Feccia

Feccia

Da qualche tempo si è diffusa tra i produttori l’abitudine di far maturare il vino sulle fecce, cioè sui residui insolubili che si sono depositati nei vasi vinari dopo la fermentazione. L’operazione ha lo scopo di arricchirlo di mannoproteine, ma è delicata: il sapore che può conferirgli se mal condotta è di rara sgradevolezza. Ad avere valore positivo è infatti esclusivamente il contatto con le fecce fini, quelle che si depositano sopra le fecce grosse, sotto quello che i francesi chiamano faux-claire, lo strato torbido che le separa dal vino limpido. Il problema nasce nel momento in cui il produttore vuol segnalare che il suo vino è stato sottoposto a questa pratica: la parola feccia non è molto attraente, e l’aggettivo “fine”, che un tempo sarebbe bastato per renderla ben accetta, è attualmente in disuso: è scomparsa perfino la definizione “vini fini” che una volta segnalava le bottiglie di qualità. Ecco perché i produttori parlano esclusivamente di “fecce nobili”. La nobiltà non è mai stata tanto apprezzata come da quando sono stati aboliti i titoli nobiliari.


© Riproduzione riservata - 15/04/2010

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