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Giovani Produttori: Il Torchio dei fratelli Musetti nei Colli di Luni

7 Marzo 2016 Jessica Bordoni
Verona, 9 aprile 2014. È l’ultimo giorno della 48esima edizione di Vinitaly. L’Expo è ancora soltanto un progetto da prendere in considerazione e i padiglioni VinitalyBio e International al loro debutto. Intorno a me giornalisti, operatori e appassionati marciano con passo svelto verso i loro appuntamenti. Anch’io procedo spedita, bypassando all’occorrenza qualche gruppetto di visitatori e ripetendomi mentalmente una lettera e un numero: quelli dello stand che devo raggiungere per la prossima intervista. Però a un certo punto mi fermo, un allestimento mi colpisce in modo particolare e so benissimo che se vi non faccio tappa ora, non saprò più tornarci o non ne avrò il tempo. Così conosco Gilda ed Edoardo Musetti, giovanissimi titolari dell’azienda Il Torchio di Castelnuovo Magra, in provincia di La Spezia.  

Bottiglie dal packaging colorato e divertente

Dietro di loro, una quinta teatrale a metà tra un quadro di Marc Chagall e le scenografie dei balletti russi di Diaghilev: prati verdi, casette dai tetti a punta, un cielo blu trafitto di stelle e spicchi di luna dove campeggia un strambo omone volante con un frac multicolor e un lungo cappello a cilindro, che tiene in mano un grappolo d’uva. Sul bancone sono posizionate una serie di bottiglie non meno colorate e sgargianti, che riprendono lo stile grafico dello sfondo armonizzandolo nel rettangolo dell’etichetta. I copritappi sono a righe verticali giallo-rosse o verde tono-su-tono, e anche le scatole di cartone sono personalizzate con dei dipinti. Non c’è che dire: davvero un packaging favoloso.  

La scelta di proseguire l’attività del nonno

Classe 1984, lei, e 1993 lui, i fratelli Gilda e Edoardo Musetti conducono in prima persona l’azienda di famiglia, portando avanti con coraggio e determinazione il sogno enologico del nonno materno, Giorgio Tendola, che è stato tra i pionieri della valorizzazione del Vermentino dei Colli di Luni. «Era il 2011 quando il nonno si ammalò e ci disse che non sarebbe più riuscito a gestire da solo le sue vigne», spiega Gilda. «I miei genitori erano già impegnati a tempo pieno nell’agriturismo e non potevano certo farsi carico anche di una seconda attività. Io ed Edoardo fummo davanti ad un bivio. Dopo la laurea in Giurisprudenza io avevo trovato lavoro, mentre lui aveva finito all’istituto agrario e si era iscritto al primo anno di Viticoltura ed Enologia. Decisi di licenziarmi e mio fratello mise da parte la teoria e iniziò a fare pratica girando per le Cantine della Toscana».  

Dodici ettari di vigna perlopiù a Vermentino

Nel 2012, con un salto generazionale, per la Cantina Il Torchio si apre ufficialmente un nuovo corso sotto la direzione dei fratelli Musetti. Durante le prime due vendemmie al fianco di Edoardo c’è un enologo che lo consiglia e lo aiuta nelle operazioni di vinificazione. Oggi, a soli 23 anni, gestisce autonomamente i 12 ettari di proprietà. «Si tratta di un unico appezzamento, caso più unico che raro per la Liguria, con vigne tutte esposte a sud-est», racconta. «La maggior parte degli ettari è allevata a Vermentino, di cui produciamo due versioni, entrambe Colli di Luni Doc. In gamma anche un rosso a base Merlot e Sangiovese e un Canaiolo in purezza vinificato in bianco. Quest’ultimo, che abbiamo intitolato Il Nero, è una sorta di esperimento, nato dalla volontà di fare un vino adatto ad accompagnare piatti di pesce; qui in Italia non è molto noto ma è apprezzatissimo all’estero. Il Canaiolo è di fatto un clone del Vermentino nero».  

Circa 60 mila bottiglie di cui il 70% va all’estero

«All’inizio non è stato facile», confessa Gilda, che segue il marketing, la comunicazione e gli aspetti commerciali. «Noi per primi avevamo molti dubbi su come impostare l’attività. Abbiamo scelto di puntare tutto sulla qualità e sulla valorizzazione dei nostri autoctoni, come ci ha insegnato il nonno. In un primo tempo, data la nostra giovane età, alcuni non ci prevendevano sul serio, ma fortunatamente sulla strada abbiamo incontrato anche tante persone che hanno creduto in noi e nel nostro potenziale». Oggi Il Torchio produce circa 55-60 mila bottiglie all’anno, di cui il 70% bianchi. La quota export è molto alta, circa il 75%. «Il primo mercato di riferimento sono gli Stati Uniti, ma andiamo molto bene anche in Canada, Giappone, Inghilterra». «Per noi il rapporto con gli importatori e i distributori è fondamentale, così come quello con gli altri produttori», prosegue Edoardo. «Assaggiare i vini degli altri, fare sistema, è fondamentale. Anche i social network, se usati con criterio, possono dare una mano. Il nostro importatore in Quebec, ad esempio, ci ha notato su Instagram. Era rimasto colpito dalle etichette delle nostre bottiglie, realizzate dal pittore locale Francesco Musante. Poi ci siamo conosciuti di persona e i nostri vini lo hanno convinto». Proprio come è successo a me al Vinitaly di due anni fa.

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