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Crowdfunding e vino, il binomio funziona?

15 Ottobre 2020 Matteo Forlì
Crowdfunding e vino, il binomio funziona?

Dall’equity al reward: quali sono e come funzionano le formule del finanziamento collettivo. E il loro potenziale interesse per il settore. Magro, ceo di Winelivery: «Per le cantine meglio il P2P lending».

Spinto nel canale online con sorprendenti crescite a tre cifre nell’era del lockdown il vino sta imparando nuovi linguaggi e sperimentando sentieri mai percorsi per raggiungere e coinvolgere i suoi consumatori. Uno di questi, già battuto con successo da alcune start-up digitali, è il cosiddetto crowdfunding o finanziamento collettivo. In quali casi questo strumento può rappresentare un aiuto o una concreta possibilità per gli altri attori della filiera?

Dal reward all’equity: le tipologie

Di crowdfunding esistono diverse tipologie. Il reward crowdfunding è un modello che, come dice il nome, si basa su un sistema di ricompensa: una cifra versata per finanziare l’attività in cambio di un “premio”. E il corrispettivo per i “sostenitori” può essere un tour delle cantine, bottiglie di etichette speciali o selezionate o ancora vendite “en primeur”, un modo per chiamare alla francese una sorta di investimento vitivinicolo in cui il vino viene venduto prima di essere pronto per la commercializzazione. Questo meccanismo è quello su cui si basano piattaforme internazionali, già utilizzate da alcune cantine italiane, come l’americana Cruzu (che finanzia i progetti di vinificazione) e la francese Fundovino. O il neonato esperimento di Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week in partnership con Originalitalia ed Eppela, chiamato CrowdWine.

Federico Gordini

Il fenomeno Winelivery

Materia diversa, e diverse sono anche le dimensioni della raccolta, è l’equitiy crowdfunding. Si tratta di uno strumento di investimento normato dalla Consob, in cui una platea di riferimento aderisce all’iniziativa entrando in società con l’azienda promotrice di un progetto ad alto potenziale, ”scommettendo” sul suo successo per moltiplicare il valore della cifra investita: un rischio finanziario elevato a fronte di un potenziale ingente guadagno. Con questo strumento in tre round di finanziamento, tutti condotti tramite la piattaforma CrowdFundMe, l’italiana Winelivery, start-up che vende vino online e che oggi ha 500 mila utenti, ha raccolto complessivamente 1 milione 850 mila euro (150 mila euro del maggio 2017, 400 mila nel gennaio 2018 e oltre 1,2 milioni di euro nel gennaio 2019).

Opportunità reale per le cantine?

«È un modello che funziona molto bene su alcuni tipi di progetto, meno su altri», spiega Francesco Magro, ceo e co-founder di Winelivery. «L’azienda che lo adotta deve trovarsi in una fase del ciclo di vita non troppo acerba, ma nemmeno di maturità del business. In più le cifre che è possibile raccogliere in Italia – da 100 a 300 mila euro salvo casi eccezionali – hanno un’incidenza marginale, significativa solo su realtà di medio-piccole dimensioni. Con riferimento alle cantine l’equity crowdfunding non rappresenta un concetto di semplice applicazione. Si tratta di “condividere” coi nuovi soci anche gli asset fisici come i terreni, le vigne, i locali di affinamento, i magazzini. E le realtà vinicole italiane sono spesso famigliari. L’altro tema è quello della crescita: il modello è reso interessante dall’alta remunerazione che offre ai sottoscrittori, ma una cantina difficilmente ha i margini di crescita paragonabili a una start-up».

Francesco Magro e Andrea Antinori, fondatori di Winelivery

La terza via: il lending crowdfunding

A calzare meglio sulle esigenze delle aziende vitivinicole potrebbe allora essere un terzo tipo di finanziamento collettivo: il lending crowdfunding, o P2P lending, cioè una erogazione di prestito attraverso piattaforme online, come Borsadelcredito o Prestiamoci,verso soggetti privati o istituzionali, con interessi prestabiliti. Un’alternativa in ascesa all’erogazione bancaria oggi smorzata dal credit crunch.
«È un settore in forte crescita e per sua natura più adatto a imprese che hanno un business consolidato come quelle che producono vino», spiega ancora Magro, «e si basa su una garanzia di rimborso dei sottoscrittori piuttosto che su una scommessa di crescita. Dunque aderisce meglio al profilo di medie imprese del settore vinicolo e, in un momento di crisi di liquidità come quello attuale, può essere potenzialmente interessante».

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