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Le origini della cucina italiana. A tavola con la bisnonna

Le origini della cucina italiana. A tavola con la bisnonna

di Karima Moyer-Nocchi

 

Vivo in Italia da 27 anni, più della metà della mia vita. Al contrario di tanti anglofoni che interagiscono con gli italiani quando e se capita, ho sempre vissuto una vita ben integrata nel territorio. Come studiosa dell’alimentazione, ho osservato in questi anni una sconcertante contraddizione nella cucina italiana.

L’industria della nostalgia

Da un lato si trova una sfrenata “invenzione della tradizione”, come la chiama lo storico britannico Eric Hobsbawm, un boom dell’industria della nostalgia che cerca di impacchettare la fantasia odierna del folklore culinario italiano sotto etichette che promettono un prodotto autentico, rustico, casareccio, genuino, tradizionale, ecc., confezionando la nostra proiezione collettiva della saggezza della mamma e la nonna, proveniente da fabbriche di luoghi consacrati terroir e con garantito effetto acquolina. Paradossalmente, l’aumento della industrializzazione del cibo, dal miracolo economico in poi, è balzato alle stelle in maniera crescente con la deificazione internazionale della cucina italiana – i magnati dell’industria della nostalgia conoscono bene i loro polli, italiani o stranieri che siano.

chewing the fat

La mistificazione tra passato culinario e successo della dieta mediterranea

Ma gli annali della storia dipingono un quadro ben diverso da quello gettato sulla tela dal pennello dell’immaginazione collettiva. I ricordi tetri di scarsità e penuria non quadrano con la visione trascendentale di campi bucolici, piatti colmi di pastasciutta, e calici traboccanti di vino rosso rubino. Sgonfiano l’esaltazione della “dieta mediterranea” e della “cucina povera” entrambi prodotti lucrosi. Deturpano la pop culture dell’italianità. L’antropologo Franco La Cecla ribadisce che le tradizioni sono una nostra interpretazione di dati sparsi del passato e del presente”. Una tradizione non può nascere finché non smette di essere una fatica, e diventa un’operazione eseguita con gioia, la festosità e l’orgoglio che suscitano sentimenti metafisici di appartenenza.

Lo studio sulle origini della cucina italiana

Ma se siamo noi gli architetti delle tradizioni, gli arbitri dell’identità, o dell’italianità, spazzare via delle grandi fette di realtà del passato, per quanto possono essere sgradevoli, e sostituirle con favole di pura o parziale invenzione, sembra incongruente con la missione di onorare le consuetudini e di evolvere culturalmente. Perplessa da queste discrepanze, tre anni fa, ho sentito l’esigenza di intraprendere uno studio sul passato per capire com’è che siamo arrivati a questo incrocio tra la disperazione di rievocare e codificare il passato culinario e il successo dell’industria della nostalgia. Come esperte in materia, mi sono rivolta alle nonagenarie italiane, sperando che loro potessero illuminare la strada che ci ha portato a questa mistificazione.

Il metodo di ricerca oral history

L’età delle signore era fondamentale perché dovevano essere cresciute nel periodo precedente al cosiddetto miracolo economico. Di conseguenza, erano le figlie della lupa del ventennio fascista, una generazione formata sotto il regime totalitario originario, un periodo forzatamente sepolto e silenziato alla fine della guerra, e dopo la ricostruzione, anche i foodways di un’epoca. Le interviste, trascritte in narrative singole, formano la base del libro in lingua inglese Chewing the Fat – An Oral History of Italian Foodways from Fascism to Dolce Vita. Chewing the fat è un’espressione inglese che significa “fare due chiacchere”. Oral history si riferisce a una metodologia di ricerca: a differenza della “tradizione orale”, il termine presuppone una premessa, un’indagine specifica su un fenomeno o avvenimento sociale. Foodways, invece, è un neologismo inglese che fa riferimento a tutti i diversi aspetti connessi all’alimentazione: la storia, l’antropologia, la sociologia, la politica, le pratiche e le credenze.

 

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 03/2016. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com.
Buona lettura!

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© Riproduzione riservata - 05/08/2016

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