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Derthona Due.Zero, il vino bianco composito, longevo e sempre più ambito

23 Aprile 2024 Alessandro Franceschini
Derthona Due.Zero, il vino bianco composito, longevo e sempre più ambito
La manifestazione Derthona Due.Zero si è svolta al Museo Orsi di Tortona

Crescono gli ettari vitati a Timorasso sui Colli Tortonesi, cresce anche la consapevolezza di avere un piccolo grande tesoro da preservare e valorizzare. Come? Ecco le prime ricerche scientifiche sulla sua complessità sensoriale  

La percezione di essere in presenza di un territorio vivo, che ci crede e che intende cavalcare un entusiasmo che si fonda su solide basi è immediatamente evidente. Appena si incrocia lo sguardo di qualche produttore, quando si osserva il grafico che mostra la crescita degli ettari vitati negli ultimi anni, ma soprattutto quando si mette il naso nei bicchieri, sia quelli dell’ultima annata che, soprattutto, quando si torna un po’ più indietro del tempo.

La IV edizione dell’anteprima Derthona Due.Zero

La sensazione che il Timorasso, o meglio il Derthona, come ormai preferiscono chiamarlo da queste parti (sebbene manchi ancora l’ufficialità del futura sottozona da parte del Ministero competente) fosse un vino bianco di razza era evidente da tempo, da quando i primi pionieri – Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio – lo salvarono dall’estinzione e lo facevano assaggiare a critici e degustatori. L’ha ricordato Gianni Fabrizio, uno dei curatori della guida del Gambero Rosso, prima di dare il via alle degustazioni in anteprima dell’ultima annata del vino porta bandiera Colli Tortonesi durante la IV edizione di Derthona Due.Zero. È evidente, però, come ora si avverta il desiderio di fare un salto in più, nel tentativo di mettere alcuni mattoncini che certifichino questa  originalità e l’enorme potenzialità di una varietà che attira sempre più interesse da parte di tanti produttori, non solo di queste terre.

Il valore della diversità

«La nostra ricchezza pensiamo sia questa diversità e questi studi ci consentiranno spero di capire cosa indagare nel vigneto. Speriamo in futuro di mettere tutto a sistema», afferma Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio tutela vini Colli Tortonesi, che ormai ha raggiunto il numero di 108 associati (appena 9 anni fa erano solo 35). La presenza di interpretazioni differenti sul mercato, che si contrappongono per colore – alcuni dorati se non aranciati, altri più classici con il loro paglierino  – o per impronta aromatica – alcuni più agrumati e fruttati, altri balsamici, mielosi e, con il passare degli anni idrocarburici –, è considerata un valore aggiunto da preservare e da incanalare in futuro all’interno della sottozona Derthona che verrà, che non a caso prevederà tre tipologie, Piccolo Derthona, Derthona e Derthona Riserva.
Nell’attesa che questo avvenga – era già stato preannunciato alla prima edizione di questo appuntamento, a gennaio del 2020 poco prima che si scatenasse la pandemia – il Consorzio ha deciso di investire in ricerca scientifica, che male non fa mai, per mettere nero su bianco quello che appassionati e degustatori da tempo hanno probabilmente intravisto in questo vino, ovvero una distintività aromatica evidente in gioventù, ma che con il passare del tempo si amplifica notevolmente.

Il profilo sensoriale del Timorasso, cosa dice la scienza

Da una parte la professoressa Monica Laureati, docente di Analisi sensoriale presso l’Università degli Studi di Milano, con un intervento dal titolo: “Sulla identità sensoriale del vino Timorasso (Derthona)”, dall’altra la professoressa Maria Alessandra Paissoni, dell’Università di Torino, con una ricerca dal titolo “Aspetti chimici e sensoriali sull’aroma dei vini a base Timorasso dell’ultimo decennio”, hanno mostrato i primi studi scientifici effettuati su questa varietà per certificare la sua ricchezza, e al tempo stesso, la sua diversità aromatica, sia in gioventù che con il passare degli anni.

Sentori, precursori, terroir e scelte stilistiche

Una complessità, quella del Timorasso, in grado di sfoggiare note fruttate, di miele, idrocarburiche, balsamiche, vegetali e floreali, un po’ a causa dell’eterogenità del territorio sul quale viene allevato, un po’ per la presenza di filosofie produttive che hanno obiettivi differenti.
La bassa concentrazione di terpeni e al contrario quella più che buona di norisoprenoidi, sembrano invece essere la causa principale di quei profumi di idrocarburo, così caratteristici, che si avvertono soprattutto quanto il Timorasso comincia ad avere un po’ di anni sulle spalle. Il desiderio, espresso dalle due professoresse, è quello di andare avanti nella ricerca nei prossimi anni, non solo per studiare ancora meglio cosa succede con l’invecchiamento al Timorasso, ma anche per capire come i cambiamenti climatici in atto, possano influenzare il futuro di questa varietà.

Una crescita vorticosa, ora da controllare

I numeri che certificano la crescita della superficie vitata del Timorasso non spaventano (è ancora troppo presto), ma certo non lasciano indifferenti. Nel 1987 mezzo ettaro. Nel 2000 ancora solo 3,5 ettari. La crescita è lenta, ma costante, sino ai 75 del 2014. Poi si comincia a correre e il grafico diventa un sentiero con pendenze da alpinismo, arrivando ai 395,5 del 2023.
«È stata una crescita veloce, quasi preoccupante», ha ammesso Repetto durante la mattinata che ha aperto le degustazioni per la stampa. «Abbiamo messo un tetto agli impianti, l’obiettivo finale sarà di arrivare a  500, massimo 550 ettari e di passare dall’attuale milione di bottiglie a 3 milioni al massimo. In futuro dobbiamo crescere in qualità, senza fare disastri». A questo concorrerà la futura sottozona Derthona, che ricordavamo poco sopra, ma soprattuto, aggiungiamo noi, la lungimiranza dei produttori, che solo preservando questo piccolo tesoro, potranno crescere provare a crescere soprattutto in valore, più che in quantità, considerando che il mercato è saturo di vino normale, ma è invece sempre desideroso di bottiglie in grado di stupire, se non emozionare.

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