Il produttore marchigiano si è spento il 21 agosto all’età di 89 anni. Dalla laurea alla Bocconi alla fondazione della Cantina che porta il suo nome, passando per il sodalizio con l’enologo Giorgio Grai e il passaggio di consegne alla famiglia Veronesi. La storia di un grande vignaiolo
Lo scorso 21 agosto ci ha lasciato Ampelio Bucci, tra i massimi protagonisti dell’ascesa e consacrazione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Nato nel 1936 a Senigallia, in provincia di Ancona, il produttore marchigiano si è spento all’età di 89 anni dopo una vita al servizio della migliore enologia italiana. Uomo colto e visionario, dai modi eleganti e gentili, fu tra i primi a scommettere sulla longevità del Verdicchio, che all’inizio degli anni Ottanta cominciò a vinificare anche in botti grandi (di rovere di Slavonia), ribaltando l’idea di bianco fresco, da affinare in acciaio e consumare giovane. Una scelta tanto pionieristica quanto rivoluzionaria, poi seguita con successo dalla maggior parte delle aziende della zona.
Dagli studi milanesi alla nascita della Cantina
Milano era la sua città d’adozione, quella dove si era laureato in Economia alla Bocconi e aveva mosso i primi passi da docente nel settore della moda e del design. Ma poi il richiamo della terra d’origine ebbe la meglio. E Ampelio, unico maschio di quattro figli, cominciò ad occuparsi dei patrimoni terrieri di famiglia tra Montecarotto, Serra De’ Conti e Pongelli di Ostra Vetere, entroterra anconetano a pochi chilometri dal mar Adriatico dove i suoi avi erano dediti all’agricoltura (non solo uva ma anche cereali) dal 1700. Nel 1983 a Ostra Vetere fondò Villa Bucci, che oggi figura tra le più prestigiose Case vinicole dei Castelli di Jesi, con i suoi 31 ettari vitati complessivi, sparsi in numerosi appezzamenti di differenti esposizioni, in regime biologico da oltre 30 anni.
La collaborazione con Giorgio Grai e il Villa Bucci
Per la parte enologica Ampelio Bucci decise subito di affidarsi all’enologo Giorgio Grai, con cui avviò un lungo sodalizio – non privo di scontri e litigate memorabili – durato fino alla scomparsa del grande professionista altoatesino nel 2019. Dalla loro appassionata collaborazione è nato l’iconico Villa Bucci, Castelli di Jesi Classico Riserva, senza dubbio tra i più premiati vini bianchi italiani a livello nazionale e globale. Nel 2024, il millesimo 2020 fu tra i protagonisti di una prestigiosa masterclass dedicata ai vini più apprezzati dalla critica tricolore durante il nostro evento milanese Simply the Best e il produttore fece in modo di intervenire personalmente alla degustazione (la foto di apertura di questo articolo è stata scattata proprio in quell’occasione), orgoglioso dell’ennesimo riconoscimento ottenuto.
I capisaldi della sua filosofia produttiva
Ma Ampelio Bucci era altrettanto fiero del suo second wine, la versione Classica del Verdicchio, prodotta con le stesse uve del Villa Bucci e commercializzata un paio d’anni prima della Riserva. Perché oltre ad essere un’uva capace di invecchiare bene, il Verdicchio si dimostra anche una varietà estremamente versatile, specchio del terroir e della sensibilità stilistica del produttore. E questo Ampelio Bucci l’ha dimostrato come pochi altri.
Alla logica dei cru privilegiava l’unione armonica delle migliori partite provenienti dai diversi vigneti. Al rinnovamento degli impianti opponeva il valore delle vecchie vigne, almeno trentennali, insostituibili in termini di equilibrio, ricchezza e complessità aromatica nel calice. Alla barrique ha sempre preferito la botte grande, anche quando il piccolo formato si era trasformato in una moda imperante. Una filosofia produttiva (e di vita) all’insegna della classicità e della misura, quell’abilità di creare etichette senza tempo, oltre il tempo, che in pochi possono vantare. Il tutto nel rispetto assoluto della natura e dei suoi ritmi lenti.
Una grande eredità da preservare
Non avendo eredi, negli ultimi anni si è preoccupato di garantire un futuro alla sua adorata azienda vinicola e nel 2024 ha firmato il passaggio di proprietà al gruppo Oniverse (ex Calzedonia, di cui fa parte anche Signorvino) della famiglia Veronesi, restando in Cantina come consigliere esterno. Al suo team storico, chiamato ad affiancare la nuova gestione, va ora il compito di portare avanti l’immenso lascito di un vignaiolo fiero, brillante e nobile. Proprio come il suo Verdicchio.