I ristoranti di Civiltà del bere: Mu DimSum a Milano
Siamo cronisti del vino e frequentiamo ogni anno centinaia di tavole, in Italia e non solo. Nasce così questa rubrica di consigli, con lo spirito del passaparola e dei suggerimenti tra amici che condividono la stessa passione per la buona cucina accompagnata da una carta di vini accurata e interessante. Nessun limite alla proposta gastronomica, purché sia eccellente, dalle osterie che custodiscono o reinterpretano con intelligenza le tradizioni locali, ai ristoranti creativi ed eleganti. Minimo comun denominatore: grandi vini, il rispetto per la materia prima e l’attenzione verso il cliente.
A metà strada tra il quartiere Repubblica e la Stazione Centrale di Milano, Mu DimSum si distingue per l’ambiente raffinato, l’atmosfera modaiola e una cucina cinese contemporanea che lascia appagato anche l’avventore più esigente. Al timone c’è la giovane e intraprendente Suili Zhou, titolare e maître, mentre la cucina è guidata dagli italianissimi Andrea Rosselli (executive chef) e Alessandro Berlanda (sous chef), che propongono ricette tipiche cantonesi rivisitate con tecniche moderne e contaminazioni riuscite.
Alle origini del dim sum
Il nome del locale richiama il concetto di dim sum: spesso erroneamente circoscritto al tipico raviolo cinese, in realtà identifica uno stile di cucina fatto di piccoli e variegati assaggi, che tradizionalmente affiancano il rito dello yum cha, ovvero del tè. Per iniziare il pasto, il suggerimento è di farsi tentare da alcuni dei ravioli più caratteristici come gli har gau, farciti con gamberi e racchiusi in pasta cristallo, o gli xiao long, ripieni di carne di maiale biologico e brodo, da introdurre attraverso una pipetta contagocce secondo un piccolo rituale giocoso. Non meno interessanti gli cheung fun, i cannelloni di riso cinesi, e i bao, i soffici panini cotti al vapore e presentati con varie farciture.
Interpretazione d’autore dell’anatra alla pechinese
Tra le portate principali spiccano per gusto e definizione il branzino alla chong yu (servito con olio piccante); l’astice con zenzero, cipollotto e peperone; il capocollo di maiale arrosto marinato alle cinque spezie; e il piccione alla brace con rape bianche e le sue frattaglie. Menzione d’onore per la pecking duck: piatto complesso e prezioso, che rimanda all’atmosfera sofisticata dell’antica corte imperiale cinese. Dopo una lunga ricerca, gli chef di casa hanno messo a punto una versione di grande equilibrio gustativo che restituisce tutto il sapore della tradizione.
L’anatra, cucinata intera, viene portata in tavola in tre cotture e in tre diversi momenti. Si parte con la pelle, croccantissima, da accompagnare a verdure fresche e salsa a base di prugne fermentate, con cui farcire le piccole crespelle preparate a mano. Si prosegue con la saporitissima polpa, saltata al wok con peperoni e sedano. E si chiude nel segno della gola con le ossa fritte con cipollotto. Ulteriore bonus: la pecking duck è sempre disponibile alla carta, senza bisogno di prenotazione come di norma avviene in altri ristoranti cittadini.
Il servizio e il vino
In sala, la sommelier Roberta Calamia si muove con agio e sicurezza offrendo un servizio agile e puntuale, che intreccia competenza e informalità. Affidatevi a lei per la scelta del vino. La carta privilegia i piccoli produttori, le bollicine italiane e d’Oltralpe, con un’interessante selezione di vini naturali.
Tra i franciacortini, accanto ad un nome del calibro di Ca’ del Bosco (l’Annamaria Clementi Vintage 2014 Dosage Zero è proposta a 210 euro), si fa notare l’outsider di culto Ca’ del Vent (il Brut Pensiero è a 70 euro). Particolarmente ricca la proposta degli orange wines, incluso il patriarca Gravner.
Il food&wine pairing da non perdere? Cernia, cavolo cinese e salsa agropiccante accompagnata da una zuppetta di pesce e riso con l’alsaziano Gewürztraminer 2020 di Fernand Engel, un demi-sec con note di litchi, cannella e pepe bianco, che bilancia la piccantezza del piatto, smorzando la speziatura della salsa.
Il ricarico non è esagerato e c’è la possibilità di acquistare tutti i vini in carta con un surplus del 30% del prezzo, ma anche di portarsi una bottiglia da casa con diritto di tappo a 15 euro ad eccezione delle referenze in wine list, che è consultabile liberamente sul sito.
La carta dei tè
Sul fronte beverage, nota di merito per la ricca carta dei tè, a cui è dedicato un intero menu a sé stante. Le proposte, suddivise tra tè nero, verde, bianco, wulong e pu’er, spaziano dagli infusi di montagna con i classici sentori affumicati fino a quelli più profumati. A selezionarli personalmente è stata la proprietaria Suili Zhou. Da Mu Dimsum, il rito dello yum cha è preso molto seriamente e officiato come tradizione comanda, con la sua gestualità, i tempi di attesa e il puro piacere della degustazione. Da provare almeno una volta.
MU DIMSUM
via Aminto Caretto 3 (angolo Via Fabio Filzi)
20124 Milano
338.35.82.658
info@mudimsum.it
www.mudimsum.it
Sempre aperto a pranzo e cena
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Tag: Alessandro Berlanda, Andrea Rosselli, Mu Dimsum, Ristoranti di Civiltà del bere, Suili ZhouPer scoprire tutti I ristoranti di Civiltà del bere clicca qui+
© Riproduzione riservata - 06/07/2023