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Vino status symbol o alimento?

11 Agosto 2016 Civiltà del bere

Di Lucio Bussi

  I cambiamenti nel mondo del vino italiano degli ultimi cinquant’anni hanno accompagnato e sono stati il frutto di quelli della società: dal boom economico all’urbanizzazione di larghe fette della popolazione fino alla terziarizzazione e al crescere di modelli di consumo e stili di vita salutistici, attenti a mode e diete, ma anche all’ambiente.

Mezzo secolo di trasformazioni

I cinquant’anni in questione sono anche quelli di storia di Vinitaly. Mezzo secolo in cui, in effetti, l’Italia si è trasformata da Paese ancora largamente rurale in una potenza industriale mondiale e il vino ha seguito questa evoluzione passando da alimento apportatore di energia per una popolazione molto impegnata nel lavoro fisico a elemento di piacevolezza, che accompagna i momenti belli e importanti della vita. Una serie di cambiamenti fotografati all'ultimo Vinitaly dall’Osservatorio del vino, l’organismo nato ufficialmente il 10 dicembre scorso per iniziativa dell’Uiv con la partnership strategica di Ismea e SDA Bocconi - Wine Management Lab e la partecipazione tecnica di Wine Monitor Nomisma. L’Osservatorio è diventato lo strumento ufficiale che fornirà dati e ricerche a Vinitaly-Veronafiere.

Il simbolo dell'Italian Style

È stato mezzo secolo in cui il vino è diventato uno dei simboli dello stile di vita italiano nel mondo e una delle prime voci della bilancia commerciale, con vendite all’estero nel 2015 di circa metà della produzione per un valore di 5,4 miliardi di euro che, per un settore da 12,4 miliardi di fatturato, non è poca cosa. Certo si può fare di più e negli obiettivi del governo, che punta a sostenere questo e gli altri prodotti dell’agroalimentare nazionale, c’è quota 7 miliardi nel 2020.

La nascita delle denominazioni

«Negli anni Sessanta», ha rilevato Fabio Del Bravo di Ismea, «il vino è considerato un alimento energetico e il consumo pro capite annuo supera i 90 litri nella media del decennio; la produzione è poco specializzata con molta viticoltura promiscua e non orientata alle varietà. Si esporta solo il 4% (principalmente in cisterna) di una produzione che oscilla tra i 65 e i 70 milioni di ettolitri, tendenzialmente in crescita; la qualità è mediamente modesta. In questo decennio viene varato il Dpr 930/63 che istituisce le denominazioni d’origine controllata dei vini, facendo nascere negli anni seguenti le prime Doc, e nel 1967 prendono il via a Verona le Giornate del Vino Italiano che quattro anni più tardi diventeranno Vinitaly».

Lo scandalo del metanolo

Negli anni Settanta cresce l’offerta, aumentano i consumi pro capite e le superfici vitate; le quantità prodotte superano mediamente i 72 milioni di ettolitri, s’impone impetuosamente anche l’export, segnando il +500% in media rispetto al decennio precedente per un totale di 12,2 milioni di ettolitri. Gli anni Ottanta segnano lo spartiacque nella storia enoica nazionale. Lo scandalo del metanolo rivoluziona il modo di produrre e di commercializzare. Ha spiegato Del Bravo: «Cresce l’offerta di vini a denominazione e si consolidano le strategie di branding su diverse fasce di prezzo». Il consumo nel decennio cala del -21% a 74 litri pro capite, mentre le quantità prodotte scendono solo del -4%, contro una riduzione delle superfici a vigneto del -13%, che si fermano a 971 mila ettari; l’export aumenta del +18% a quota 14,3 milioni di ettolitri.

La rinascita del vino status symbol

Gli anni Novanta sono quelli della ricostruzione dell’immagine del vino italiano, del rinnovamento in cantina e dell’investimento nella qualità mentre gli scambi internazionali accelerano. La viticoltura si specializza e nella commercializzazione si consolidano le strategie di branding accanto alla crescita delle denominazioni. La superficie a vite cala ancora del -18%, attestandosi a 836 mila ettari; la produzione perde il -15% fermandosi a 59 milioni di ettolitri di media; crolla il consumo pro capite del -24% rispetto al decennio precedente a 56 litri e l’export rimane pressoché stabile a 14,2 milioni di ettolitri.

Ambasciatore del territorio

La trasformazione in prodotto cult avviene negli anni Duemila, quando il vino viene caricato di nuovi significati e diventa simbolo e ambasciatore del territorio e si afferma all’estero; sono gli anni del fenomeno dell’enoturismo e della diffusione di massa dei corsi per sommelier, ha spiegato Del Bravo. Meno quantità (la media produttiva cala a 47,5 milioni di ettolitri e gli ettari a 710 mila) e più qualità diventano le parole d’ordine; il consumo pro capite crolla a 46 litri mentre l’export spicca il volo e cresce del +20% arrivando a 17,1 milioni di ettolitri.  
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 03/2016. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!

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