famiglia Leo da 5 generazioni. Qui nascono i vini simbolo della cantina, come l’iconico Orfeo, Negroamaro Puglia Igt, il Fiore di Vigna, Primitivo Salento Igt (il primo imbottigliato nel 1999) e il Passo del Cardinale, Primitivo di Manduria Doc.
L’azienda agricola di proprietà, che oggi comprende 70 ettari, un’antica masseria del 1500 circondata da vigne ma anche un moderno centro di produzione da 17 mila mq dove si producono 2 milioni di bottiglie l’anno, è stata costruita pezzo per pezzo negli anni. Una collezione di vigne e mattoni, ci racconta Paolo in persona, «iniziata coi soldi degli invitati al mio matrimonio nel 1984, ai quali chiesi di partecipare al mio sogno». Il progetto più recente, completato nel 2022, è la cantina di Monteparano, nella denominazione del Primitivo di Manduria, frutto del recupero della sede della storica cantina sociale della città. La produzione è basata su lunghi rapporti di fiducia con i viticoltori locali, piccoli proprietari che aderiscono al “progetto qualità”, e raggiunge i 3 milioni di bottiglie.

Valore alle varietà autoctone

La sensibilità verso il territorio, le persone che lo lavorano e la sua identità espressa attraverso le varietà autoctone hanno dato vita a progetti come quello battezzato “Alture”, un’iniziativa di enologia sociale nata nel 2025 con lo scopo di riesumare la morente denominazione Locorotondo Doc, abbandonata dopo il fallimento della Cantina sociale, e dare nuovo impulso alla viticoltura della Valle d’Itria. Le uve locali, Minutolo, Bianco di Alessano e Verdeca, sono vinificate in purezza con la consulenza di Lino Carparelli, già enologo della Cantina di Locorotondo e vero e proprio riferimento per tutto il territorio. E invece di acquisire la proprietà dei vigneti, l’azienda ha scelto di remunerare il lavoro di sei viticoltori che erano rimasti senza impiego e senza clienti.

Un anno a 30 metri di profondità

Per tornare all’ultima idea di casa Paolo Leo, anche le bollicine di Mormora prendono vita da due varietà autoctone da riscoprire.
«Nel blend ci sono la Verdeca e una percentuale di circa il 20% di Maresco, un’uva del territorio che sta sparendo e che è dotata di grande contenuto acido», dice Nicola Leo, figlio di Paolo e dal 2009 enologo della Cantina. «L’idea di affinarlo in fondo al mare è nata per due motivi: il desiderio di fare un prodotto unico e la missione di essere ecosostenibili. Noi siamo un’azienda green (Paolo Leo è azienda certificata Equalitas, nda) e cerchiamo il più possibile di sfruttare la natura nell’accompagnamento del processo produttivo. In questo caso ci avvaliamo delle temperature e delle correnti marine per l’affinamento delle bollicine».
Le bottiglie sono state consegnate al mare nel giugno 2023 e lì sono rimaste per 12 mesi a 33 metri di profondità, riparate dalla luce e cullate dai sussulti delle correnti. «Il movimento delle maree innesca un remuage naturale e costante dei lieviti e il fondale marino agisce come frigorifero, che mantiene 12/14 gradi sia d’inverno che d’estate, limitando i consumi energetici e abbattendo le emissioni di Co2», prosegue Nicola.

Degustazione comparata

Per apprezzare la differenza espressiva della pratica sottomarina, Mormora è stato oggetto di una degustazione comparata in anteprima e alla cieca col fratello “terrestre”, in tutto e per tutto identico, ma affinato tradizionalmente in cantina.
Lo spumante sottomarino vince il confronto sull’armonia complessiva, risultando più compiuto e peculiare. Regala impressioni olfattive floreali e agrumate, sposa note di frutta tropicale a suggestioni iodate, rimanda a sensazioni salmastre. Soprattutto, rispetto alla versione tradizionale, ha un sorso più rotondo, maggiore complessità, una bolla più cremosa e una dimensione gustativa più matura, «anche perché», conclude Nicola Leo, «il processo di affinamento in mare sembra accelerare l’evoluzione dello spumante».

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