Scienze Scienze Riccardo Oldani

Vite in Champagne? Una storia scritta nei semi. Le ultime scoperte

Vite in Champagne? Una storia scritta nei semi. Le ultime scoperte

Due eccezionali ritrovamenti a Troyes e Reims hanno portato alla luce vinaccioli di epoca romana e del Medioevo. Dalla loro analisi un gruppo di studiosi francesi ha ricostruito le vicende, finora avvolte nel mistero, che hanno fatto di questa ristretta area della Francia nord-orientale la culla del vino più celebrato del mondo.

Se lo Champagne è sicuramente il vino più conosciuto e famoso del mondo, non altrettanto certa è la sua storia. Almeno quella delle origini. Si sa, infatti, che la tecnica di vinificazione fu messa a punto nel XVII secolo e che soltanto cento anni dopo sono state fissate le varietà, soprattutto Chardonnay, Pinot noir e Meunier, con cui oggi si producono le più pregiate tra le bollicine. Ma quali dinamiche abbiano portato la vite in quest’area geografica della Francia non sono note. Almeno finora, perché un gruppo di ricercatori francesi, genetisti e archeologi delle università di Montpellier, del CNRS e di centri di ricerca di Strasubrgo e di Parigi è riuscito a guardare oltre il velo del tempo.

Ritrovamenti rivelatori

Per farlo gli studiosi si sono basati sull’analisi morfologica dei vinaccioli, i semi dell’acino d’uva, rinvenuti di recente in scavi effettuati nei centri di Troyes e di Reims. I reperti, in particolare, risalgono a due diversi periodi storici: quello della dominazione romana compreso tra l’anno 20 e il III secolo dopo Cristo e il lungo lasso di tempo del Basso Medioevo compreso tra il X e il XV secolo.

Anfore nella Francia del Sud, legno a Nord

In particolare, sul fondo dei resti di un antico pozzo, i ricercatori hanno rinvenuto un grande quantitativo di vinaccioli, tralci e bucce, interpretati come residui di attività di pressatura e vinificazione. Si tratta di reperti rari, perché mentre nel Sud della Francia per un lungo periodo ha prevalso l’uso di anfore e di recipienti di terracotta per il vino, nelle regioni più a nord si è affermato molto presto l’uso di botti in legno, più soggette a deperire e a scomparire nel tempo.




Le bollicine dello Champagne sono le più apprezzate del mondo, ma originano da una lunga storia per lunghi tratti sconosciuta. Ora un gruppo di studiosi francesi l’ha parzialmente ricostruita (foto Tristan Gassert/Unsplash).
 

La forma dei vinaccioli parla

Le analisi dei ricercatori francesi, descritte in un dettagliato articolo pubblicato su Nature Scientific Reports, sono state condotte con l’ausilio di diverse tecniche archeologiche e archeobotaniche. Tra queste la morfometria, che mette a confronto la forma dei semi delle piante. Nella vite, in particolare, i vinaccioli si differenziano per minimi particolari in base alla varietà di appartenenza, selvatica o coltivata, e possono rivelare interessanti informazioni sulle uve utilizzate per la produzione di vino.

Il ruolo dell’uva selvatica

Quello che emerge, e che per certi versi mette in discussione convinzioni precedenti, è che i vinificatori della Champagne per lungo tempo hanno utilizzato varietà selvatiche insieme a quelle coltivate. Una testimonianza, secondo gli studiosi, del fatto che, quando la pratica vinicola si è stabilita nel territorio, la domesticazione della vite era ancora in corso e si è protratta per secoli nella zona. Per esempio, in epoca romana si è passati da una percentuale del 25% di vite domestica nel I secolo dopo Cristo al 75% del III secolo. Ma ancora nel XV secolo l’uva selvatica era ampiamente presente.

Biodiversità inattesa

Un altro mito sfatato dai ritrovamenti in Champagne è che in epoca romana e nel Medioevo si usassero poche varietà di uva coltivata. La morfologia dei vinaccioli, al contrario, rivela una grande biodiversità, via via crescente con il passare del tempo. I ricercatori francesi hanno confrontato i vinaccioli rinvenuti negli scavi con quelli di varietà coltivate al giorno d’oggi, per cercare di determinare le uve usate nell’area prima che le tecniche di produzione dello Champagne si affermassero. «Nel I secolo dopo Cristo», osservano gli studiosi, «quasi tutti i semi delle varietà coltivate utilizzate sono simili dal punto di vista morfologico a quelli di vitigni utilizzati ancora oggi nel sud della Francia, e in particolare in Provenza e in Linguadoca».

Le stesse uve usate in Francia, Italia, Spagna e Grecia

Non solo. Ci sono forti somiglianze anche con varietà utilizzate in Italia, Spagna e Grecia. Nel Terzo secolo lo scenario cambia già un po’, con l’arrivo di altri vitigni appartenenti a gruppi oggi coltivati in Bordeaux, Loira e anche in Alsazia. I semi appartenenti alle varietà oggi più coltivate in Champagne cominciano a comparire soltanto a partire dall’Undicesimo secolo.

700 anni di buio

C’è infine un ulteriore e affascinante mistero che emerge dall’analisi dei reperti e che ha indotto gli studiosi a considerare gli effetti del clima sulla pratica vinicola nella zona della Champagne. I resti rinvenuti, infatti, appartengono a periodi storici distinti, separati da una lunga cesura di sette secoli invece priva di documentazione. Nel periodo più antico, tra I e III secolo, si riscontra una progressiva riduzione del ricorso a uve selvatiche per lasciare spazio a uve coltivate provenienti dal Sud dell’Europa. A partire dal X secolo, 700 anni più tardi, inaspettatamente si riscontra una percentuale ancora abbondante di uva da vite selvatica, come se il processo di domesticazione si fosse interrotto, e la presenza di varietà coltivate di provenienza più settentrionale.

L’influsso del clima

Secondo i ricercatori ciò si spiega con un cambiamento climatico, riportato anche nei documenti storici, che ha portato a un periodo insolitamente mite nel Nord e Centro Europa tra il 950 e il 1350. Ciò avrebbe favorito lo sviluppo e la selezione di varietà più legate al territorio, in un’epoca che il grande storiografo medievalista Georges Duby ha descritto come “la rivoluzione agricola del Medioevo”. Fu questo un momento storico in cui si affermò solidamente la pratica della viticoltura nella regione, dando vita a una tradizione tramandata nel tempo. Subito dopo questo periodo favorevole seguì la cosiddetta “Piccola Glaciazione”, decisamente più fredda, in cui le varietà di provenienza meridionale furono via via eliminate, per essere sempre più rimpiazzate da vitigni più “nordici”, meglio adattabili al cambiamento climatico.

In apertura: le bollicine dello Champagne sono le più apprezzate del mondo, ma originano da una lunga storia per lunghi tratti sconosciuta. Ora un gruppo di studiosi francesi l’ha parzialmente ricostruita (foto T. Gassert per Unsplash).

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© Riproduzione riservata - 10/03/2021

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