A VinoVip al Forte il dibattito sul futuro delle Doc
Il sistema delle nostre denominazioni, che attualmente conta 419 Doc e Docg, va semplificato e ripensato in funzione del cambiamento climatico. A VinoVip al Forte hanno discusso di come e se modificare i disciplinari Attilio Scienza, Riccardo Ricci Curbastro, Eugenio Pomarici e Davide Gaeta. Le opinioni del pubblico dei produttori.
Al talk show di VinoVip al Forte, che si è aperto subito dopo la consegna del Premio Khail, si è parlato del “Il futuro delle Doc”. La prima legge di protezione dei vini in Italia risale al 1963 (Dpr 930/1963), come ha ricordato il prof. Attilio Scienza, presidente del Comitato nazionale vino Dop e Igp, esordendo con un inquadramento storico del sistema delle denominazioni. «Ma bisogna attendere il 1992 (Dpr 164/1992) perché venga introdotto il principio di “rinomanza” tipico francese, quello che nasce cioè dalla presenza in un vino del terroir, della qualità e della notorietà. Questo diventa requisito minimo per l’attribuzione di un nome geografico.
Semplificazione e sostenibilità
Oggi il cambiamento climatico in atto rende necessario un adeguamento dei disciplinari, ridefinendo processi e parametri di produzione, «e questo deve avvenire su iniziativa dei consorzi, che sono espressione della volontà comune dei produttori». Parallelamente è importante portare avanti un processo di semplificazione del sistema Doc/Docg, che attualmente sono 419, attraverso l’accorpamento in macro denominazioni – comprensive delle relative Uga (Unità geografiche aggiuntive introdotte con L. 238/2016) – delle micro realtà non rivendicate o con tassi di imbottigliamento molto bassi. «Sempre il clima che cambia ci porta a ripensare, ampliandola, la lista dei vitigni atti alla produzione e a introdurre le varietà resistenti nei disciplinari ».
Sull’importanza della semplificazione ha convenuto Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Equalitas e past president Federdoc: «I 76 Consorzi nazionali rappresentano il 90% della produzione Dop. Il vero problema è la dimensione di certe denominazioni non rivendicate che non riescono a essere rappresentate. La soluzione è accorpare non solo le denominazioni ma anche i Consorzi».
Un altro aspetto approfondito all’incontro è stato quello dell’esigenza di un marchio nazionale unico di sostenibilità. I cittadini e i consumatori sono sempre più sensibili all’aspetto ambientale, alla gestione del territorio e alle politiche aziendali. Con Scienza che ha parlato delle condizioni ora favorevoli all’ingresso dei parametri legati alla sostenibilità all’interno disciplinari, divenendo in questo modo oggetto di controllo. Mentre Ricci Curbastro si è concentrato sul «vero pilastro della sostenibilità, quello sociale. Una Doc nasce anche per dare un reddito maggiore a chi lavora sul territorio, dal produttore di vino al ristoratore a chi è impegnato nel settore turistico».
Utilità degli strumenti di gestione
«L’esigenza di semplificazione delle denominazioni potrebbe essere soddisfatta facendo confluire le micro realtà poco o non rivendicate nelle Igt?». Si è chiesto il prof. Eugenio Pomarici dell’Università di Padova, che ha poi portato l’attenzione sugli strumenti di gestione congiunturale e strategica già previsti dai disciplinari per il miglioramento qualitativo del prodotto e la gestione quantitativa dell’offerta. Intendendo per “congiunturali”, per esempio, «la possibilità da parte delle Regioni di aumentare le rese del +20% nelle annate climaticamente favorevoli o di ridurle in quelle sfavorevoli, e di stabilire altri sistemi regolazione della raccolta uva e dello stoccaggio dei vini». Mentre gli strumenti “strategici” consisterebbero, per esempio, nell’introduzione da parte dei Consorzi di piani di miglioramento della qualità del prodotto (L. 238/2016, art. 39) e di piani di produzione triennale (Decreto MiAAFT, 18 luglio 2018, art. 6).
Ma siamo sicuri che interventi di questo genere portino poi a reali benefici economici per le imprese? L’analisi del prof. Davide Gaeta dell’Università di Verona pare smentirlo. «Limitare l’area di produzione o le rese da parte dei consorzi con l’obiettivo di aumentare proficuamente i prezzi porta solo ad un aumento dei costi per il produttore, non al beneficio economico atteso. Questo accade solo se si ha un potere di mercato che le denominazioni non possiedono».
La parola ai produttori
Voci a favore o contrarie all’esigenza di semplificazione delle denominazioni e all’utilità di piani strategici di lungo corso sono arrivate anche dai produttori presenti tra il pubblico. Luca Rigotti, presidente di Mezzacorona, ha portato la testimonianza delle realtà cooperative: «Concordo sulla necessità di accorpare i Consorzi. Il Trentino è composto da tanti piccoli viticoltori, che noi rappresentiamo in buona parte, ma bisogna trovare le condizioni di condivisione sui grandi temi».
La prima voce dell’impresa privata arriva da Lamberto Frescobaldi: «Non colgo l’esigenza di una semplificazione del sistema delle Doc/g. Le differenze sono un elemento di forza. Penso sia più utile “tirarci in casa” quel 50% di vino italiano prodotto che ancora non è a denominazione». Anche per Marina Cvetic di Masciarelli la molteplicità è un valore: «Per me le denominazioni sono poche. È necessario raddoppiarle valorizzando in questo modo il territorio e i brand».
«In Friuli, nonostante l’approvazione di una Doc regionale, è difficile trovare un accordo tra noi produttori», ha spiegato Annalisa Zorzettig. «I Consorzi dovrebbero prendere in mano la situazione è affrontare le questioni in modo sistematico». Per Piero Mastroberardino, che pur sponsorizza l’appello alla semplificazione, «il problema non risiede tanto nel numero delle Doc, ma in una pianificazione strategica aziendale, che oggigiorno non può più essere triennale, bensì elastica, come esige il mercato».
Roberto Castagner vive nell’area del Prosecco, «dove la Doc ha fatto la differenza creando valore e arricchendo la zona. Ora serve una semplificazione normativa per rendere accessibile il mondo imprenditoriale ai giovani». «Sarebbe logico accorpare i Consorzi Doc e Docg del Prosecco», ha concluso Ernesto Balbinot di Le Manzane, «ma bisognerebbe mantenere l’immagine dei due prodotti (Doc e Docg) separata».
Foto di apertura: Eugenio Pomarici, Attilio Scienza, Alessandro Torcoli, Riccardo Ricci Curbastro e Davide Gaeta © M. Cremonesi per tutte le foto del servizio
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