Scienze Scienze Riccardo Oldani

L’intelligenza artificiale ci dice quanto è buono il Pinot nero

L’intelligenza artificiale ci dice quanto è buono il Pinot nero

Un sistema messo a punto in Nuova Zelanda utilizza tecniche di machine learning per stabilire, considerando 54 diverse variabili, se un vino potrà essere di qualità eccelsa. Uno strumento oggettivo che potrebbe rivelarsi utile per i winemaker. Ma che, in fondo, non può fare a meno dell’uomo.

Si parla tanto di digitalizzazione delle imprese del vino e, nel farlo, si citano tante possibili ricadute e applicazioni. Tra queste anche l’impiego dell’intelligenza artificiale di cui però, agli occhi di un profano, è difficile vedere l’attinenza con il mondo della vigna e della cantina (ne avevamo parlato anche qui). Per capire le potenzialità di questa tecnologia può essere allora utile esaminare una ricerca condotta insieme da studiosi della Lincoln University di Christchurch, in Nuova Zelanda, e della Colorado State University, negli Usa.

Apprendimento automatico

Gli scienziati, con competenze in tecnologie informatiche, chimica e viticoltura, hanno infatti provato a utilizzare un particolare tipo di intelligenza artificiale. Esso si basa sull’apprendimento automatico o “machine learning”, per definire in modo oggettivo la qualità del vino sulle base di una serie di caratteristiche chimico-fisiche legate alla sua composizione.

Obiettivo Pinot nero

La ricerca ha riguardato in particolare il Pinot nero prodotto in Nuova Zelanda. Questa, scrivono gli autori dello studio, “è una varietà considerevolmente più complessa rispetto ad altre cultivar per le particolari necessità in fatto di composizione del terreno e di clima fresco”. Il Pinot nero non predilige i suoli profondi e ricchi, ma i depositi sabbiosi e i substrati carsici. È anche precoce nella produzione delle gemme e nel periodo di raccolta; impone quindi ai produttori di essere particolarmente cauti, per evitare di subire gli effetti negativi delle gelate primaverili. Parliamo poi di viti con una resa relativamente bassa e di un’uva dall’acino piccolo, impiegata per vini di qualità. Soprattutto, dicono gli studiosi, “il Pinot nero è suscettibile di frequenti mutazioni del genoma, che risultano nella produzione di cloni differenti anche sulla stessa pianta. Esistono almeno 40 cloni identificati, di cui 15 apprezzati per l’alta qualità di prodotto!.

Diciotto vini, tante variabili

Vista la difficoltà del percorso che conduce a ottenere Pinot nero di grande pregio, gli studiosi hanno provato a impiegare tecniche di machine learning, che richiedono una grande quantità di dati da analizzare, per affinare mano a mano, con “l’esperienza”, i risultati ottenuti e avvicinarsi progressivamente a una verosimiglianza sempre più alta nelle risposte. La base della ricerca sono stati 18 vini, fatti degustare e classificati da un gruppo di esperti. Poi si è passati alle analisi chimiche e fisiche. Così sono state isolate per ognuno dei 18 vini 54 variabili, dal contenuto di etanolo al pH alla presenza di un’ampio numero di sostanze chimiche.

Alla ricerca di schemi

L’obiettivo era riscontrare schemi ricorrenti associati all’alta qualità che l’intelligenza artificiale possa essere in grado di riconoscere nei vini. Siccome però il machine learning ha necessità di una grande base di dati per riuscire ad “apprendere” e a tararsi in modo corretto sui quesiti proposti, i ricercatori hanno applicato un metodo statistico per incrementare in modo artificiale la base di informazioni. Uno stratagemma che ha consentito di affinare il metodo di valutazione dell’applicazione di intelligenza artificiale fino a raggiungere una precisione del 100%. Che cosa vuole dire? Semplicemente che esaminando le 54 caratteristiche del vino in questione il sistema di machine learning è in grado di esprimere un giudizio sulla sua qualità al 100% corrispondente con quello degli esperti.

Perché è utile

Perché può essere utile un sistema del genere? Per esempio perché può consentire a un produttore di capire anche durante la fase di vinificazione se il vino che otterrà potrà essere di alto livello. Ma anche perché può rappresentare una forma oggettiva di certificazione del valore di un vino, utilizzabile come garanzia sia per i consumatori che per gli investitori. Automatismi, insomma, per predire quanto sarà valida una bottiglia. Non pensiamo però che soluzioni di questo tipo possano soppiantare il nostro giudizio. Alla fine, per tararli, è pur sempre necessaria una valutazione iniziale da parte dell’uomo.

Foto di apertura: la ricerca sulle tecniche di machine learning ha riguardato il Pinot nero prodotto in Nuova Zelanda © D. Comer – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 04/05/2022

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