Manuale di Conversazione Vinicola

Origine

9 Aprile 2010 Civiltà del bere
Con la riforma dell’Ocm, le Doc e Docg, passando alla gestione di Bruxelles, sono diventate Dop, ma sempre denominazioni d’origine sono. Perché l’Italia, come tutti i Paesi vitivinicoli europei, crede fermamente che il vino sia espressione del territorio da cui scaturisce, più che della varietà d’uva con cui è fatto. Ma è proprio vero? Non tutte le denominazioni sono solo d’origine: molte, troppe, al nome della località geografica accoppiano quello di un vitigno (Vernaccia di San Gimignano, Verdicchio dei Castelli di Jesi, Aglianico del Vulture). E questa aggiunta, che sposta il baricentro del nome sulla varietà d’uva, ha messo in moto un meccanismo perverso: ogni altra zona in cui si vinificano le stesse uve si è sentita in dovere di pretendere una denominazione simile: Vernaccia di Serrapetrona, Verdicchio di Matelica, Aglianico del Taburno. Il record è del Dolcetto, presente addirittura in sette denominazioni. In compenso, al momento di trasmettere Doc e Docg a Bruxelles, ci si è accorti che mancava un comune agli oltre 50 che producono l’Asti. Quale? Asti.

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