ViVit, ovvero il lato bio di Vinitaly. La 46ª edizione del Salone internazionale del vino italiano, di scena a Verona dal 25 al 28 marzo, apre le porte alla produzione da agricoltura biologica e biodinamica destinando il primo piano del PalaExpo (ingresso A) alle Cantine che adottano metodi di coltivazione e vinificazione a basso impatto ambientale. Le aziende che hanno già confermato la loro presenza sono circa un centinaio e provenngono dai maggiori Paesi vitivinicoli mondiali.
«Con questa iniziativa», precisaGiovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, «Vinitaly coglie la richiesta che viene dal mercato di conoscere meglio i vini da agricoltura biologica e biodinamica. Il nostro approccio, già sperimentato con successo in varie edizioni, ultimo Sparkling Italy nel 2011, mira a dare evidenza a singoli segmenti produttivi con focus dedicati per mettere in contatto con efficacia offerta e domanda».
All’interno dell’Eurozona il processo di lavorazione da agricoltura biologica e biodinamica non è regolamentato a livello legislativo. Dal punto di vista giuridico si può quindi parlare soltanto di “vino ottenuto da uve coltivate biologicamente”. Vinitaly ha perciò invitato la Case partecipanti a ViVit a sottoscrivere un’autocertificazione assai restrittiva sui metodi di produzione in vigna e in cantina.
Se per il settore biodinamico non si possiedono numeri precisi, il biologico si è muinito di un Sistema informativo nazionale sull’agricoltura biologica (Sinab). Secondo gli ultimi dati disponibili, risalenti al 2009, in Italia questo comparto costituirebbe circa il 6% del totale vitato (tra superfici già convertite e in conversione), ovvero più di 43.600 ettari. Le regioni più coinvolte sono quelle centro-meridionali, mentre tra i big del vino soltanto la Toscana mostra una percentuale rilevante, il 10%.