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L’eredità di Soldera è nel cru

L’eredità di Soldera è nel cru

Gianfranco Soldera ha sottolineato perfino con la propria tragica fine il profondo dissenso che lo separava ormai da una denominazione che pochi avevano contribuito a rendere grande con un impegno pari al suo.

Stroncato il 16 febbraio da malore in seguito a un incidente stradale a Montalcino, Soldera è morto proprio mentre era in corso la manifestazione Benvenuto Brunello a cui non partecipava. Il cordoglio espresso dal Consorzio di tutela del Brunello e le parole di stima del presidente Patrizio Cencioni nei suoi confronti, «un produttore che ha fortemente valorizzato l’immagine del Brunello nel mondo», hanno messo fine alla conflittualità che li aveva spinti ad affrontarsi in Tribunale, ma non hanno risolto la questione di principio di quel contrasto.

Le ragioni della rottura di Soldera con il Consorzio

Che cosa aveva indotto Soldera a spezzare il suo rapporto con il Consorzio? I motivi di frizione non mancavano: lui era un personaggio scomodo, la sua intransigenza nel pretendere che il Brunello fosse fatto con uve Sangiovese in purezza, come prescrive il disciplinare di produzione, era assoluta e gli aveva procurato antipatie e inimicizie che non erano svanite neppure nel 2008, quando lo scandalo di Brunellopoli aveva confermato che il Sangiovese di parecchi produttori era “Merlottizzato” e che a quel malcostume non era del tutto estraneo neppure il Consorzio.

Gianfranco Soldera

Il sabotaggio del 2012

Lo strappo però è avvenuto qualche anno dopo per tutt’altro motivo. Nella notte del 2 dicembre 2012 un ex dipendente con cui Soldera aveva avuto degli screzi, introdottosi nella cantina di Case Basse, aprì le valvole di 10 botti in cui stava maturando il Brunello di Montalcino di sei annate, dal 2007 al 2012, svuotando nelle fogne i 62.600 litri che contenevano. Un danno economico enorme.

La proposta del Consorzio

Sul piano giudiziario la vicenda si concluse rapidamente, il 21 marzo successivo, con la condanna del vandalo a quattro anni di reclusione. Ma nel frattempo il Consiglio direttivo del Consorzio aveva lanciato un’idea: raccogliere tra i soci del vino Brunello da donare a Soldera per “tendere la mano a chi aveva subito un ingiusto danno”.

E il gran rifiuto di Soldera

La proposta “merita il nostro sentito ringraziamento”, aveva commentato a caldo Soldera, ma avanzando un suggerimento: avrebbe preferito che i proventi della vendita di quel vino non fossero destinati all’azienda Case Basse “ma a sostenere attività di ricerca e sperimentazione che abbiano come oggetto il vitigno e il vino Sangiovese nel territorio di Montalcino e la sua valorizzazione nel mondo”. Anche perché avvertiva, “intendiamo continuare la nostra attività basandoci sulle nostre forze”.

Vigna Soldera Case Basse

In lui c’era il coraggio dell’onestà

Il Consorzio aveva ignorato il consiglio e trascurato l’avvertimento: intendeva donargli del Brunello perché lui lo imbottigliasse per venderlo poi come “vino della solidarietà”. Soldera respinse con sdegno l’offerta e si dimise dal Consorzio: «Avrei dovuto imbottigliarlo come mio, non sapendo da dove venisse», spiegò in un’intervista a Luciano Ferraro del Corriere della Sera. «La proposta era irricevibile e offensiva, una truffa al consumatore. Il produttore deve usare solo le sue uve, altrimenti come fa a sapere cosa c’è in un acino?».

La reazione del Consorzio fu veemente

Ritenendo offesa da queste affermazioni l’onorabilità dei suoi associati, il Consorzio querelò Soldera per diffamazione ma non si limitò a questo: incurante del fatto che lui si era già dimesso, lo espulse. La querela si è rivelata un boomerang. Il Tribunale di Milano lo ha assolto perché non aveva fatto altro che esercitare il diritto di critica. Però non ha dato risposta all’interrogativo più importante: aveva ragione a rifiutarsi di imbottigliare un vino non suo da vendere, sia pure con etichetta diversa, con il nome della propria azienda?

Il Case Basse, Sangiovese Igt dal 2013

Il valore del cru è più forte delle denominazione ufficiale

I membri del Consorzio, anche se in buona fede, non si erano resi conto che Case Basse è il nome di un cru. E un cru, per Soldera, «è unico, raro, longevo. In esso si riconosce il microterritorio, la vigna dove è nato. Un grande vino non è sostituibile perché ha caratteristiche uniche, come ogni opera d’arte». Ecco perché dalla vendemmia 2013 non ha più voluto che fosse un Brunello di Montalcino Docg ma un Sangiovese Igt: per testimoniare che il nome di un cru vale più di una denominazione ufficiale.

Una scommessa vinta

Solo nei prossimi anni si potrà verificare se aveva ragione. Quel ch’è certo già adesso è che questa decisione non ha provocato contraccolpi sul suo prestigio, anzi. Alle aste la Riserva Case Basse 1990 quota 1.180 euro la bottiglia, mentre la Riserva 1990 del marchio più illustre di Montalcino, Biondi Santi, non viene pagata più di 570.

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© Riproduzione riservata - 10/05/2019

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