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Nel 2020 guardiamo oltre le guerre commerciali

13 Febbraio 2020 Luigi Pelliccia
Nel 2020 guardiamo oltre le guerre commerciali

Nonostante i problemi a livello internazionale, l’anno appena concluso conferma buone prospettive per il vino e per tutto il food&beverage del Paese. I dazi Usa hanno colpito dove fa male, ma non hanno intaccato le potenzialità di settore.

L’appesantimento del quadro economico nazionale, emerso a metà anno, è stato confermato dai dati più recenti. È vero: l’espansione del Pil è rallentata in molti Paesi leader dell’area occidentale. Ma rimane il fatto che l’Italia continua a distinguersi per la sua posizione di coda. Il Pil del Paese è previsto infatti, a consuntivo 2019, su un tasso simbolico del +0,2%, dopo la striscia di aumenti fra il +0,8% e il +1,7% registrata nel quadriennio 2015-18. La forbice negativa rispetto al Pil 2007 pre-crisi rimane inquietante, attorno ai quattro punti: fenomeno unico e penalizzante fra i grandi Paesi dell’area comunitaria.

Il problema è la bassa produttività

Le guerre commerciali in atto hanno creato incertezza nei flussi di investimento internazionali, raffreddando la macchina produttiva globale. Non a caso, l’espansione del commercio internazionale 2019 si è ridotta ad appena il +1,2%: un tasso esiguo, che inceppa alla base il processo di crescita del pianeta. Le prospettive 2020 sono tuttavia migliori e dovrebbero segnare un tasso doppio, attorno al +2,4%.
Il Paese continua a essere gravato, comunque, da un forte e specifico problema di bassa produttività. Il Pil nazionale per ora lavorata cresce mediamente del +0,3% annuo, che significa 6 o 7 volte meno rispetto ai maggiori partner europei. In generale, la produttività del capitale risulta ancora più penalizzata di quella del lavoro. La scommessa dell’industria nazionale è quella, improba, di mantenersi competitiva in un sistema affannato.


L’alimentare emerge nel panorama nazionale

Eppure, secondo le anticipazioni Istat aggregate sui primi 10 mesi dell’anno, l’export complessivo del Paese, dopo il +3,1% in valore messo a segno nel consuntivo 2018, ha mantenuto, col +2,7%, un passo molto vicino. A fianco, l’export dell’industria alimentare è salito, dal +3,4% del 2018 al +6,9%.
In realtà, il food&beverage nazionale, nel corso del 2019, si è distinto per un trend congiunturale ai vertici, nel ventaglio manifatturiero nazionale. La produzione alimentare ha evidenziato un passo espansivo solido e largamente premiante. Nei primi 10 mesi 2019 essa ha spuntato, infatti, un progresso del +3,2% a parità di giornate lavorative, sullo stesso periodo 2018, che è quasi triplo rispetto al consuntivo 2018 (+1,1%). E ha aperto una forbice di 4,4 punti sul -1,2% accusato in parallelo dalla produzione industriale nel suo complesso.
Nell’ottobre 2019 il fatturato dell’industria alimentare è cresciuto del +3,8%, contro il -0,2% del totale industria.
Esso, grazie al combinato disposto del trend di produzione e dei prezzi alla produzione (che hanno registrato un +1,0% nel confronto di fine anno), dovrebbe raggiungere così, con una valutazione prudenziale, quota 145 miliardi a consuntivo 2019, con un netto progresso sui 140 miliardi del 2018.

Quasi il 90% della rappresaglia Usa diretta all’Italia è stato accollato al food&beverage nazionale

La ferita daziaria

L’export specifico di gennaio-settembre dell’industria alimentare (l’ultimo con i dati disaggregati di comparto) ha registrato una quota di 25 miliardi 965 milioni di euro. Ne esce una variazione del +5,9% sui primi 9 mesi 2018.
Le anticipazioni Istat aggregate sui 10 mesi indicano, tuttavia, un rilancio del tendenziale al +6,9%.

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