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Rancia e Fontalloro, 40 vendemmie nel segno del Sangiovese

Rancia e Fontalloro, 40 vendemmie nel segno del Sangiovese

Nel 1983 a Fèlsina nascono due Sangiovese destinati a diventare i vini bandiera dell’azienda: Rancia e Fontalloro. A quarant’anni di distanza dalla prima vendemmia, li assaggiamo in una mini verticale (2019-2015-2009) che regala profondità temporale al confronto tra due “gemelli diversi”.

Il ruolo di protagonista che il Sangiovese gioca a Fèlsina ha a che fare con l’origine riminese dei Poggiali, famiglia che nel 1966 acquista il podere toscano con l’obiettivo di farne una delle aziende vinicole più rappresentative del territorio. È Giovanni Poggiali, ultima generazione alla guida di Fèlsina, nonché primo in famiglia a occuparsi esclusivamente della produzione di vino, a raccontarci la scelta originaria di vinificare in purezza il vitigno, come tradizionalmente accade in Romagna. Una decisione controcorrente rispetto al modello storico del Chianti – la famosa “formula” ottocentesca del Barone Ricasoli, dove il Sangiovese si integra con 20% di Canaiolo e 10% di Malvasia – che pone Fèlsina tra i precursori di questa filosofia.

Con Franco Bernabei si avvia la selezione massale

Per valorizzare la varietà principe del territorio, nel 1983 prende il via un importante lavoro di selezione massale con l’enologo Franco Bernabei. L’obiettivo è conservare il patrimonio clonale del Sangiovese, che occupa il 90% dei vigneti di proprietà (nel resto si alternano Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Pinot nero). Nei 45 ettari vitati aziendali vengono individuati circa 40 genotipi sugli oltre 100 esistenti, successivamente propagati nei nuovi impianti. Lo stesso anno nascono i due vini bandiera di Fèlsina, Rancia e Fontalloro. Un Chianti Classico Riserva Docg e un rosso Toscana Igt, entrambi 100% Sangiovese.

Giovanni Poggiali, titolare di Fèlsina, racconta l'evoluzione di Rancia e Fontalloro
Giovanni Poggiali, titolare di Fèlsina, racconta l’evoluzione di Rancia e Fontalloro

Rancia e Fontalloro, gemelli diversi

«Il Sangiovese è un enorme trasferitore di quel che c’è nel suolo», spiega Giovanni Poggiali, che dagli anni Novanta porta avanti il percorso di ricerca qualitativa inaugurato dal nonno Domenico con il padre Giuseppe. Gemelli per vinificazione e filosofia, eppure così diversi al calice: Rancia e Fontalloro sono esempi della varietà territoriale che caratterizza i colli della Berardenga. “La campagna più classica del Chianti” secondo il Dizionario geografico fisico storico della Toscana di Emanuele Repetti (1833). Un’area anticamente cruciale per gli equilibri di potere, nonché teatro di numerosi conflitti bellici, tanto da essere ritratta da Ambrogio Lorenzetti nell’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo al Palazzo Pubblico di Siena (1338-1339).

Una terra di confine tra Chianti Classico e Crete senesi

A livello pedoclimatico, la Berardenga insiste sul confine tra i terreni di galestro e albese del Chianti Classico sudorientale e le Crete senesi, ricche di argilla e minerali. La zona gode di particolare luminosità e ventilazione, elementi favorevoli alla maturazione ottimale delle uve. Rancia è frutto di un singolo vigneto circondato dai boschi a 400-420 m slm, su suoli calcarei con presenza di argille rosse. L’ultima collina del Chianti Classico prima dei Colli senesi. Le uve del Fontalloro provengono invece da tre vigne, Poggio al Sole (o Fontalloro) nel Chianti Classico, Arcidossino e Casalino esterni alla denominazione, con terreni più sabbiosi di origine marina e argille blu. I filari a 330-407 m slm sono esposti principalmente a sud-ovest.

Stesse scelte in cantina

Le procedure di vinificazione e affinamento di Rancia e Fontalloro sono quasi identiche. Dopo la selezione e raccolta manuale delle uve, la fermentazione per entrambi avviene in vasche d’acciaio con sistema di rimontaggio e follatura (ultimamente preferite ai rimontaggi); a seconda dell’annata si effettua anche il délestage. L’affinamento si svolge per 18-20 mesi in barrique per il 25-30% di primo passaggio, con una leggera percentuale maggiore di legno nuovo nel Fontalloro rispetto al Rancia. Il risultato nel calice generalmente esprime maggiore verticalità nel Rancia, mentre Fontalloro risulta più ampio e strutturato.

2019-2015-2009: Rancia e Fontalloro a confronto

Assaggiando la 2019, annata molto produttiva e di grande qualità, troviamo Rancia più espressivo e godibile, con rimandi speziati e floreali, cenni di grafite, una bella agilità di beva. Fontalloro ancora un po’ chiuso e imperscrutabile, si riconosce nell’ampiezza dei tannini più che nella struttura. Procedendo a ritroso nel tempo, constatiamo come le grandi escursioni termiche dell’annata 2015 abbiano favorito la fragranza degli aromi e maggiore lunghezza nei due vini. In particolare Fontalloro, che spicca per struttura e freschezza accanto a un Rancia più maturo. Così come rotondo e molto evoluto è il Chianti Classico Riserva 2009, mentre il Toscana Igt della stessa annata sfoggia un intrigante profilo balsamico, dimostrando maggiore longevità. «La 2009 e la 2019 si assomigliano per certi versi. Anche la 2009 non era così espressiva in gioventù», commenta Poggiali. «A distanza di dieci anni, ci mostra dove il vino può arrivare con l’affinamento in bottiglia».

A proposito di Sangiovese: scopri la monografia del numero 3/2023 di Civiltà del bere

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© Riproduzione riservata - 30/10/2023

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