In Italia In Italia Jessica Bordoni

VinoVip al Forte. Riflessioni a margine del nostro evento in Versilia

VinoVip al Forte. Riflessioni a margine del nostro evento in Versilia

Come se la passa oggi il vino italiano nel canale Horeca? Lo abbiamo chiesto a quattro autorevoli figure del settore: Sandro Camilli (Ais), Andrea Terraneo (Vinarius), Simone Loguercio (Konnubio) e Armando Codispoti (Levante).

Nelle scorse settimane vi abbiamo raccontato i numeri di VinoVip al Forte, con un focus sul talk show dedicato al futuro delle Doc e delle Docg e uno sul fenomeno Vermentino. Accanto agli appuntamenti on stage, durante il summit versiliano non sono mancati dibattiti e confronti a tu per tu con i numerosi sommelier, enotecari, ristoratori intervenuti alla manifestazione. Le loro riflessioni tratteggiano un quadro articolato dello stato dell’arte del vino nel nostro Paese, con spunti interessanti per gli appassionati e gli operatori. Eccone alcuni.

La prospettiva del presidente Ais Sandro Camilli

«Il vino italiano gode di buona salute, anche se non mancano difficoltà legate a problemi congiunturali importanti che sarebbe inutile negare o minimizzare», spiega con pragmatismo Sandro Camilli, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier. «I costi crescenti delle materie prime obbligano i produttori ad aumentare i prezzi, ma il pubblico finale fatica a recepire questa dinamica. Di contro, i ristoratori tendono a preferire denominazioni e marchi conosciuti, che non hanno bisogno di essere spiegati e si vendono più facilmente. In un periodo di incertezze, infatti, le persone sono decisamente meno propense alla sperimentazione».
Tuttavia generalizzare è sbagliato e, per il presidente Camilli, sono molti gli imprenditori che, compatibilmente con la crisi e la gestione del post-pandemia, continuano a considerare la qualità enologica della propria proposta ristorativa una mission quotidiana.

Un ruolo sempre più centrale per la sommellerie

«Oggi più che mai il sommelier deve essere inteso come un investimento che apporta valore alla sala e rappresenta una fonte di guadagno preziosa per il locale grazie al suo know how e alla sua capacità comunicativa», prosegue Camilli. «Come Ais, crediamo molto nell’importanza della formazione. In questi anni abbiamo attivato una serie di corsi di specializzazione, master e seminari dopo il diploma di sommellerie. Inoltre siamo attivi con partnership importanti come quella con il Master in Vini italiani e mercati mondiali della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la Scuola di alta formazione di cucina Alma di Colorno». In una società iperspecializzata, anche il sommerlier deve mantenersi costantemente aggiornato e approfondire le sue competenze in ambiti specifici.

In enoteca si cercano vini easy

Per Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, l’associazione che riunisce oltre un centinaio di enoteche di tutta Italia, l’andamento dei primi sei mesi del 2023 si è rivelato positivo – soprattutto se paragonato al 2022 – evidenziando una lenta ma costante crescita delle vendite.
«Gli aumenti dei listini sono arrivati, e parliamo di un +7/10% in media, con punte che arrivano anche al +30%. Si cerca di ottimizzare attraverso ordini più piccoli e parcellizzati, così da garantirsi un certo movimento dei volumi. Il trend maggiore a cui assistiamo è quello dell’easy wine, facile nella bevuta e agile anche nel prezzo. Due tipologie su tutte: i rosati del Salento e la Schiava altoatesina di Santa Maddalena. Le bollicine sono sempre in auge, Prosecco e Franciacorta in primis. Sullo Champagne persiste un problema di reperibilità per le grandi Maison».

L’enotecario come selezionatore e talent scout

Il consumatore medio è patriottico? «Decisamente sì, ma le cose stanno cambiando. E anche il nostro ruolo di enotecari vive una fase evolutiva. Molti di noi hanno cominciato a importare direttamente alcuni marchi e singole referenze, diventando di fatto dei distributori, in alcuni casi in esclusiva. Questo ci permette di essere indipendenti, di fare selezione in base ai nostri gusti, fidelizzando il cliente con scelte personalizzate». Come a dire che il lavoro di chi sta dietro al bancone somiglierà sempre di più a quello del talent scout, del ricercatore di eccellenze capaci di distinguere il suo assortimento per offrire qualcosa di unico e speciale al wine lover.

La sfida dei bianchi di Toscana

Simone Loguercio, campione nazionale Ais 2018, gestisce la cantina e coordina la sala di Konnubio, fine dining nel centro storico a Firenze assai frequentato dai turisti.
«La percentuale raggiunge il 90% e per la maggior parte di loro l’obiettivo è bere toscano; anche se io cerco di spaziare anche sulla produzione del resto d’Italia e fuori dai confini nazionali. I rossi fanno la parte del leone, su tutti Chianti Classico e Brunello di Montalcino; ma la sfida in questi anni è stata quella di proporre anche i bianchi del territorio come quelli di Bolgheri, la Vernaccia di San Gimignano e soprattutto il Vermentino, che oggi spopola più del Pinot grigio».

Meno capacità di spesa, più curiosità e competenza

Qual è il profilo del commensale tipo? «Rispetto al periodo prepandemico, la spesa è mediamente diminuita, a fronte però di un aumento della competenza. Il cliente è decisamente più curioso, interessato, partecipe nella scelta, tanto che spesso vuole vedere la bottiglia prima di ordinarla. In particolare gli orientali – che finalmente sono tornati a viaggiare –  di frequente arrivano da noi con la foto del piatto e dell’etichetta tratte da Instagram o Facebook… Tutto passa per le immagini e anche le app come Vivino hanno un ruolo centrale nella selezione».

Storytelling e vini al calice

Secondo Simone Loguercio, un fattore imprescindibile per chi fa il suo mestiere è lo storytelling, la capacità di raccontare la storia e le caratteristiche del prodotto. «In un sistema di classificazione qualitativa complesso come quello italiano, il nostro ruolo è quello di fornire una chiave di lettura che consenta al cliente di districarsi nel fitto sottobosco di Denominazioni. Menzioni geografiche, Uga e sottozone, così da cogliere la profonda bellezza di una produzione enologica unica al mondo». Il sommelier toscano ci spiega di essersi mosso controtendenza, abbassando i prezzi per permettere un racconto a tutto tondo. Così in carta le bottiglie partono da 20 euro.
«Vendo tanti vini al calice, un sistema virtuoso che a me permette di fare margine e all’ospite di assaggiare più referenze, anche molto diverse fra loro, comparando vitigni, terroir e scelte stilistiche».

Il prezzo del vino al ristorante è salito in media del 30%

In generale però, non possiamo fare a meno di notare come il costo del vino a ristorante sia cresciuto mediamente del 30% nel corso del 2023, con punte che sfiorano il 200%.
«Il caro bollette e l’aumento generalizzato delle materie prime ha reso questo incremento una scelta obbligata; poi ovviamente c’è anche chi ci specula. Ma non si tratta certamente dei produttori vinicoli. Noi procediamo con acquisti misurati, legati anche alle assegnazioni, cercando di mantenere un equilibrio tra grande e piccolo per far ruotare il più possibile la cantina, incluse le cosiddette etichette da investimento che oggi si vendono con molta più fatica che in passato».

Una nuova sfida ristorativa in Franciacorta

Armando Codispoti, chef cosmopolita con una lunga esperienza all’estero (dall’Inghilterra al Giappone, passando per il Libano e la Spagna) ci aiuta a guardare l’attualità dalla prospettiva di un cuoco imprenditore che ha deciso di intraprendere una nuova sfida ristorativa. Nel dicembre 2022 con gli amici soci Cristian Ardu, già attivo nella ristorazione milanese (Trattoria del Pescatore e Pescatore Lobster Bar), e Roberto Amaddeo, patron di Da Mimmo a Bergamo Alta, ha aperto il ristorante Levante a Passirano, in Franciacorta.
«La nostra è una cucina mediterranea “di coscienza e conoscenza” fondata sulla ricerca della materia prima», racconta chef Codispoti. «Il pescato arriva in esclusiva dal mar di Galizia, mentre le carni sono di razza Rubia gallega di Luismi, considerato uno dei migliori allevatori e macellai al mondo, e Wagyu giapponese, allevata in veneto da Ca’ Negra. La cottura avviene su una grande griglia a carbone, che facciamo arrivare dal sud della Calabria, senza l’utilizzo di gas,. Puntiamo al “best of”, selezionando solo il meglio per offrire una vera esperienza a chi viene a trovarci».

Esclusività e trasparenza sul fronte enologico

Questo vale anche per l’offerta enologica, a maggior ragione considerando che l’insegna si trova in un celebre distretto del vino quale la Franciacorta. «Il legame con le bollicine locali è speciale e per distinguerci abbiamo cercato di avere in carta anche Riserve e Selezioni in edizione limitata. Tutto questo è possibile grazie ai nostro canali preferenziali, maturati in tanti anni di esperienza nel settore, ma anche alla nostra precisa strategia d’acquisto. Paghiamo subito i fornitori, potendo così usufruire di prezzi riservati. E anche con il cliente, che noi preferiamo chiamare guest, vige la massima trasparenza. Da noi i ricarichi esagerati sono banditi: le referenze vengono proposte al massimo al doppio del prezzo a cui li abbiamo pagati».

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© Riproduzione riservata - 28/07/2023

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