Scienze Scienze Riccardo Oldani

Le 7 uve resistenti selezionate dal progetto Vevir per la viticoltura trentina

Le 7 uve resistenti selezionate dal progetto Vevir per la viticoltura trentina

Sono Nermantis, Termantis, Valnosia, Charvir, Solaris, Souvignier gris e Pinot Regina. Sono state selezionate dal progetto quadriennale Vevir tra una trentina di uve resistenti a peronospora e oidio dopo test in vigna e in cantina. Per molti il loro utilizzo, in blend con i vitigni tradizionali, porterà a una viticoltura più sostenibile senza perdere in qualità.

Ci sono voluti quattro anni per testare sul campo oltre 30 uve resistenti a oidio e peronospora in diverse aree viticole del Trentino, come la Piana Rotaliana, la Vallagarina e la Valsugana. Ma alla fine il lungo lavoro di tecnici e ricercatori della Fondazione Edmund Mach ha avuto successo. Ne sono emersi i profili di sette varietà resistenti (di vitigni resistenti abbiamo parlato anche qui), considerate ideali per la coltivazione e la produzione nei versanti montani di quest’area alpina per produttività, tolleranza alle malattie e potenziale enologico in abbinamento a due uve tradizionalmente utilizzate nella zona, Chardonnay e Marzemino.

Un progetto plurale

Le sette varietà in questione sono Nermantis, Termantis, Valnosia, Charvir, Solaris, Souvignier gris e Pinot Regina e il lavoro che le ha selezionate si è svolto nell’ambito del progetto Vevir, coordinato dal Civit (Consorzio Innovazione Vite), cui hanno partecipato, in partnership, la Fondazione Edmund Mach (Fem) per gli aspetti scientifici, e le aziende Cavit, Mezzacorona, Cantina di Lavis e Cantine Ferrari.

Il valore della collaborazione

Uno studio che, tra l’altro, premia la ricerca trentina sulle varietà viticole, dato che i primi quattro vitigni selezionati sono risultato del programma di miglioramento genetico condotto sempre dalla Fem (ne abbiamo parlato qui). Gli esiti sono stati presentati agli inizi di marzo in un convegno, visibile in versione integrale su YouTube (a questo link). Il presidente di Fem Mirco Maria Franco Cattani ha sottolineato che «il lavoro fatto con il progetto Vevir rappresenta l’immagine della collaborazione proficua tra enti e realtà diverse. Noi abbiamo condotto la parte dedicata alla ricerca scientifica e ora inizierà una fase più commerciale, per favorire la diffusione delle varietà selezionate».

Un’opportunità per la sostenibilità

Secondo Maurizio Bottura, del Centro di Trasferimento Tecnologico della Fem, «il lavoro fatto dimostra che anche varietà diverse da quelle tradizionali possono rappresentare un’opportunità per il territorio trentino. Il progetto Vevir ha valutato dal punto di vista agronomico ed enologico una serie di varietà tolleranti alle principali patologie fungine che colpiscono la vite, oidio e peronospora, la cui diffusione consentirà di ridurre i trattamenti in vigna. La valutazione è avvenuta sul campo per verificare adattabilità e potenzialità dei vitigni e poi in cantina attraverso una serie di microvinificazioni. Ora siamo pronti per avviare la diffusione delle sette varietà individuate soprattutto in aree sensibili, vicine a centri abitati o in cui la meccanizzazione è impraticabile, allo scopo di limitare l’uso di fitofarmaci a beneficio della comunità e dell’ambiente».

Una strada da seguire

Lorenzo Gretter, responsabile tecnico del consorzio Civit, ha spiegato come il progetto Vevir «risponde a esigenze che non riguardano soltanto il territorio trentino, ma tutte le aree produttive italiane. Indica quindi un percorso da seguire, soprattutto per la sempre crescente richiesta, da parte dei consumatori, di vini prodotti in modo sostenibile e attraverso un utilizzo ragionato e sostenibile dei fitofarmaci. Il tutto, naturalmente, tenendo in considerazione l’aspetto commerciale, la necessità cioè di arrivare a produrre vini di qualità».

La questione qualità

Un tema importante, perché da più parti si è evidenziato, in passato, come vitigni selezionati per le loro particolari caratteristiche di resistenza ai patogeni perdano in realtà importanti caratteristiche organolettiche, con risultati non soddisfacenti in bottiglia. Il progetto condotto in Trentino è nato anche per superare questo tipo di obiezione. «Abbiamo verificato», ha detto ancora Gretter, «come le nuove generazioni di varietà tolleranti si avvicinino molto ai valori qualitativi tipici della vite europea e possano reggere il confronto con i risultati ottenuti a livello enologico con le varietà tradizionali».

Attenzione alle esigenze produttive

Sergio Moser, anch’egli del Centro di Trasferimento Tecnologico della Fondazione Edmund Mach, ha illustrato il lavoro fatto in cantina di microvinificazione per ottenere vini di qualità. I prodotti ottenuti, tra l’altro, sono disponibili per analisi sensoriali e chimiche per chi volesse verificarne le caratteristiche. Le varietà testate sono sia bianche, in particolare adatte alla spumantizzazione, sia rosse. «Per le uve da spumante, per esempio», ha spiegato Moser, «l’analisi ha anche riguardato i tempi di maturazione, verificandone lo scostamento rispetto a quelli dello Chardonnay, la varietà più utilizzata in Trentino per la produzione di Metodo Classico». Oltre alle caratteristiche organolettiche e ai contenuti zuccherini si sono considerati i tempi di vendemmia, in modo da individuare uve in grado di integrarsi alla perfezione con i processi produttivi delle Cantine locali.

uve resistenti


I quattro vitigni frutto del programma di miglioramento genetico della Fondazione Edmund Mach che il progetto Vevir ha individuato tra le sette migliori varietà resistenti per la viticoltura trentina. Sono Termantis e Nermantis, a bacca rossa, e Charvir e Valnosia, a bacca bianca

Polifenoli e tannini

Le uve a bacca rossa sono state analizzate in cantina anche per il contenuto totale di polifenoli a 12 mesi dall’imbottigliamento. Tra i risultati è emerso, spiega Sergio Moser, «come Nermantis e Termantis, che sono figli del Teroldego, mostrino contenuti di polifenoli allineati con quelli del loro genitore». Informazioni utili per la creazione di possibili blend. I dati sviluppati dal progetto riguardano comunque tutte le varietà analizzate, anche quelle non incluse tra le sette ritenute migliori per la viticoltura trentina. Per esempio è emerso come Cabernet Cantor e Cabernet Cortis siano i vitigni resistenti, tra quelli studiati, con i maggiori contenuti di tannini; in particolare quelli ad alto peso molecolare, più facilmente estraibili. Interessanti, quindi, per rossi a lungo a invecchiamento, non propriamente tipici della produzione trentina, ma utili per immaginare nuovi prodotti o anche per produttori di altre aree vinicole.

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© Riproduzione riservata - 31/03/2021

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