Caffè: c’era una volta il primato italiano

Caffè: c’era una volta il primato italiano

Nei giorni scorsi Francesco Costa nel suo podcast Morning sul quotidiano Il Post ha rilanciato un argomento che ci sta molto a cuore, ovvero la tesi secondo cui il caffè italiano sarebbe il migliore del mondo. Per il giornalista, si tratta di un falso mito e, in effetti, la ricerca sui monorigine e sugli specialty coffee oggi ha decisamente spostato l’ago della bilancia. Per gustare una buona tazzina si va a Melbourne, New York, Portland, Seattle, Tokyo e Berlino, come ci raccontano Andrea Cuomo e Anna Muzio.

Era il 2013 quando nel centro di Firenze, apriva una piccola caffetteria dal look tra l’hipster e l’industriale: Ditta Artigianale. La cosa avrebbe potuto passare inosservata: in Italia di locali ogni anno ne aprono (prendiamo i dati Fipe del 2018, dopo tutto è cambiato) 13.629 tra bar e ristoranti, e ne chiudono 25.934, dei quali quasi la metà entro tre anni. Ma che quel primo localino di via de’ Neri fosse un po’ speciale lo si è visto dopo: proponeva un caffè diverso. Con una carta d’identità e una provenienza, un attestato di sostenibilità ecologica e sociale, una storia che coinvolgeva il coltivatore ed estrazioni che non si fermavano all’espresso e al cappuccino ma guardavano a stili che a Londra, Melbourne e Seattle erano ormai consolidati.

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© Riproduzione riservata - 17/11/2022

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