In Italia In Italia Elena Erlicher

Come sarà il vigneto di domani? A VinoVip Cortina parla Eugenio Sartori dei Vivai Cooperativi Rauscedo

Come sarà il vigneto di domani? A VinoVip Cortina parla Eugenio Sartori dei Vivai Cooperativi Rauscedo

Tra gli argomenti trattati al talk-show “Nuove competenze. Il presente e il futuro delle imprese” di VinoVip Cortina 2022, ha suscitato particolare interesse l’intervento di Eugenio Sartori di Vivai Cooperativi Rauscedo sulle prospettive del vivaismo italiano. In questo campo la ricerca dei cugini francesi sembra già essere un passo avanti a noi. È ora di agire.

“Tendenze e nuove frontiere tra i vitigni” è tra i temi portati all’attenzione di produttori e operatori del settore al talk-show di VinoVip Cortina 2022. I Vivai Cooperativi Rauscedo, tramite la voce del direttore generale Eugenio Sartori, hanno presentato lo stato dell’arte del vivaismo italiano. Ma, cosa ancora più interessante, hanno parlato anche delle nuove tendenze in atto, delle previsioni future e di quanto la ricerca internazionale stia già facendo in merito. Soprattutto i cugini d’Oltralpe, a cui può essere utile guardare e ispirarsi.

Eugenio Sartori, direttore generale di Vivai Cooperativi Rauscedo, ha parlato delle tendenze e delle nuove frontiere del vivaismo italiano

Siamo i primi vivaisti al mondo

Nella situazione mondiale del vivaismo, l’Italia è in testa con 130-140 milioni di barbatelle prodotte l’anno, di cui 80 milioni fanno capo a VCR. «Mentre 30 anni fa a primeggiare era la Francia», spiega Eugenio Sartori, «ora la situazione si è ribaltata. Oggi spetta a noi il ruolo di primo piano, con le nostre strutture distributive e gli accordi di distribuzione nei 35 Paesi del mondo in cui esportiamo». Gli altri numeri italiani parlano di 400 vivaisti, 2,3 milioni di barbatelle di ibridi (varietà resistenti), 30-40 milioni in esportazione, 646 varietà propagate. Tra queste ultime 60 sono da tavola e 586 da vino, di cui 484 locali italiane e internazionali, e 162 estere.

Differenziazione italiana vs stabilità francese

Questi numeri indicano chiaramente un panorama vivaistico italiano assai differenziato. Da noi la Top Ten dei vitigni più utilizzati – nell’ordine Glera, Pinot grigio, Sangiovese, Primitivo, Chardonnay, Barbera, Trebbiano toscano (Ugni blanc), Merlot, Montepulciano e Vermentino – registra 42,6 milioni di barbatelle utilizzate nella campagna 2021-22, che corrispondono a poco più della metà del nostro patrimonio, cioè il 54,6%. Del restante 45,4% fanno parte 484 diverse varietà. In Francia assistiamo a una situazione più stabile. Qui, le 10 varietà più utilizzate sono: Chardonnay, Ugni blanc (Trebbiano toscano), Merlot, Grenache, Syrah, Pinot nero, Cabernet Sauvignon, Sauvignon, Cabernet Franc e Cinsaut. Se ne utilizzano 91,2 milioni di barbatelle, cioè il 69,6%. Il restante 30,4% corrisponde a 304 varietà. 

Gusti e tendenze di rossi e bianchi

Per quanto riguarda i rossi, i produttori italiani scelgono: vitigni a più elevata fertilità con maggiore potenziale produttivo; a maturazione tardiva come Cabernet Sauvignon, Carignano e Aglianico, per il cambiamento climatico. A Nordest primeggiano Merlot, Refosco e Carmenère che qui danno vini morbidi e meno erbacei rispetto al passato. In Toscana il Merlot vince sul Sangiovese a causa di estati molto calde. In Sicilia, per contro, il Merlot si abbandona ed emergono Nero d’Avola o invece Syrah, se si vuole ovviare all’eccessiva tannicità e alcolicità di quest’ultimo. Sul fronte bianchi, si registra uno spostamento verso varietà a maturazione tardiva, elevata acidità e ampio profilo aromatico, come Vermentino, Viognier e Grillo; e a ciclo lungo e altissima acidità, come Pecorino e Durella. A Nordest si utilizza Pinot grigio a discapito di Friulano, più sensibile alle alte temperature. Mentre continua l’avanzata del Glera, nell’ambito della Doc Prosecco, anche in aree premontane.

Il progetto francese KIM sulle varietà estere

La Francia da alcuni anni ha introdotto e autorizzato alla coltivazione una serie di varietà estere ritenute interessanti soprattutto per il Midi, nel sud del Paese.  Stiamo parlando dei greci Agiorgitiko e Xinomavro, del georgiano Saperavi, dell’iberico Albariño, del nostro Nero d’Avola, ecc. «Ora ha dato corso al grande progetto KIM volto a individuare in Francia e negli altri Paesi viticoli le varietà ritenute più resilienti al cambiamento climatico», dice Eugenio Sartori. «L’obiettivo dei 400 ricercatori coinvolti a vario titolo nello studio è quello di realizzare una serie di parcelle attitudinali, non solo nei 10 dipartimenti viticoli francesi, ma anche in quelli non viticoli, come Bretagna e Normandia». Il focus rimane comunque rivolto verso il Midi, perché ritenuto a rischio aridificazione.

I vitigni resistenti avanzano

In Italia si lavora da anni sul fronte dei vitigni resistenti, tanto che un buon numero di questi comincia a essere ammesso alla coltivazione in ambito regionale. E anche le richieste da parte dei produttori aumentano, passando negli ultimi cinque anni da 223.000 barbatelle del VCR vendute a livello nazionale nel 2017 alle 627.000 nel 2021. Anche le superfici dedicate a questo tipo di coltivazione sono in crescita, da 626 ettari del 2019 a una stima di 1.050 del 2021. Questo tenendo sempre presente che gli ettari coltivati a una da vino nel nostro Paese sono 666.400. Mentre in Francia i numeri sono di tutt’altro tenore, con un’evoluzione della produzione di barbatelle di varietà resistenti che da 1,5 milioni nel 2019 è passata in soli due anni a 2,6 milioni.
Da brave formichine abbiamo incominciato anche noi il nostro percorso, senza considerare, però, che c’è già chi procede davanti a noi a passi da gigante.

Per consultare alcuni dei passaggi più significativi dell’intervento di Eugenio Sartori clicca qui

Foto di apertura: siamo i primi produttori di barbatelle al mondo. Per mantenere questo primato, la ricerca è fondamentale

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© Riproduzione riservata - 22/07/2022

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