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Vigna Michelangelo, la rinascita di un vigneto urbano di Firenze

16 Aprile 2024 Matteo Forlì
Vigna Michelangelo, la rinascita di un vigneto urbano di Firenze
Maria Fittipaldi e le sue figlie pronte per piantare ciascuna la propria barbatella nella Vigna Michelangelo

Il progetto in rosa di Maria Fittipaldi, della cantina Fittipaldi a Bolgheri, con le quattro figlie: 700 nuove barbatelle messe a dimora su un colle sull’Arno per ridare vita alla vecchia vigna di famiglia

Un pizzico del genio e della bellezza del maestro fiorentino di cui porta il nome c’è, nella prima vigna urbana moderna di Firenze. Vigna Michelangelo è il sogno bucolico di Maria Fittipaldi, proprietaria della Cantina Fittipaldi a Bolgheri, e delle sue quattro figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina. 700 barbatelle piantate nei luoghi della sua gioventù, dove c’era una vecchia vigna di suo padre Mario, sul colle che sormonta lo storico quartiere di San Niccolò. Un’iniziativa simbolica, che fa rivivere l’idea dell’antica convivenza tra campi a coltura e spazi urbani, ispirata da altri luoghi come il Clos Montmartre, ai piedi della chiesa del Sacro Cuore a Parigi, le vigne di Leonardo a Milano, i filari della Tenuta Venissa sull’Isola di Mazzorbo a Venezia e quelli della Villa della Regina a Torino.

Progetto di recupero

«Questa vigna rappresenta anche la mia infanzia», ricorda Maria, «quando i primi di settembre, di ritorno dalla villeggiatura, amavo cogliere gli acini e anche alcuni grappoli per la tavola. In qualche modo voglio dare un segno e un senso di continuità a questa casa, particolarmente amata da mio padre Mario».
Ma il progetto non ha solo una componente nostalgica. Rappresenta un impegno importante, «volto al recupero dell’antica viticoltura cittadina da sempre presente nella città culla del Rinascimento e dove il vino ha rappresentato, nel corso della storia, un importante segno distintivo», spiega l’enologo Emiliano Falsini. La missione dichiarata è quella di esaltare la biodiversità e tutelare la ricchezza rurale, storica e paesaggistica della comunità.

In vigna una summa delle varietà toscane

La scelta varietale è un vademecum del patrimonio ampelografico toscano e include le tipologie principali e le uve a rischio di estinzione perché poco redditizie, ma di altissima qualità. Negli impianti si trovano Sangiovese e Canaiolo ma anche il Foglia Tonda, vitigno coltivato in Val d’Orcia e nella Valle dell’Arno, il Pugnitello, varietà che sta offrendo interessanti risultati in Toscana e che deve il suo nome alla forma serrata a pugno chiuso del grappolo, e il Colorino del Val d’Arno, conosciuto anche come Abrostino o Abrusco, dalla buccia dal colore intenso e le cui foglie si tingono di uno scenografico rosso fuoco in autunno.
Per l’impianto siè scelta la forma ad alberello e in particolare quella cosiddetta a “quinconce”: ogni pianta si trova sui vertici di un quadrato che ha un’altra vite al centro, come la faccia di un dado con il numero 5. Una “pettinatura” dell’area vitata che, oltre ad offrire uno scenografico colpo d’occhio, permetterà uno sviluppo arboreo controllato per favorire una migliore crescita dei grappoli e lo sviluppo dell’apparato radicale anche su questo terreno ripido, un lavoro più agevole anche per macchinari di piccole dimensioni e la possibilità di passeggiare nella vigna.

Barbatelle battezzate coi nomi di giornalisti

Varato il 29 settembre 2021, il progetto Vigna Michelangelo è stato presentato poi alla stampa il 22 aprile 2022. Le barbatelle sono state messe a dimora nel marzo 2024 e daranno vita alla prima vendemmia nel 2027. A circa 50 di queste è stato dato il nome di alcuni giornalisti più rappresentativi della cultura enoica italiana e tra questi c’è anche il direttore di Civiltà del bere, Alessandro Torcoli. Le 700 bottiglie prodotte dalla Vigna Michelangelo sono destinate alla vendita sul mercato internazionale tramite asta con finalità benefiche.
«Il fine della vigna non è comunque solo il vino, ma il rapporto che si crea tra uomo, terra e aria. Un rapporto che ridimensiona la sterilità del cemento e dell’asfalto con la ricerca di un rispetto reciproco», conclude Maria Fittipaldi.

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