Le responsabilità del leader di un territorio vinicolo

Le responsabilità del leader di un territorio vinicolo

Quali sono le responsabilità del leader?

Nelle complesse dinamiche dei territori e della comunicazione del vino, c’è un punto focale sul quale vorremmo concentrarci, specialmente in questi tempi che preannunciano un futuro tutto da riscrivere: la responsabilità del leader.

Nel mondo enoico, così come in tutti gli altri settori, vi sono marchi, o imprenditori, che per lungimiranza, abilità o storia di famiglia occupano una posizione di decisa superiorità rispetto ai concorrenti. Nella maggior parte dei casi, anzi, denominazioni che oggi sono famose nel mondo, non lo sarebbero mai diventate senza l’opera di leader che hanno aperto la strada anche a molti altri, i quali non hanno altro che da ringraziare. Pensiamo al Collio, alla Valpolicella, a Barbaresco, a Sorbara, a Montalcino, ai Colli di Jesi, all’Irpinia, a Cirò, a Pantelleria, all’Etna, al Sulcis, a Bolgheri, fino ai più piccoli Colli di Luni. Credo che molti lettori, in un gioco di associazioni, saprebbero facilmente abbinare – con relazione pressoché univoca – queste zone alle aziende di riferimento.

Oneri e onori del leader del territorio

I territori da un lato hanno un bisogno direi ontologico di leader, nel senso che senza di essi non esisterebbero proprio, ma dall’altro, nei casi in cui la leadership diviene incontrastata, con posizioni dominanti, si aprono problematiche di enorme interesse. Tra le zone sopracitate, siamo certi che sapreste anche indicare quelle in cui una famiglia controlla una quota di mercato schiacciante. Stavamo pensando a territori dove a primeggiare sono aziende private, ma il ragionamento cambia poco se guardiamo ad altri luoghi, dove la leadership è detenuta da cooperative. Dunque, la responsabilità del leader è spesso associata alla retorica degli oneri e degli onori, ed è bene soffermarsi sulla questione dell’equilibrio tra questi estremi per ottenere un valido risultato. Invece, come spesso accade nel nostro Paese polarizziamo il discorso e troviamo soprattutto filippiche o panegirici sui leader. Odio o amore.

Responsabilità sociali, economiche, ambientali… e stilistiche

Sono davvero molte le responsabilità di un leader di territorio, e in vari ordini: sociale, economico, ambientale e, last but not least se parliamo di vino, stilistico. Per questo, l’ideale è che si sviluppino oneste relazioni e proficue interazioni tra i diversi attori (concorrenti, enologi, agricoltori, organi di controllo, politici…) specialmente nelle denominazioni che potremmo definire “verticali”, cresciute attorno alla figura di un dominus in senso lato. Inoltre, per quanto concerne le questioni ambientali e stilistiche, cioè l’aspetto più estetico ma non meno sostanziale, sarebbe utile ascoltare anche consumatori e osservatori (critici, giornalisti, opinionisti) al fine di creare un equilibrio, un contrappeso all’influenza del leader locale.

Qualche esempio pratico

Dal punto di vista sociale ed economico, pensiamo al peso di un’azienda che acquista uve dai viticoltori della zona: il potere contrattuale sul prezzo delle uve, la capacità di sensibilizzare (o viceversa a di scoraggiare) gli agricoltori a seguire pratiche qualitative o di rispetto ambientale. Per quanto riguarda le regole, ad esempio le rese per ettaro o l’ubicazione dei vigneti in una Denominazione, l’influenza di un leader potrebbe determinare una minore o maggiore qualità del prodotto.

Le Cantine cooperative

Le Cantine sociali, che rappresentano centinaia o migliaia di agricoltori-conferitori, in molti luoghi detengono la maggioranza schiacciante dei voti in un’assemblea di produttori che deve deliberare per una Doc, ed è quindi evidente l’enorme responsabilità del leader, e non sempre la figura del leader di qualità o del leader storico coincide con quella del dominus in quanto semplicemente “grande” per rappresentanza di ettari o di agricoltori. Ma qui entriamo in un altro campo minato, molto interessante, quello della responsabilità e del ruolo delle Cooperative.

Più che di qualità, parliamo di stile

Entriamo nel campo minato della qualità, termine liquido come il vino appunto. Potremmo usare diversi parametri per definirla (il prezzo che il mercato è disposto a pagare, la qualità organolettica che è soggettiva…), per cui preferiamo soffermarci sulla questione stilistica, ove lo stile è l’insieme degli attributi riconoscibili che esprimono l’identità di un territorio, di una Doc.

Una questione ancora quasi ignorata in Italia

È ormai una battaglia, quella di Civiltà del bere e in particolare di chi scrive, per dare maggiore rilevanza alla questione dello stile, così importante nel mondo, ma quasi ignorata in Italia: ne abbiamo parlato qui e qui. E sono tra i pochissimi articoli scritti sul tema in Italia, come è stato recentemente rilevato anche a livello accademico (si veda la tesi di laurea di Cosimo Gallo, relatore prof. Vincenzo Zampi, dal titolo “Alla ricerca di stile: analisi dell’uso  del concetto di stile nell’industria del vino”, Corso di laurea Magistrale in Governo e direzione d’impresa, Università degli Studi di Firenze, AA 2018/19).

Il ruolo del leader nella creazione di uno stile di territorio

Dunque, è nella creazione di uno stile di territorio che il ruolo del leader diventa fondamentale: laddove vi sono versioni anche molto diverse di un vino, quella prodotta dal leader diventa determinante. Prendiamo ad esempio il Vermentino dei Colli di Luni, dove si trovano bianchi agrumati, profumati e freschi accanto ad altri più ossidativi, floreali, con macerazioni sulle bucce, speziati e strutturati. In questo caso, Paolo Bosoni produce circa il 45% del Colli di Luni Doc e le sue etichette “grigia” e “nera” (la quale è stata anche eletta “Vino bianco dell’anno” dalla Guida 2020 del Gambero Rosso) sono di gran lunga le più diffuse rappresentanti sia localmente sia in Italia sia all’estero della Doc.

Lo stile del Vermentino dei Colli di Luni secondo Bosoni

Ebbene, lo stile di questi vini, a prescindere da ogni preferenza personale, è considerato particolare, vuoi per esuberanza aromatica (tendente alle note moscate), vuoi per espressione tiolica, cioè di sentori agrumati (quelli tipici del Sauvignon). Tutto regolare, naturalmente, risultati appunto “stilistici” che si possono raggiungere con scelte agronomiche o enologiche, muovendosi nel perimetro della denominazione. Sia ben chiaro che innanzitutto dobbiamo riconoscere il valore di un leader che, come Paolo Bosoni (oggi affiancato dal figlio Diego) ha aperto la strada a un vino, un mercato e spazi per molti altri produttori che altrimenti forse oggi faticherebbero a vendere Vermentino oltre Sarzana o Carrara. Ma è anche doveroso interrogarsi sulla tipicità del Vermentino di Luni, che nel successo generale di un vitigno Tirrenico e Mediterraneo, potrebbe anzi godere ulteriormente da una caratterizzazione stilistica rispetto alle versioni della costa toscana o della Sardegna, della Provenza o della Corsica.

Se il leader rompe la sintonia rischia di danneggiare tutti

La responsabilità del leader, in questo caso, è quella di codificare il vino del proprio territorio. Non ha alcun obbligo, attenendosi alla legge, di seguire il gusto altrui, propone il suo o quello che ritiene più piacevole per il mercato, ma può arrivare a un punto di rottura, in cui – come successo in molte altre denominazioni – se rompe la sintonia con gli altri attori del territorio, il leader prende la sua strada e abbandona la Doc, decisione che rischia di danneggiare tutti. Alla lunga anche se stesso. Non è un caso che molti, alla fine, siano rientrati nelle Denominazioni cercando di far convivere pacificamente identità aziendale e stile territoriale.

La “nuova” Terza Pagina è dedicata alla cultura del vino e ogni settimana ospita opinioni su temi di ampio respiro.

Questa settimana vi presentiamo un commento inedito del direttore Alessandro Torcoli sul tema della leadership nel vino e delle sue ripercussioni sul territorio.

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© Riproduzione riservata - 28/08/2020

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