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Vino magmatico fa rima con enigmatico

4 Gennaio 2018 Civiltà del bere

di Pedro Parra

  Come geologo, consulente per il terroir, viaggiatore senza sosta tra i due emisferi, mi si pongono sovente domande riguardanti la correlazione tra la qualità dei vini e la natura dei suoli. La gente facilmente riconosce nel calcare il terreno migliore per raggiungere grandi risultati. Sono state regioni come la Borgogna, Barolo, la Rioja a portarci verso questa osservazione. Altre formazioni rocciose, come lo scisto o il granito, sono solo un gradino al di sotto, ma sempre in prima linea se parliamo di alta qualità. Per quanto mi riguarda, dopo 16 anni di ricerche, queste sono in effetti le tre migliori formazioni-madre, in termini geologici. Quindi se ci poniamo la stessa domanda sui terroir vulcanici e sui prodotti da questi ottenuti, forse possiamo classificare al quarto posto il vulcano in ordine di riscontro qualitativo nei vini?

Un punto di vista internazionale

La discussione è aperta, e mi è capitato sovente negli ultimi due anni di partecipare a convegni sui vini “vulcanici”. Io sono cileno, per questo ho passato molti anni della mia carriera lavorativa come consulente sui suoli magmatici, ai piedi delle Ande. Questo dato biografico naturalmente ha influenzato il mio punto di vista e so bene quanto possa essere complicato un terroir di questo tipo. Ma negli ultimi tre anni ho avuto la fortuna di poter lavorare sull’Etna, in Maremma, in Oregon e Sonoma, tutte aree di origine magmatica. E queste esperienze mi hanno aperto nuove prospettive sul tema.

Perché parliamo di vino magmatico

Per parlare di questi vini è molto importante, innanzitutto, capire che cosa significa suolo vulcanico. E quindi, che cos’è una roccia d’origine vulcanica. Secondo Wikipedia, si tratta di una roccia formata dal magma eruttato da un vulcano. Ovviamente, il discorso è molto più complicato. Come esperto di terroir, in ogni luogo il mio sguardo si rivolge a quei parametri che influenzano il vino, come il drenaggio, l’acqua, la fertilità, la mineralità, la presenza di rocce, la loro frattura, capacità di ritenzione idrica, ecc. Sono tutti fattori fondamentali per allevare grandi vigne che siano in grado di sviluppare radici, a loro volta capaci di infilarsi nelle fratture di roccia, fino a trovare nutrienti completi e acqua a sufficienza.

Suoli che cambiano da ettaro a ettaro

È piuttosto difficile generalizzare quanto siano validi o meno i terroir vulcanici. È anche molto complicato comparare terreni di origine vulcanica in Paesi diversi. Sono comunque molto complessi, se li paragoniamo al granito e al calcare. Perché?
  • I suoli vulcanici presentano spesso una famiglia di argille di scarsa qualità;
  • In molti casi sono costituiti di argille pesanti o limose, con scarsa micro porosità, che alla fine serve affinché si possano sviluppare le radici;
  • Hanno la tendenza a presentare una grande micro variabilità, che significa che si passa da uno splendido terreno di pietra fino a un’argilla dura e povera anche nell’arco di un metro. L’ho definita bipolarità, difficile in molti casi da affrontare, perché i vini spaziano dalla nota minerale (fine) a quella vegetale (volgare). Ciò significa che, più di ogni altro, un simile tipo di suolo necessita di misurazioni precise. Nella mia esperienza, generalmente, i terroir vulcanici cambiano enormemente ogni 0,2 ettari.

Dal diario di Pedro Parra. Tre esempi di suoli vulcanici

Eola Amity, Willamette Valley, Oregon
Ho avuto la possibilità di lavorare a fondo in Oregon negli ultimi tre anni e ho compreso quanto possano variare i terreni. Mi sono innamorato di Eola Amity, fondamentalmente perché qui ho trovato il più bel giacimento di pietra basaltica. Ovviamente, non è semplice, perché si passa in un attimo dall’argilla al limo. Due grandi vini su roccia basaltica sono il Pinot nero 2015 di Chapter 24 Fire e lo Chardonnay X Novo 2015 di Walter Scott, entrambi di Eola Amity Hills.
Etna
Non sono un esperto di Etna, ma ho avuto spesso la possibilità di presentare i vini dell’area durante seminari sui terroir. Conosco anche Emiliano Falsini e Giuseppe Russo, così due anni fa passai una giornata scavando nelle vigne di Graci e di Russo. Sorprendente! La quantità di basalto nero con contenuto di limo era impressionante. I suoli erano profondi, con diverse concentrazioni di pietre a seconda del luogo. Il drenaggio era molto buono e anche il livello di crescita delle radici. Il mio vino preferito è il San Lorenzo di Russo, un Nerello Mascalese fantastico, elegante e minerale.
Pitigliano, Maremma
Ho lavorato a Pitigliano, posto celebre per via del suo tufo vulcanico e del borgo meraviglioso. Mentre scavavo pensavo al Cile. Stesso tipo di terreno, che passa facilmente dall’argilla al limo e dal limo alla pietra. Bipolare. Dall’alto vigore allo stress della pianta in pochi metri. Devo ammettere che all’inizio rimasi deluso, poi a poco a poco il suolo cominciò a rivelarsi e ho trovato della fantastica pietra di tufo vulcanico limoso. Le radici affondavano nelle profondità, con grande capacità di ritenzione idrica del suolo, e i vini risultavano freschi e minerali. Il mio preferito in zona: il Ciliegiolo San Lorenzo di Sassotondo.

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