È l’ora della verità (per fare informazione con onestà intellettuale)

È l’ora della verità (per fare informazione con onestà intellettuale)

Pubblichiamo l’editoriale dell’ultimo numero di Civiltà del bere (3/2024) in cui il direttore Alessandro Torcoli affronta il tema della degenerazione dello storytelling nel nostro settore e dei motivi che hanno portato alla decisione di uscire dal circuito delle edicole.

Emergono con insistenza appelli alla “verità”. A luglio, al nostro summit ampezzano, anche Luigi Moio, presidente Oiv, ha espresso l’auspicio di essere più onesti nel parlare di vino, riferendosi alle perniciose argomentazioni che qualcuno utilizza per ribattere alle accuse che l’alcol è nocivo per la salute. È controproducente sostenere che il vino possa sottrarsi a tale evidenza. Eppure, il nostro settore è popolato di personaggi che, per un posto al sole o alla tv, sono disposti a verità gesuitiche, ovvero a mentire per dire il vero (e viceversa). Piuttosto, diciamo chiaramente che è ingiusto demonizzare ciò che è parte della nostra cultura e che può essere fonte di un benessere diverso, non propriamente clinico, come il vino che, assunto con moderazione, porta piacere edonistico e favorisce la socialità. È un’argomentazione onesta, quella che rifiuta la medicalizzazione dell’esistenza.

Essere onesti nello storytelling

Un altro “allarme falsità” riguarda la degenerazione dello storytelling, di chi lo considera un’invenzione di storie, anche truccate. La comunicazione aziendale spesso pecca, quando non di bugie, di omissioni tattiche, che alterano la realtà.
Abbiamo letto, in alcuni articoli a pagamento (e ci auguriamo che i professionisti, quando liberi, non caschino nel tranello) di parenti spariti dall’albero genealogico, di precedenti proprietari inesistenti e di nuovi proprietari che si vantano di primati invece conquistati dagli (inesistenti, per loro) predecessori… talvolta si tratta di ingenuità, ma certe bugie sciupano l’immagine dell’azienda. Anzi rischiano di ledere il patto di fiducia tra imprese, comunicatori e consumatori.
Altri due ambiti in cui riteniamo utile continuare una battaglia di onestà: uno riguarda un tema enorme e generale, la sostenibilità, l’altro una questione molto più particolare, piccola, ma che coinvolge il patto tra noi (editori, giornalisti) e voi lettori. Partiamo dal primo punto, che liquideremo rapidamente in quanto è oggetto della monografia di questo numero della rivista: “l’impatto” del settore sull’ecosistema ambientale, sociale ed economico. Per raggiungere un punto di realtà, sul tema, e avere un quadro settoriale di riferimento, è necessario creare un modello che consenta di confrontare le performance delle singole aziende. È il grande impegno che abbiamo assunto con la collaborazione di un’azienda specializzata. A quel punto non basteranno le dichiarazioni di intenti, ma impegni misurabili nei vari indicatori.

Il nostro addio alle edicole

Infine, un altro nostro contributo di onestà, che riguarda una scelta un po’ drastica ovvero l’uscita dal circuito distributivo delle edicole. È una vexata questio dell’editoria periodica, da almeno dieci anni: restare o uscire? Approfittiamo di un accadimento infelice: a pochi giorni dalla stampa il nostro distributore ci ha informati di cessare l’attività, quasi dall’oggi al domani. Altri sopravvissuti sarebbero disposti a portare la rivista in edicola, ma per onestà abbiamo deciso di anticipare l’uscita dal circuito.
Che tipo di onestà e di coerenza? Forse chi è fuori da questo business non sa due cose fondamentali: primo, che circa tre quarti delle edicole hanno chiuso negli ultimi 15 anni, e l’emorragia continua (ma forse alcuni lettori di questo si sono resi conto sulla propria pelle); secondo, che i resi dei periodici (più o meno tutti), cioè le copie invendute, restituite e destinate al macero, viaggiano su tassi del 75-85%, ovvero (per capirci) su 10.000 copie spedite alle edicole grossomodo 2.000 copie sono vendute, 8.000 sprecate.

I tempi dell’informazione cambiano

Carta, inchiostro, energia. Per cosa? Il più delle volte per gonfiare i numeri e vantare di “essere in edicola”. È un assurdo, che non tiene conto degli enormi cambiamenti dell’industria dell’informazione. Il paradosso, infatti, è che la nostra testata – nonostante la moria dei giornalai – è più forte, più letta, più diffusa rispetto a 20 anni fa, grazie alle copie digitali, ai contenuti pubblicati online e al supporto dei social media che veicolano i nostri articoli. E chi ama la cara vecchia carta può acquistare la copia attraverso il sito web o abbonarsi per riceverla al proprio domicilio. Il lettore è servito e noi riduciamo “l’impatto” stampando solo le copie necessarie. Ci rendiamo conto di chiedere un piccolo sforzo agli affezionati dell’acquisto al chiosco, ma è solo un modo per portarsi tutti avanti, perché il futuro, evidentemente, è altrove.

Foto di apertura: © PDPics – Pixabay

Tag: , , ,

© Riproduzione riservata - 18/09/2024

Leggi anche ...

L’insostenibile pesantezza della sostenibilità
I commenti di Alessandro Torcoli
L’insostenibile pesantezza della sostenibilità

Leggi tutto

I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine
I commenti di Alessandro Torcoli
I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine

Leggi tutto

50 anni di Civiltà del bere. Protagonisti per una volta ancora
I commenti di Alessandro Torcoli
50 anni di Civiltà del bere. Protagonisti per una volta ancora

Leggi tutto