Un’analisi sociologica vede il vino come sistema di segni che produce molteplici significati. Un oggetto votivo davanti al quale raccogliersi religiosamente. L’apparente imprevedibilità di una platea di consumatori, diventata nel tempo più ampia.
L’articolo fa parte della Monografia Cinquant’anni di storia del vino (Civiltà del bere 1/2024)
Per uno strano preconcetto culturale, siamo abituati a pensare che le leggi della natura siano più oscure di quelle dello spirito. Invece, è vero il contrario: la natura può essere imbrigliata in protocolli di conoscenza che via via si perfezionano, fino a diventare un sapere acquisito e dominabile, mentre lo spirito umano è puro cambiamento, novitas.
Ecco perché le forme del consumo appaiono idiosincratiche e in balia degli animal spirits dei consumatori, espressione usata spesso per cogliere e stigmatizzare la doppia tendenza del consumo ad essere (apparentemente) irrazionale e imprevedibile. Non deve quindi sorprendere il dato che a fronte di una crescente profusione di parole, immagini, libri, articoli, pubblicità, saperi, eventi dedicati al vino, il consumo di questo genere voluttuario sia in flessione.
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