Alla manifestazione Vini ad arte, giunta alla ventesima edizione, il Consorzio presenta la nuova mappa geo-viticola firmata da Alessandro Masnaghetti. Uno strumento per orientarsi nel dedalo geologico del territorio e comunicare le specificità espressive delle sottozone di produzione. La masterclass dedicata a Modigliana
Attribuire una nuova dimensione al Sangiovese di Romagna. Ormai da qualche anno è questa una delle missioni principali a cui sta lavorando il Consorzio Vini di Romagna. Il percorso, partito con l’individuazione e il battesimo delle 16 sottozone di produzione (introdotte nel 2011 e successivamente integrate nel 2019), oggi trova compimento con la nuova carta topografica firmata da Alessandro Masnaghetti, uno strumento per orientarsi nel dedalo geologico del territorio e distinguere il legame tra i vini e le loro origini. La luminosità del sentiero imboccato è testimoniata dai picchi qualitativi raggiunti negli assaggi dei Sangiovese Sottozone, i “cru” che oggi versano nel calice una qualità sconosciuta fino a qualche decennio fa e mostrano sempre meno rughe col passare del tempo in bottiglia.

La nuova mappa, uno strumento di comunicazione
«Le nuove mappe, frutto di un lavoro iniziato nei primi anni 2000, sono un gioiello di comunicazione, che aiuta a rendere immediatamente comprensibili aspetti complessi legati alla diversità dei suoli», ha commentato il presidente del Consorzio Vini di Romagna, Roberto Monti, durante Vini ad Arte a Faenza, manifestazione nata nel 2005 (quest’anno ricorre il ventennale) come momento di confronto sull’identità enoica della regione e diventata l’evento istituzionale di riferimento per il movimento del vino romagnolo. «Le carte decodificano la complessità della denominazione e dei suoi territori, che si estendono da Rimini fino alle porte di Bologna, con differenziazioni notevoli da una vallata all’altra».
Oltre 12 mila ettari a Sangiovese
La Romagna conta circa 28 mila ettari vitati e le sue sottozone sono disegnate in linea perpendicolare rispetto alla via Emilia, percorso storico costruito oltre duemila anni fa e ideale limite settentrionale della denominazione. Dai 12.500 ettari coltivati a Sangiovese, sono state prodotte 9 milioni di bottiglie di Romagna Sangiovese Doc sia nel 2024 che nel 2023, appena 518.933 invece di Romagna Sangiovese Doc Sottozona. I caratteri geologici, climatici e pedologici della regione sono il punto di partenza del nuovo lavoro di Masnaghetti, che risulta una fotografia chiara del territorio ma al tempo stesso un compendio essenziale per la viticoltura, grazie alla distinzione dei tratti capaci di influenzare in maniera netta e riscontrabile il carattere delle uve.
Un affresco di peculiarità geologiche e viticole
«La bisettrice fondamentale per comprendere il territorio viticolo romagnolo è la vena di gesso che attraversa la denominazione da nord-ovest a sud-est», spiega Masnaghetti.
I corsi d’acqua che scorrono dagli Appennini all’Adriatico creano il reticolo di valli perpendicolari a questa linea, arricchendo il panorama dei suoli e marcando differenti altitudini per la viticoltura: il 98% delle vigne si trova tra i 25 e 400 metri, solo il 14% è sopra i 200 e l’altitudine massima a cui si trova una vite è di 835 metri. La vena di gesso marca l’ideale confine tra le aree più densamente vitate (al di sopra della linea, verso la costa) e quelle meno coltivate (ma con una qualità più alta), ma soprattutto segna la direzione verso cui sono orientate le differenti sfumature geologiche. Più prossime al mare si trovano formazioni mediterranee, fondi alluvionali e terreni argillosi. Spostandosi verso le alture preappenniniche sono presenti formazioni marine e fondi sedimentari simili alle celebri sabbie di Asti o a quelle della parte meridionale del Chianti. Iniziano poi le zone dei calanchi (formazioni erosive), delle argille blu (simili a quelle del Roero e delle crete senesi chiantigiane) e delle cosiddette “formazioni a colombacci” (caratterizzate da vene bianche di gesso che ricordano il colore delle ali dei volatili). «Terreni tanto diversi quanto invece equivalenti da un punto di vista enologico», commenta il cartografo. Tipici della parte più prossima alla dorsale appenninica sono invece le formazioni marnoso-arenacee. E al panorama si sommano specificità come le argille evolute del predappiese, il calcare (il cosiddetto “spungone”) a Bertinoro, le arenarie a Brisighella, i gessi di Riolo e Casola Valsenio, o i terreni tufacei di Predappio Alta. Insomma, l’opera cartografica è un affresco contemporaneo, dettagliato ed evoluto del territorio che mette in luce peculiarità geologiche, morfologiche e viticole delle sottozone del Romagna Sangiovese.
Modigliana, esempio di identità produttiva
Esempio di specificità espressiva – cui il Consorzio ha scelto di dedicare il focus di una masterclass – Modigliana è certamente una delle sottozone più vocate per il Sangiovese di Romagna. L’area, con una storia che risale a un antico accampamento romano (Castrum Mutilum citato da Tito Livio), è il punto di incontro delle tre valli di Ibola, Tramazzo e Acerreta (che segnano anche specificità viticole distinte). È caratterizzata dalla presenza di arenaria e da una coltivazione a elevate altitudini, tra i 350 e i 550 metri. Una sottozona con un’identità molto forte, ancor più marcata dall’uniformità di visione dei suoi produttori, e da vini – gli assaggi lo confermano – capaci di coniugare struttura a doti di grande freschezza, sapidità e mineralità. E che, più in generale, i cru di Sangiovese di Romagna siano pronti a ritagliarsi un posto più prestigioso nel panorama nazionale è confermato dalla qualità degli assaggi di vecchie annate (a partire dal… 1985!). Vini che in taluni casi riescono a scardinare l’arrugginita idea di espressioni effimere, e che anzi oggi rappresentano un simbolo di rivalsa per i produttori vinicoli, duramente colpiti dalle conseguenze dell’alluvione del 2023.
La degustazione

Pian di Stantino – Pian, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2023
Da uve nella valle di Tramazzo su suoli calcarei e arenarie in una parcella di un ettaro (4 mila bottiglie l’anno) a 450 metri di altitudine. Fermentazioni spontanee in acciaio e 80-90 giorni di macerazione sulle bucce. Sangiovese dallo stile contemporaneo, con rimandi di erbe aromatiche, un tannino smussato e una vivace tensione gustativa.
Il Teatro – Atto Secondo, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2023
Vino “pop” di ingresso della cantina che non manca comunque di esprimere l’eleganza del terroir della Valle di Ibola. Le uve vengono da parcelle differenti da quelle comunemente usate e scelte tra quelle risparmiate dalla tragica alluvione del 2023. Ha finezza aromatica e un bell’equilibrio di beva, con una parte fruttata in evidenza.
La Casetta dei Frati – FraMonte, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2022
Da un vigneto sulla sommità della collina che separa la valle di Tramazzo e quella di Acereta a 300-400 metri di altitudine. Spezie e una nota verde elegante lasciano spazio a un assaggio succoso, con la parte fruttata in evidenza. Il sorso è marcato anche da una distinta sapidità e da un tratto minerale distinguibile.
Villa Papiano – Vigna Beccaccia, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2021
Single vineyard con uve da vigne piantate nel 2010 nella Valle di Ibola. La Cantina ha una storia che inizia nel 2000 e pratica agricoltura integrata. Il vino fa fermentazione spontanea a grappolo intero e affina 8 mesi in vasca di cemento. Echi di erbe alpine e rosmarino. In bocca ha tensione e armonia, con una nota minerale che ravviva il sorso e affila la dimensione del frutto. Lunga la persistenza finale.
Menta e Rosmarino – Area 66, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2021
Progetto nato dal recupero di vigne strappate al bosco di Modigliana nella valle di Acereta. Uve diraspate, fermentazione in vasca di acciaio e poi solo 6 mesi in vetro. Note di frutti di bosco cui si sommano rimandi di rosmarino, glicine e cenni balsamici. In bocca ha tannini levigati ed è avvolto da una distesa sapidità.
Ronchi di Castelluccio – Ronco della Simia, Romagna Sangiovese Modigliana Doc 2020
Ronco della Simia (“scimmia” in dialetto romagnolo) è un cru da una parcella piantata nel 1975 e restaurata nel 2019 che si trova a 370 metri sul livello del mare. Macerazione sulle bucce di 25 giorni, fermentazione in acciaio e piccole botti di rovere e affinamento 10 mesi in tonneau e barrique leggermente tostate. Ciliegia, rabarbaro, alloro e una nota affumicata marcano la parte olfattiva. Al palato è espressivo, dinamico, con un allungo sapido e un finale di arancia rossa.
Villa Venti – Primo Segno, Romagna Sangiovese Superiore Doc 2016
Vino fatto con cinque cloni di Sangiovese, tutti allevati ad alberello. Questa 2016, annata considerata classica per l’equilibrio climatico, è la prima in cui le uve sono state vinificate separatamente e poi unite in un blend. Affinamento 80% in acciaio e 20% in cemento.
Esprime una elegante maturità olfattiva e vanta un sorso di grande vitalità.
Fattoria Nicolucci – Vigna del Generale, Romagna Sangiovese Predappio di Predappio Superiore Riserva 2013
Cru storico dalla vocata sottozona di Predappio Alta. Matura per due anni in botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri. L’annata, con uno degli inverni più rigidi e piovosi degli ultimi 50 anni, è stata leggermente tardiva nonostante un agosto molto caldo. Al sorso è balsamico e compiuto, ma non si affievolisce nemmeno sul finale.
Drei Donà – Vigna del Pruno, Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc 1993
Altra espressione fortemente emblematica del terroir di Predappio. L’annata 1993, un millesimo difficile per la maturazione delle uve, ha costretto a una severa selezione per mantenere livelli di consistenza e acidità adeguati. Il quadro olfattivo è arricchito dalle pennellate dei sentori terziari, che però non ne adombrano l’integrità del frutto e l’aristocrazia dei profumi. Un vino di sorprendente vitalità.
Fattoria Zerbina – Pietramora, Romagna Sangiovese Superiore Riserva Doc 1985
Testimone di una longevità insospettabile per il Sangiovese di Romagna è il Pietramora 1985 di Fattoria Zerbina. Un vino che è un miracolo di integrità, un’icona che suggella l’identità profonda del territorio e mostra il potenziale di profondità di cui è capace l’areale.