Dalle Nostre Rubriche

In Italia

In Italia

La Vitovska nasce e matura nella pietra del Carso

10 Agosto 2018 Roger Sesto

La Vitovska è una varietà probabilmente originaria del Collio sloveno, oggi coltivata nel Carso triestino. Un ambiente collinare unico caratterizzato da terra rossa, arida, brulla e sassosa, ricca di calcare e ferro e che beneficia degli effetti del vicino mare. Il tutto a garanzia di vini dalla spiccata personalità. Tra i più significativi interpreti di questa bacca figura Zidarich di Prepotto – Duino Aurisina (Trieste), che ne produce più di una versione.

Zidarich macera la Vitovska nella pietra del Carso

Da citare sicuramente Kamen, Venezia Giulia Vitovska Igt. Ce la racconta Benjamin Zidarich: «Si tratta di una Vitovska in purezza, che fermenta spontaneamente e macera sulle proprie bucce in tini di pietra del Carso (un tempo impiegati anche per conservare olio e alimenti). In questo modo si esalta al massimo la sua espressione territoriale, costituita da mineralità, freschezza e sapidità». La pietra è in grado di regolare in modo naturale la temperatura di fermentazione. «L’aspetto entusiasmante», continua Zidarich, «è il fatto di usare un materiale naturale presente in vigna, dove i suoli sono assai più ricchi di roccia che di terra. In qualche modo l’uva nasce e matura sulla pietra e in quest’ultima ritorna nella veste di mosto-vino, ricongiungendosi alle sue naturali origini».

 

La Vitovska matura in tini di pietra del Carso

 

La Vitovska Kamen, dorata e salina nel calice

Kamen è ottenuta da viti coltivate ad alberello, vecchie di 30 anni. La densità è di 10.000 ceppi/ha, con rese inferiori ai 50 q/ha. Si vendemmia a inizio ottobre. Seguono la vinificazione e la macerazione sulle bucce per 18 giorni, nei citati tini aperti di pietra carsica, con più follature giornaliere. Il vino affina quindi in botti di rovere di Slavonia per 24 mesi. Viene infine imbottigliato senza stabilizzazioni e filtrazioni. Riposa poi in vetro altri 2 anni. Un protocollo enologico che dà vita a un vino giallo dorato volutamente non limpido, con note fruttate, minerali e di salsedine, dal sorso che sa di iodio, rinfrescante e quasi salino.

Per conoscere gli altri autoctoni del Friuli Venezia Giulia clicca qui

L’articolo sui vitigni autoctoni friulani prosegue su Civiltà del bere 3/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

In Italia

Doc Monreale: per i produttori il vitigno su cui puntare è il Catarratto

La tendenza va in particolare verso i biotipi Lucido ed Extra Lucido, […]

Leggi tutto

Paternoster, per i 100 anni arriva Barone Rotondo

L’azienda del Vulture, di proprietà della famiglia Tommasi, festeggia un secolo di […]

Leggi tutto

Addio a Luigi Cataldi Madonna, il professore e filosofo del vino abruzzese

Grande promotore delle varietà autoctone regionali, che ha contribuito a rilanciare, il […]

Leggi tutto

Cinzia Merli è la nuova presidente del Consorzio di tutela Bolgheri e Bolgheri Sassicaia

Passaggio di testimone tutto al femminile per il Consorzio di tutela Bolgheri […]

Leggi tutto

Doc Monreale, la nuova vita del “vigneto di Palermo”

Il disciplinare, in vigore dal gennaio 2024, valorizza gli autoctoni storici Catarratto […]

Leggi tutto

Il ritorno di Fonzone all’Enoluogo. Alla scoperta dei molti volti del Fiano

In soli 20 anni, la Cantina irpina ha conquistato il pubblico e […]

Leggi tutto

Ottavia Vistarino lancia la Réserve des Amis e il Wine Club per gli amici-estimatori

Dalla Casa del Pinot nero in Oltrepò Pavese un nuovo progetto “per […]

Leggi tutto
X

Hai dimenticato la Password?

Registrati