Amarone & vino sostenibile: cosa si è detto al primo International Summit
Quello di vino sostenibile è un concetto ancora fluido, che richiama una filosofia produttiva amica dell’ambiente, del paesaggio e dell’uomo sotto diversi punti di vista: dall’ecologico al sociale. Ma in Europa non esiste ancora una certificazione comune e condivisa, come accade invece per il biologico. Quali prospettive economiche (ma anche di marketing e comunicazione) può avere la sostenibilità nel settore vitivinicolo, tenendo conto delle più recenti esperienze all’estero?
Il primo Sustainable Winegrowing Summit a Verona
A questo tema, attuale e delicato, il Consorzio Tutela Vini Valpolicella ha dedicato una intera giornata, il 2 febbraio – un giorno prima dell’apertura di Anteprima Amarone e in concomitanza con Fieragricola – il primo Sustainable Winegrowing Summit (SWS) in Camera di Commercio a Verona. Un momento di confronto internazionale che si svolgerà di anno in anno in Paesi diversi su tecniche, esperienze, ricerche e prospettive per attivare un dialogo tra gli organismi di certificazione e gli operatori e creare un International Sustainable Winegrowing Network (ISWN).
RRR – Riduci, Risparmia, Rispetta. La Valpolicella capofila di una rete sostenibile
L’esigenza del Consorzio Tutela Valpolicella era di fare rete, in Italia e nel mondo, per verificare non solo lo stato dell’arte della sostenibilità lungo la filiera ma anche come ulteriormente valorizzare ed estendere le potenzialità di quanto avviato nell’area della denominazione tre anni fa attraverso il protocollo RRR – Riduci, Risparmia, Rispetta. «Un patto nel rispetto del benessere del territorio, inteso non solo in senso ambientale ma anche delle persone che ci lavorano», ha detto Olga Bussinello, direttore dell’ente. «A oggi sono coinvolte 114 imprese per un totale di 915 ettari, ma il nostro obiettivo è ottenere la certificazione del 60% dell’intera superficie vitata della doc. Ci confronteremo quindi con altri territori per verificare se è possibile trovare approcci comuni».
Biologico e sostenibile, una “falsa” dicotomia?
I due talk show del 2 febbraio, animati dai giornalisti Maurizio Belpietro e Mario Puliero, hanno approfondito l’impatto sull’ambiente, economico e sociale di alcune importanti esperienze di vitivinicoltura sostenibile all’estero. «In Austria, in cui l’agricoltura viene condotta per il 20% con metodo biologico, da tre anni è attivo un programma di certificazione sostenibile con linee guida su clima, utilizzo di acqua ed energia, impatto economico, ambientale e sociale. Ma rimane una dicotomia tra metodo biologico e sostenibilità» ha testimoniato Willi Klinger dell’Austrian Wine Marketing Board. In generale, l’obiettivo di creare un ambiente resiliente che si difende da solo anche dai cambiamenti climatici è condiviso.
In Australia e California funziona così
Steve Lohr del California Sustainable Winegrowing Alliance, dove il 75% di Cantine e l’80% di vigneti sono valutati in ottica sostenibile. La viticoltura californiana, dopo aver sofferto 5 anni di siccità, ha adottato sistemi innovativi per risparmiare acqua. Con il risultato che «se nel 2004 per produrre un litro di vino occorrevano 3 litri d’acqua, nel 2010 siamo arrivati a 1,5». Dall’Australia James Hook, in rappresentanza delle oltre 500 imprese del McLaren Vale Grape Wine & Tourism Association ha dichiarato che dal 2005 la sensibilità a questi temi sta crescendo anche in territori sottoposti a trattamenti spesso aggressivi. «Stiamo avviando uno scambio di buone pratiche sostenibili e di sistemi di monitoraggio dell’acqua in zone che soffrono la siccità».
Un aiuto economico per gestire i cambiamenti climatici
Stephanie L. Bolton, del Lodi Sustainable Winegrowing Commission ha segnalato le notevoli politiche governative di sensibilizzazione al risparmio idrico, con bonus di 9 milioni di euro ai produttori che si sono impegnati in tal senso. «Attivi dal 1992, abbiamo oltre 120 standard produttivi e strumenti di valutazione online per un monitoraggio della sostenibilità ad ampio spettro». Beth Vukmanic Lopez ha riferito che in California la certificazione sostenibile è stata avviata da SIP Certified nel 1994: a oggi il vino con l’80% delle uve certificate mostra sulla bottiglia un logo ad hoc.
Qual è il significato di vino sostenibile?
Il principale ostacolo alla sostenibilità oggi è rappresentato da una mancata conoscenza, condivisione e comunicazione del suo significato. «Mentre in ambito biologico contiamo su un marchio europeo, per la sostenibilità va fatta chiarezza, a partire dall’utilizzo di un termine che abbia un significato condiviso», ha detto Beatrice La Porta del Wine Observatory of Sustainability. «Per essere credibile un territorio deve assicurare coerenza e trasparenza del percorso lungo tutta la filiera» ha aggiunto Andrea Sartori, presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella.
Serve una definizione condivisa
Kajsa Nylander del System Bolaget ha affermato: «Gli svedesi sono maggiormente sensibili al biologico, di cui conoscono il significato. In generale vogliono essere certi della correttezza etica lungo tutta la filiera e sono attenti alla quantità di zuccheri nel vino e all’impiego di vetro leggero». Anche in Canada manca chiarezza, ha affermato Carolyn O’Grady-Gold di LCBO: «In generale i canadesi sono sensibili al rispetto dell’ambiente ma abbiamo molti loghi che possono creare confusione».
Il “vino sostenibile” fra i trend dei millennials
Secondo un’indagine effettuata qualche mese fa da Nomisma-Wine Monitor su un campione di millennials statunitensi e italiani, “sostenibilità” e “bio” sono parole chiave per i futuri consumi di quasi la metà degli intervistati. Nel dettaglio, i “vini sostenibili” sono indicati dai millennials americani in testa ai nuovi trend di consumo nel 29% dei casi, seguiti dagli “autoctoni” (17%) e dai “vini biologici” (15%). Più o meno lo stesso giudizio espresso dai pari età italiani: tra questi il 26% sceglie i vini sostenibili e il 18% i biologici.
Crescono le esportazioni ecofriendly
Non solo giovani: il minor impatto ambientale è apprezzato anche dalle altre generazioni. Se infatti il vino bio del Belpaese ha visto crescere nel 2016 le proprie esportazioni del +40% (+30% il mercato interno), il 43% dei consumatori Usa ritiene che il vino sostenibile sia di qualità mediamente più elevata, (per il 3% è invece più bassa) con la metà del campione disposto a spendere il 10-20% in più per le etichette realizzate con il minimo uso di pesticidi e fertilizzanti (88%), di acqua (85%), nel rispetto dell’ecosistema e della biodiversità (83%).
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