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È stato calcolato che al vino è dedicato il 2% del gran cicaleccio che si fa nel web ogni minuto di ogni ora per 365 giorni all’anno. Certo, è una valutazione da prendere con beneficio d’inventario, però è innegabile che Internet ha dato voce a una critica enologica dal basso, estesa a chiunque ritenga di aver qualcosa da dire. Il fenomeno, che si manifesta perfino nei social network e ha le sue massime espressioni nei blog, appare come una forma entusiasmante di democratizzazione, che sottopone a verifica di massa i giudizi elitari dei guru guidaioli. Ma è proprio così? Il comportamento dei blogger angloamericani invitati quest’anno in Piemonte al “Barbera meeting” fa temere il contrario. Sostenendo che i migliori Nizza sono vini puzzolenti la cui piacevolezza di beva è artefatta, hanno dato l’impressione di ostentare un’irritante irriverenza non per dire verità scomode ma per attirare l’attenzione su di sé. Il fatto è che quella di Internet non è democrazia ma anarchia. E l’anarchia non vieta di far danni con la propria insulsaggine usata come arma impropria.


© Riproduzione riservata - 14/12/2010

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