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La disfatta di Bangkok

15 Marzo 2013 Alessandro Torcoli
Saranno i tempi difficili o solo la goccia che scatena uno tsunami. In ogni modo, ieri i nostri telefoni erano bollenti. A Bangkok per la prima volta (a dirlo è lo stesso gambero sul suo sito "After the successes of Seoul and Osaka, the tour will visit Thailand for the first time") si è tenuta - si fa per dire - una tappa dei tour promozionali organizzati dal Gambero Rosso - Top Italian Wines Roadshow e tante aziende sono rimaste a secco, con il proprio tavolino sguarnito, senza vini, poiché questi non erano giunti in tempo a destinazione. E l'organizzatore aveva chiesto a tutti, anche a coloro che hanno a disposizione le bottiglie in loco, di spedire i cartoni a Roma, dove erano gestiti il groupage e la spedizione... VINO, IL GRANDE ASSENTE - Alla fine, chi aveva del vino da mescere agli ospiti intervenuti, poteva solo ringraziare il proprio importatore che - vista la situazione - era andato a prenderseli di corsa in magazzino. Per gli altri - che non hanno importatore, ma anzi erano lì proprio per trovarne uno - nessuna speranza, meglio girare i tacchi e andarsene. Tanto basterebbe per scatenare l'indignazione. Ci sono cose che capitano e altre che non devono capitare. Ma c'è di più. CAMBIAMENTO DI DATA - Questa tappa asiatica aveva appena messo alla prova i nervi già scoperti di imprenditori alle prese con la crisi economica e mille difficoltà: una settimana prima della data prevista, l'8 marzo, era giunta la comunicazione che essa sarebbe stata rimandata di sei giorni, dato che poi l'evento si è svolto il 14 marzo. È facile immaginare il disagio e il danno economico di imprenditori che organizzano certe trasferte, specie a 9 mila chilometri di distanza, con un certo anticipo. Abbiamo ricevuto diverse concitate testimonianze da parte di aziende leader dell'enologia italiana. Tanto basta per imporci di prendere una posizione rispetto al fatto (vedi anche Intravino). C'è un sistema da rivedere. L'INVESTIMENTO - Le aziende sono insistentemente invitate a partecipare a roadshow, fiere, eventi ovunque nel mondo, e talvolta risulta difficile il rifiuto, per non dispiacere chi dispensa bicchieri e premi.  Ma pare che ora sia stato raggiunto il limite. Malauguratamente, proprio mentre giungeva la voce da Bangkok, arrivava sui tavoli dei malcapitati l'ennesima proposta di tappe all'estero collegati alle Guide del gruppo. Si parla di cifre importanti: investimenti di 25 mila euro per un pugno di degustazioni (escluse le spese aziendali legate alle trasferte, naturalmente). Se metti tutto in fila conti oltre 100 mila euro di costi  per aziende di una certa dimensione, quando si impegnano per assecondare le richieste più importanti. IL BUSINESS DELLA PROMOZIONE ALL'ESTERO - Nulla da dire sull'utilità di alcuni tasting, affollati e ben riusciti, se strategici per sostenere l'immagine della Cantina. Ma il meccanismo ormai è perverso, complici i finanziamenti europei, che scontano di oltre un terzo l'impegno diretto dell'azienda. Sono per altro molti gli operatori attivi su questo fronte della "promozione all'estero": oltre al Gambero Rosso, Veronafiere e Iem sono tra i più accreditati. Inoltre ci ha provato l'Ais, ma non ne abbiamo avuto più notizia, si muove Slow Food, Il Mio Vino promuove una fiera in Cina... e onestamente anche noi talvolta sosteniamo eventi all'estero, indirettamente, come media partner. Perché oggi la promozione all'estero è senza dubbio necessaria e sono utili le occasioni per valorizzare le nostre eccellenze sui nostri mercati principali e su quelli emergenti. Per contro, è inutile e peggio, dannoso, non solo per singole aziende, ma per l'immagine del vino italiano, per giunta sostenuto da finanziamenti pubblici, esporsi a insuccessi e a dimostrazioni di inefficienza di simile portata.

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