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Graziana Grassini: i bianchi. Addio al legno, naturalità e gradazioni più basse

Graziana Grassini: i bianchi. Addio al legno, naturalità e gradazioni più basse
Graziana Grassini è oggi l’enologo del Sassicaia, l’erede di Giacomo Tachis. Consulente di una quindicina di Cantine tra Toscana, Umbria, Lazio e Puglia, la sua passione per il vino si è fatta sentire immediatamente, fin da bambina. Biologa, chimica ed enologa, si approccia al lavoro come si farebbe con un amore: dando tutta se stessa.

“Dipenderai meno dal futuro se avrai in pugno il presente”. Con queste parole il filosofo Seneca esprimeva la tendenza dell’uomo a costruire l’avvenire delle proprie attività. Con lo stesso proposito si può provare a individuare le linee di consumo del mercato. Prevedere non è proprio la mia specialità e, nel caso dei vini e in particolare dei bianchi, credo sia quasi impossibile. Quando mi è stato proposto di trattare questo argomento, da una parte mi sono spaventata per la sua complessità, dall’altra mi ha suscitato un’emozione talmente forte, stimolante, quasi volta al divertimento che non ho saputo dire di no.
Per l’enologo, oltre a saper fare bene il vino, è altrettanto importante comprendere le nuove tendenze del consumatore perché rappresentano un punto di forza per vincere le difficoltà del mercato. Voglio citare alcune parole di Emile Peynaud: “Siete voi (amatori o appassionati) che in un certo senso fate la qualità, se ci sono vini cattivi è proprio perché ci sono cattivi bevitori. Il gusto è conforme alla rozzezza dell’intelletto: ognuno beve il vino che merita”.
Questo ci fa capire come l’evoluzione degli stili avvenga di pari passo all’arricchimento culturale del consumatore. Nel vino riconosciamo degli stili diversi che mutano nel tempo in funzione delle scelte politiche, economiche, sociali e si riflettono sui modi di vita del consumatore. Con il miglioramento di questi ultimi e delle condizioni culturali, bere vino è diventato un piacere; si è fatta forte l’esigenza di conoscerlo meglio cosicché negli ultimi 20 anni il comparto viticolo enologico italiano si è completamente trasformato.

GRASSINI

Graziana Grassini

Dieci anni fa li davamo per morti

All’inizio della mia professione, più o meno 20 anni fa, si producevano vini bianchi banali, color carta o paglierino scarico con tenui sfumature tendenti al verdolino, acidi e poveri di struttura; di pari passo ai rossi le cose sono cambiate: i produttori sono passati dalla viticoltura di quantità a quella di qualità, impiantando vigneti seguendo regole più moderne, utilizzando in cantina tecnologie d’avanguardia e avvalendosi di tecnici più qualificati.
E così si è cercato di fare il bianco sullo stesso stile del rosso, molto concentrato, anche in zuccheri e quindi in alcol, di colore paglierino carico quasi dorato, dal gusto ricco, consistente, ben strutturato, basso di acidità, morbido, quasi stucchevole. Un bianco diverso dal passato anche dal punto di vista salutistico, perché ottenuto massimizzando l’impiego della tecnologia del freddo in alternativa a un uso eccessivo di additivi chimici.
E ciononostante il fenomeno di rigetto verso i vini bianchi, iniziato intorno agli anni Novanta, si è conclamato nel decennio scorso; nel Duemila proporre a un produttore l’impianto di vitigni a bacca bianca era considerato un azzardo. Sin dall’inizio della mia attività mi sono dedicata ai vini bianchi per la mia passione verso i profumi e per le cose difficili; allora vinificare uve bianche non era certamente considerato di facile realizzazione, specialmente in Toscana, ma al momento del cambiamento di tendenza, se non fossi passata velocemente a dedicarmi a tempo pieno ai vini rossi, avrei dovuto necessariamente cambiare lavoro.

Oggi piacciono e c’è richiesta

Oggi, dopo aver assunto il ruolo di subalterno al tradizionale primato del vino rosso, finalmente il vino bianco sta ritornando in auge con un’impronta totalmente diversa.
La trasformazione dello stile di vita del consumatore ha contribuito ad esempio all’affermazione del fenomeno bollicine e dei vini bianchi in generale, e quei produttori lungimiranti che colsero in anticipo tali tendenze oggi ne stanno raccogliendo i frutti. Vino bianco e bollicine non hanno certamente esaurito la loro forza e per questo saranno d’attenzione anche per il futuro.
I vini bianchi, infatti, sorpassano i rossi e coprono ormai il 60% dei consumi internazionali di etichette made in Italy. L’accelerazione è avvenuta nel 2010 sulla scorta della tendenza che si sta affermando a livello internazionale a consumare prodotti dal minor tenore alcolico, più leggeri e bevibili. Purtroppo in questo momento il comparto enologico sta attraversando una crisi profonda e tutti pensiamo che sia legata alla congiuntura economica; in realtà si tratta di una vera e propria rivoluzione che sta interessando consumi, stili di vita. È una trasformazione silenziosa, difficile da ascoltare e i cui sviluppi non sono ancora del tutto delineati, un cambiamento portato avanti dagli stessi consumatori che, rispetto al passato, sono sempre più informati, sempre più attenti alla qualità che sanno individuare in un rapporto qualità-prezzo sempre più dominante.
La domanda dei vini nel mondo si è segmentata in vini economici e vini di maggior pregio e prezzo; per quelli economici emerge l’esigenza di prodotti che per caratteristiche sensoriali, immagine e aspetti funzionali possano motivare e soddisfare il consumo quotidiano; per quelli di maggior pregio si richiede una forte connotazione territoriale, tipicità e personalità del produttore, fino ad arrivare, per le eccellenze, ad assumere un’immagine di esclusività e prestigio rafforzata da politiche di marca.

Base bevibile, medio floreale e fascia alta complessa

Questo scenario è la piattaforma da cui oggi è possibile fare la proiezione dello stile del bianco nel 2020, che sarà influenzato sempre di più dal salutismo, dal proibizionismo dell’alcol e dall’evoluzione del gusto. Dal punto di vista economico la situazione non sarà molto diversa da oggi, ci saranno vini di basso, medio e alto prezzo, ciò che cambierà saranno le caratteristiche qualitative.
Il bianco di basso prezzo sarà vino di grande bevibilità, semplice, corretto, complementare al cibo di ogni giorno. Il bianco di fascia media sarà sicuramente molto profumato, con profilo olfattivo connotato da note floreali e fruttate intense, dal gusto fresco, persistente ed equilibrato con un tenore alcolico basso, non più di 12% vol. e probabilmente anche meno. L’eleganza, la complessità e l’equilibrio saranno gli elementi caratterizzanti i vini di fascia alta; al gusto non mancherà la freschezza, la componente acidica sarà più spiccata e decisa, l’alcol non supererà i 12,5% vol., la persistenza gustativa e le belle sensazioni gusto-olfattive giocheranno un ruolo fondamentale nella fisionomia delle eccellenze. L’uso del legno quasi scomparirà.
ll binomio vino-territorio sarà una delle principali discriminanti per la scelta del consumatore. «Le differenze profonde», come sostiene Susanne Johnston, una venditrice di vino californiana, «si hanno infatti quando entrano in gioco la terra e il cielo, il posto sulla terra da cui le uve provengono»; il vino dunque dovrà rispondere ai requisiti di originalità e di unicità, anche riscoprendo vecchi vitigni abbandonati da tempo perché surclassati da quelli internazionali e così si vinceranno le problematiche del mercato attuale dove la globalizzazione sta portando a un appiattimento generalizzato. Il legame fra vino e territorio sarà indispensabile per la salvaguardia della qualità della produzione e per la tutela del paesaggio, dell’ambiente, dell’identità e delle tipicità locali.
Cambierà anche l’approccio metodologico dell’enologo, sarà molto più articolato, si consoliderà sempre di più il concetto che “il vino si fa nella vigna ” e in cantina si dovranno adottare tecnologie sempre più rispettose della naturalità.
Sarà così? Ai posteri l’ardua sentenza!

 

Cosa aveva detto Piero Pittaro

«I vini varietali muoiono giovani.
La loro freschezza si coglie
nel primo anno di vita, poi lentamente avvizziscono. Quelli affinati in legno hanno lunga vita, se fatti come Dio comanda. In mezzo bisogna riempire
lo spazio vuoto con vini che magari perdano alcuni aromi varietali
e a favore di quelli derivati
dalla fermentazione. Col risultato
di una vita di alcuni anni,
senza perdere di qualità».

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© Riproduzione riservata - 28/09/2011

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