In Italia In Italia Cesare Pillon

Cinquant’anni all’insegna del “bere meno ma meglio”

Cinquant’anni all’insegna del “bere meno ma meglio”

Il giornalista Cesare Pillon ci accompagna in questo viaggio alla scoperta dei cambiamenti nel modo di approcciarsi al vino del pubblico italiano durante l’ultimo mezzo secolo. Dall’arrivo della barrique al successo del Novello fino all’affermazione di nuove zone di produzione come quella dell’Etna.

Il tormentone che ha accompagnato l’evoluzione del gusto del vino in Italia negli ultimi 50 anni è stato “bere meno ma bere meglio”. Ed effettivamente il consumo di vino è diminuito ma si è smesso di bere quello sfuso. Il vero salto di qualità è stato questo, perché il gusto dei vini in bottiglia, che quasi tutti gli italiani avevano bevuto fino allora soltanto in occasioni speciali, è cambiato ma non doveva essere tanto male neanche mezzo secolo fa, se già esistevano il Barolo e il Brunello di Montalcino. Che però erano del tutto sconosciuti alla maggioranza dei consumatori, i quali anche dopo aver abbandonato i vini sfusi continuarono a bere, tra quelli in bottiglia, i più semplici, meno impegnativi, poco costosi.

L’arrivo della barrique

Piacevano in particolare se avevano le bollicine anche i rossi. Non per niente Giacomo Bologna aveva esordito in Piemonte come produttore con una Barbera allegra, leggermente frizzante, La Monella. E fu con i rossi frizzanti che l’Italia passò dal vino sfuso a quello in bottiglia anche nell’esportazione, soprattutto negli Stati Uniti, dove questa tipologia era sconosciuta, per cui fu ribattezzata “Coca-Cola italiana”.
Il passo fondamentale nell’evoluzione del gusto, però, agli italiani lo hanno fatto fare, negli anni ’80, vini di ben altro livello, maturati in barrique, la piccola botte in rovere del Massiccio Centrale francese, e ricavati in tutto o in parte da uve di origine francese, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot per i rossi, Chardonnay e Sauvignon per i bianchi. Si diffuse in quegli anni la convinzione che quei vini, a cui negli Usa era stato dato il nome di Supertuscan, erano di qualità superiore perché ricavati da vitigni nobili.
Ci volle del tempo per rendersi conto che quella nobiltà era frutto di studi scientifici approfonditi e di selezioni clonali. In ogni caso era una nobiltà che rendeva costosi quei vini. La possibilità per i consumatori italiani di conoscerli e apprezzarli avvenne grazie al miglioramento delle condizioni economiche generali, negli anni del boom contrassegnati dallo sviluppo industriale, durante i quali il vino cominciò a perdere i connotati dell’alimento a buon mercato per assumere quelli della fonte di piacere, dell’elemento prezioso per migliorare la qualità della vita.

Il successo del Novello

Allo stesso tempo, però, il cambiamento dei ritmi di vita, nelle città ingigantite dai flussi migratori provocati dall’esigenza di mano d’opera delle industrie, creava la necessità anche di vini completamente diversi, freschi, leggeri, poco alcolici, più digeribili per consentire di tornare al lavoro senza problemi subito dopo il pasto. A soddisfare queste esigenze i più adatti si rivelarono i bianchi, perché era cambiata la loro vinificazione, e la fermentazione in assenza delle bucce ora praticata aveva reso più piacevole e moderno il loro gusto.
Non furono però soltanto i bianchi ad avere il loro momento magico grazie alla leggerezza. Negli anni ’80 e ancor più nei ’90 la tradizione del vino nuovo, ancor viva in quasi tutte le regioni, morì per l’irresistibile ascesa del Vino Novello, prodotto per fermentazione intracellulare alla maniera del Beaujolais Nouveau. La sua stagione non durò molto a lungo, ma non si estinse l’aspirazione alla leggerezza, che nel Nuovo millennio ha determinato la più rapida e sensazionale conquista del mercato internazionale che si sia mai vista. Protagonista il Prosecco, che presentandosi come uno Champagne da tutti i giorni, dal gusto semplice ma piacevole, è diventato fin dal 2013 lo spumante più venduto al mondo.

Cosa ci riserva il futuro

Meno vistosa ma importante è stata l’evoluzione del gusto sul versante più alto: hanno conquistato a sorpresa il favore anche dei palati più esperti i rossi di intrigante personalità ottenuti dalle uve autoctone siciliane di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, che hanno fatto scoprire la straordinaria vocazione di un territorio fino a ieri ignorato, le pendici dell’Etna.
E ora? Prevedere come si evolverà il gusto del vino nei prossimi anni è diventato più difficile che mai perché a dettare le variazioni non saranno più soltanto le preferenze dei consumatori ma le variazioni climatiche provocate dal surriscaldamento del pianeta, le tentazioni proibizioniste sempre più frequenti, gli imperativi salutistici in voga, il mito della naturalità sempre più aggressivo. Difatti c’è già chi, per soddisfare alcune di queste esigenze, lo ha messo in vendita privato in tutto o in parte dell’alcol.
È troppo chiedere che resti così com’è, la bevanda più piacevole mai inventata?

Foto di apertura: © D. Vogel – Unsplash

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 1/2024. Acquista

Sei abbonato digitale o premium? Sfoglia la rivista o scarica il pdf

Vuoi abbonarti? Clicca qui

Tag: , , , , , , , , ,

© Riproduzione riservata - 17/05/2024

Leggi anche ...

Il futuro della Doc Etna ha una doppia G: di Garantita e di Giovani
In Italia
Il futuro della Doc Etna ha una doppia G: di Garantita e di Giovani

Leggi tutto

Formaggi d’Italia: burrata di Andria, fiore all’occhiello della produzione pugliese
Degustazioni
Formaggi d’Italia: burrata di Andria, fiore all’occhiello della produzione pugliese

Leggi tutto

Premio Masi 2024: i vincitori della 43a edizione
In Italia
Premio Masi 2024: i vincitori della 43a edizione

Leggi tutto